Less known and studied than its military, political and diplomatic aspects, the demographic aspect of the decadence of the Ottoman Empire is not less important. Under unfavourable conditions, the Ottoman state implemented demographic engineering in order to provide decent subsistence and dwelling to the Muslim refugees coming mainly from the territories seized by the Tsarist Empire and to increase control over the Christian communities. The greatest (and most tragic) wave of refugees occurred in the years 1862–1864, when the Tsarist Empire implemented a policy of extermination and expulsion of the native inhabitants of Western Caucasus. Later, in the memory of the Balkan Christians, these refugees became villains, as they were the tool of the Ottoman repressions. This long term process includes the massive killings and bloody resettlement of the Anatolian Armenians in 1915, which must be viewed not as a sudden starting point, but as a final “perfect storm” caused by the accumulation of ominous factors.

Lo Stato ottomano mise in atto per tutta la sua storia strategie di ingegneria demografica, cioè di trasferimenti mirati di popolazioni. Ma a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo tali politiche non erano più la prova di potere e controllo sui territori. Gli amministratori ottomani dovettero fare i conti con un costante afflusso di profughi musulmani, che all’inizio provenivano dai territori conquistati dall’Impero russo, poi anche dai territori via via perduti. Gli statisti ottomani non reagirono negativamente all’arrivo dei rifugiati, soprattutto perché essi aumentavano la quota della popolazione musulmana dell’Impero. Tuttavia, non erano pronti a far fronte all’arrivo di diverse centinaia di migliaia di rifugiati che si verificò nel periodo dal 1862 al 1864. Quei rifugiati provenivano dal Caucaso nordoccidentale, dove la Russia zarista decise di eliminare la popolazione locale attuando una politica di sterminio ed espulsione. Un altro grande ma meno sanguinoso afflusso di profughi si verifico negli anni successivi, dal Caucaso sudoccidentale. Gli ottomani accolsero circa un milione di persone, principalmente nell’interno dell’Anatolia, ma anche nei Balcani. I caucasici che erano stati mandati nei Balcani diventarono due volte profughi seguendo poi l’Impero in ritirata. Dopo le guerre balcaniche, l’Anatolia divento un enorme campoprofughi, dove la quota della popolazione musulmana era aumentata in modo significativo e almeno il 30% dei musulmani erano rifugiati arrivati di recente o discendenti di rifugiati. Questa situazione era particolarmente pericolosa per gli armeni. Per loro, lo Statonazione diventò soprattutto una questione di autotutela; allo stesso tempo, un grande Statonazione armeno non poteva esistere senza la cacciata di un gran numero di musulmani. La campagna di sanguinoso sterminio degli armeni in Anatolia, iniziata nel 1915 e generalmente considerata “primo genocidio del XX secolo”, deve essere interpretata in questo contesto e deve essere piuttosto considerata come la “tempesta perfetta” finale causata dall’accumularsi di fattori minacciosi.

Ottoman Demographic Engineering before and during world war I / Grassi, Fabio L.. - The Institute of History Belgrade Collection of Works, vol. 43:(2020), pp. 225-237. (Intervento presentato al convegno War, Peace and Nation Building (1853-1918) tenutosi a Belgrade).

Ottoman Demographic Engineering before and during world war I

Fabio L. Grassi
2020

Abstract

Less known and studied than its military, political and diplomatic aspects, the demographic aspect of the decadence of the Ottoman Empire is not less important. Under unfavourable conditions, the Ottoman state implemented demographic engineering in order to provide decent subsistence and dwelling to the Muslim refugees coming mainly from the territories seized by the Tsarist Empire and to increase control over the Christian communities. The greatest (and most tragic) wave of refugees occurred in the years 1862–1864, when the Tsarist Empire implemented a policy of extermination and expulsion of the native inhabitants of Western Caucasus. Later, in the memory of the Balkan Christians, these refugees became villains, as they were the tool of the Ottoman repressions. This long term process includes the massive killings and bloody resettlement of the Anatolian Armenians in 1915, which must be viewed not as a sudden starting point, but as a final “perfect storm” caused by the accumulation of ominous factors.
2020
War, Peace and Nation Building (1853-1918)
Lo Stato ottomano mise in atto per tutta la sua storia strategie di ingegneria demografica, cioè di trasferimenti mirati di popolazioni. Ma a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo tali politiche non erano più la prova di potere e controllo sui territori. Gli amministratori ottomani dovettero fare i conti con un costante afflusso di profughi musulmani, che all’inizio provenivano dai territori conquistati dall’Impero russo, poi anche dai territori via via perduti. Gli statisti ottomani non reagirono negativamente all’arrivo dei rifugiati, soprattutto perché essi aumentavano la quota della popolazione musulmana dell’Impero. Tuttavia, non erano pronti a far fronte all’arrivo di diverse centinaia di migliaia di rifugiati che si verificò nel periodo dal 1862 al 1864. Quei rifugiati provenivano dal Caucaso nordoccidentale, dove la Russia zarista decise di eliminare la popolazione locale attuando una politica di sterminio ed espulsione. Un altro grande ma meno sanguinoso afflusso di profughi si verifico negli anni successivi, dal Caucaso sudoccidentale. Gli ottomani accolsero circa un milione di persone, principalmente nell’interno dell’Anatolia, ma anche nei Balcani. I caucasici che erano stati mandati nei Balcani diventarono due volte profughi seguendo poi l’Impero in ritirata. Dopo le guerre balcaniche, l’Anatolia divento un enorme campoprofughi, dove la quota della popolazione musulmana era aumentata in modo significativo e almeno il 30% dei musulmani erano rifugiati arrivati di recente o discendenti di rifugiati. Questa situazione era particolarmente pericolosa per gli armeni. Per loro, lo Statonazione diventò soprattutto una questione di autotutela; allo stesso tempo, un grande Statonazione armeno non poteva esistere senza la cacciata di un gran numero di musulmani. La campagna di sanguinoso sterminio degli armeni in Anatolia, iniziata nel 1915 e generalmente considerata “primo genocidio del XX secolo”, deve essere interpretata in questo contesto e deve essere piuttosto considerata come la “tempesta perfetta” finale causata dall’accumularsi di fattori minacciosi.
Ottoman Empire; Tsarist Empire; demographic engineering; Tatars; Circassians; Armenians; Balkans; Anatolia
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Ottoman Demographic Engineering before and during world war I / Grassi, Fabio L.. - The Institute of History Belgrade Collection of Works, vol. 43:(2020), pp. 225-237. (Intervento presentato al convegno War, Peace and Nation Building (1853-1918) tenutosi a Belgrade).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1475677
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