L’articolo analizza le modalità e le ragioni della formazione, nel passaggio dagli anni Settanta agli anni Ottanta, dei Centri di documentazione del movimento femminista. Erano spazi della cultura femminile specificamente interessati alla raccolta di documentazione d’archivio dello stesso movimento e nacquero in una fase particolarmente delicata, caratterizzata in particolar modo dai fenomeni della istituzionalizzazione delle aggregazioni femministe, della differenziazione formale e progettuale tra le stesse e della loro azione in spazi pubblici. Tutti questi aspetti destabilizzarono un movimento contraddistinto in passato dall’informalità dei gruppi, dall’analisi politica del privato e da priorità comuni. Prendendo le mosse dai primi anni Settanta, si intende mostrare continuità e discontinuità del processo di riorganizzazione del movimento a partire dalla fine di quel decennio, assumendo come focus l’attività di documentazione avviata in quel periodo da vari Centri di documentazione donna, Centri di studio e di ricerca e Librerie. È evidente come in questo ambito la decisione di creare degli archivi costituisca di per sé un atto politico di opposizione al silenzio e all’oblio, ma nel caso del movimento neo-femminista italiano l’archivio ha rappresentato anche uno dei principali mezzi di critica al sapere costituito “neutro”, nei campi disciplinari della storia e dei linguaggi documentari. Peraltro, questi non erano gli scopi di tutti i Centri di documentazione fondati in quel periodo e men che meno lo erano di alcuni Centri sorti già all’inizio degli anni Settanta. In particolare, l’esperienza del Centro di documentazione e studi sul femminismo di Roma, nato nel 1972, appare di particolare interesse. Il Centro fu costituito, in un periodo di forte crescita del movimento, con lo scopo di informare e divulgarne il sapere. Poi, a partire dal 1981, le sue finalità si spostarono dall’informazione alla ricerca storica, sull’esempio dei Centri di nuova costituzione. Tra questi, il Centro di studi storici sul movimento di liberazione delle donne di Milano, nato nel 1979 e oggi noto come Fondazione Elvira Badaracco, fu tra i primi a focalizzare subito l’interesse sulla centralità delle fonti. Dall’altro lato, l’attenzione dell’intellettualità femminile verso i nodi della differenza e delle differenze investì il lavoro di documentazione, nella misura in cui le donne iniziarono a porsi il problema dell’organizzazione e della comunicazione di quel particolare patrimonio. Tra gli anni Ottanta e Novanta, la revisione dei linguaggi documentari e delle tecniche di archiviazione fu il principale obiettivo del Coordinamento nazionale dei Centri prima e della Rete Lilith poi. In quei primi anni Ottanta, però, tutto questo era ancora in fase di costruzione. Lo scopo dell’intervento è quindi quello di ricostruire le tappe di un percorso lungo il quale le donne dei Centri furono in grado di ricomporre una progettualità comune intorno al recupero, per fini politici e culturali, della propria memoria.

Il femminismo del passaggio degli anni Ottanta. Ritirarsi in un archivio come atto di r-esistenza / DE LORENZO, Rosa. - (2020), pp. 529-540. (Intervento presentato al convegno Genere e R-esistenze in Movimento: Soggettività, Azioni, Prospettive tenutosi a Trento; Italia) [http://dx.doi.org/10.15168/11572_267841].

Il femminismo del passaggio degli anni Ottanta. Ritirarsi in un archivio come atto di r-esistenza

De Lorenzo Rosa
2020

Abstract

L’articolo analizza le modalità e le ragioni della formazione, nel passaggio dagli anni Settanta agli anni Ottanta, dei Centri di documentazione del movimento femminista. Erano spazi della cultura femminile specificamente interessati alla raccolta di documentazione d’archivio dello stesso movimento e nacquero in una fase particolarmente delicata, caratterizzata in particolar modo dai fenomeni della istituzionalizzazione delle aggregazioni femministe, della differenziazione formale e progettuale tra le stesse e della loro azione in spazi pubblici. Tutti questi aspetti destabilizzarono un movimento contraddistinto in passato dall’informalità dei gruppi, dall’analisi politica del privato e da priorità comuni. Prendendo le mosse dai primi anni Settanta, si intende mostrare continuità e discontinuità del processo di riorganizzazione del movimento a partire dalla fine di quel decennio, assumendo come focus l’attività di documentazione avviata in quel periodo da vari Centri di documentazione donna, Centri di studio e di ricerca e Librerie. È evidente come in questo ambito la decisione di creare degli archivi costituisca di per sé un atto politico di opposizione al silenzio e all’oblio, ma nel caso del movimento neo-femminista italiano l’archivio ha rappresentato anche uno dei principali mezzi di critica al sapere costituito “neutro”, nei campi disciplinari della storia e dei linguaggi documentari. Peraltro, questi non erano gli scopi di tutti i Centri di documentazione fondati in quel periodo e men che meno lo erano di alcuni Centri sorti già all’inizio degli anni Settanta. In particolare, l’esperienza del Centro di documentazione e studi sul femminismo di Roma, nato nel 1972, appare di particolare interesse. Il Centro fu costituito, in un periodo di forte crescita del movimento, con lo scopo di informare e divulgarne il sapere. Poi, a partire dal 1981, le sue finalità si spostarono dall’informazione alla ricerca storica, sull’esempio dei Centri di nuova costituzione. Tra questi, il Centro di studi storici sul movimento di liberazione delle donne di Milano, nato nel 1979 e oggi noto come Fondazione Elvira Badaracco, fu tra i primi a focalizzare subito l’interesse sulla centralità delle fonti. Dall’altro lato, l’attenzione dell’intellettualità femminile verso i nodi della differenza e delle differenze investì il lavoro di documentazione, nella misura in cui le donne iniziarono a porsi il problema dell’organizzazione e della comunicazione di quel particolare patrimonio. Tra gli anni Ottanta e Novanta, la revisione dei linguaggi documentari e delle tecniche di archiviazione fu il principale obiettivo del Coordinamento nazionale dei Centri prima e della Rete Lilith poi. In quei primi anni Ottanta, però, tutto questo era ancora in fase di costruzione. Lo scopo dell’intervento è quindi quello di ricostruire le tappe di un percorso lungo il quale le donne dei Centri furono in grado di ricomporre una progettualità comune intorno al recupero, per fini politici e culturali, della propria memoria.
2020
Genere e R-esistenze in Movimento: Soggettività, Azioni, Prospettive
archivi; storia degli archivi; movimento femminista; differenza sessuale; linguaggio; cultura delle donne
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Il femminismo del passaggio degli anni Ottanta. Ritirarsi in un archivio come atto di r-esistenza / DE LORENZO, Rosa. - (2020), pp. 529-540. (Intervento presentato al convegno Genere e R-esistenze in Movimento: Soggettività, Azioni, Prospettive tenutosi a Trento; Italia) [http://dx.doi.org/10.15168/11572_267841].
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1471740
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