Trasformare le rappresentazioni mentali e neurali del corpo e del sé.

La definizione del senso del sè e dell‟identità personale è da sempre argomento di riflessione per filosofi, psicologi e neuro-psichiatri. Solo recentemente le nuove possibilità tecniche delle neuroscienze cognitive hanno consentito di affrontare sperimentalmente il tema e accresciuto le conoscenze sui meccanismi e i circuiti cerebrali che ci rendono capaci di pensare a noi stessi in termini di entità distinte, uniche, capaci di auto-controllo. Il “senso del sé” si fonda sul senso di identità corporea, costruito attraverso l‟integrazione di informazioni multisensoriali inerenti al corpo spazialmente e temporalmente congruenti. Questo scritto descrive recenti ricerche neuro-psicologiche volte a dimostrare come il senso del sé si formi, sia mantenuto, e possa essere alterato per effetto di semplici manipolazioni sperimentali che, sfruttando i meccanismi integrativi multisensoriali attraverso cui il cervello costruisce la rappresentazione del proprio corpo, inducono illusioni di appartenenza di un altro corpo o persino di un altro volto. Considerando che il volto è la caratteristica maggiormente distintiva dell‟identità personale, ci focalizzeremo sugli studi che hanno mostrato come, utilizzando semplici paradigmi psicofisici, è stato possibile indurre cambiamenti plastici della rappresentazione e percezione di sé e del proprio volto, e individuare variabili personologiche e sociali che potenziano e/o contrastano i margini di cambiamento. Questi paradigmi potrebbero rappresentare dunque uno strumento potenzialmente utile in quelle condizioni psicologiche o psichiatriche in cui la rappresentazione di sé o del proprio corpo è disfunzionale (come l‟anoressia o le dismorfofobie) ed aprire la strada allo sviluppo di nuove ricerche nei pazienti con disturbi che riguardano la sfera sociale (come l‟autismo e la fobia sociale).