Oltre a generare dubbi e riflessioni sul modello economico globale del neoliberalismo, la pandemia che si è diffusa a scala mondiale all’inizio del 2020 ha improvvisamente minato alcune certezze relative al futuro delle metropoli, convinzioni che negli ultimi decenni si erano andate consolidando. In particolare ci riferiamo a quei valori di densificazione e mixitè che prevedevano che le città tendessero il più possibile alla compattezza e all’alta densità, che attività e servizi fossero diversificati e adeguatamente integrati tra loro, che le persone, in una feconda combinazione di prossimità (e promiscuità), potessero muoversi liberamente nelle città e nel mondo. L’orizzonte della concentrazione umana, in nome del contenimento del consumo di suolo e della minore impronta ecologica, sembrava ormai essere l’unica prospettiva possibile verso cui potessero tendere città più efficienti e sostenibili. Nella condizione del lockdown, al contrario, le parole d’ordine della modernità, che da più di mezzo secolo erano state messe sempre più in discussione da generazioni di architetti e urbanisti, tornano quasi beffardamente attuali. I principi costitutivi fondamentali delle città figlie della Carta d’Atene - specializzazione degli spazi, separazione dei flussi, suddivisione delle funzioni, distanza tra corpi edilizi, distacco della casa dalla strada, ecc. – si ripropongono ora sotto forma di isolamento, distanziamento fisico, controllo sociale e tracciamento degli spostamenti. Da un lato sembra quasi che l’ideologia igienista di matrice ottocentesca possa nuovamente rappresentare un modello per risanare le città, fondato sul binomio di controllo e salute pubblica. Dall’altro, l’attuale congiuntura sanitaria riporta in primo piano le potenzialità intrinseche delle aree più marginali delle nostre città e in particolare dei quartieri di edilizia residenziale pubblica. Il surplus di standard e di spazio che questi luoghi possiedono non può che farci immaginare un uso dello spazio aperto più diversificato e innovativo, attraverso il ripensamento e la riconfigurazione di sedi stradali, marciapiedi, distacchi e spazi di transizione tra quartiere e città. Si ha l’impressione che lo spazio aperto della città pubblica possa al tempo stesso aumentarne la qualità, la capacità “strutturante” e la vitalità urbana nella situazione di “normalità”, e diventare una risorsa unica - perché condivisa da una comunità ristretta e controllata - in caso di nuove misure restrittive di reazione a futuri contagi. Uno spazio di libertà controllata, ma pur sempre di libertà. Diventano allora preziosi, come si è già visto durante il periodo di lockdown, tutti gli spazi comuni co-gestiti dagli abitanti: i locali e le terrazze condominiali, i coworking “di vicinato”, gli spazi esterni di pertinenza dell’alloggio. La rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale passerà dunque non solo per il ripensamento dello spazio pubblico e dell’abitare privato (maggior flessibilità e separabilità degli spazi, efficienza tecnologica e delle reti, tutela della privacy e della dimensione individuale), ma soprattutto per la qualificazione e la sperimentazione progettuale di tutti gli spazi intermedi tra la dimensione pubblica e urbana e quella privata e domestica.

Il riscatto della città pubblica tra concentrazione e distanziamento / Reale, Luca. - In: URBANISTICA INFORMAZIONI. - ISSN 2239-4222. - 289:(2020), pp. 8-10. (Intervento presentato al convegno Benessere e/o salute? 90 anni di studi, politiche, piani - XII GIORNATA INTERNAZIONALE DI STUDIO INU tenutosi a Napoli).

Il riscatto della città pubblica tra concentrazione e distanziamento

Luca Reale
2020

Abstract

Oltre a generare dubbi e riflessioni sul modello economico globale del neoliberalismo, la pandemia che si è diffusa a scala mondiale all’inizio del 2020 ha improvvisamente minato alcune certezze relative al futuro delle metropoli, convinzioni che negli ultimi decenni si erano andate consolidando. In particolare ci riferiamo a quei valori di densificazione e mixitè che prevedevano che le città tendessero il più possibile alla compattezza e all’alta densità, che attività e servizi fossero diversificati e adeguatamente integrati tra loro, che le persone, in una feconda combinazione di prossimità (e promiscuità), potessero muoversi liberamente nelle città e nel mondo. L’orizzonte della concentrazione umana, in nome del contenimento del consumo di suolo e della minore impronta ecologica, sembrava ormai essere l’unica prospettiva possibile verso cui potessero tendere città più efficienti e sostenibili. Nella condizione del lockdown, al contrario, le parole d’ordine della modernità, che da più di mezzo secolo erano state messe sempre più in discussione da generazioni di architetti e urbanisti, tornano quasi beffardamente attuali. I principi costitutivi fondamentali delle città figlie della Carta d’Atene - specializzazione degli spazi, separazione dei flussi, suddivisione delle funzioni, distanza tra corpi edilizi, distacco della casa dalla strada, ecc. – si ripropongono ora sotto forma di isolamento, distanziamento fisico, controllo sociale e tracciamento degli spostamenti. Da un lato sembra quasi che l’ideologia igienista di matrice ottocentesca possa nuovamente rappresentare un modello per risanare le città, fondato sul binomio di controllo e salute pubblica. Dall’altro, l’attuale congiuntura sanitaria riporta in primo piano le potenzialità intrinseche delle aree più marginali delle nostre città e in particolare dei quartieri di edilizia residenziale pubblica. Il surplus di standard e di spazio che questi luoghi possiedono non può che farci immaginare un uso dello spazio aperto più diversificato e innovativo, attraverso il ripensamento e la riconfigurazione di sedi stradali, marciapiedi, distacchi e spazi di transizione tra quartiere e città. Si ha l’impressione che lo spazio aperto della città pubblica possa al tempo stesso aumentarne la qualità, la capacità “strutturante” e la vitalità urbana nella situazione di “normalità”, e diventare una risorsa unica - perché condivisa da una comunità ristretta e controllata - in caso di nuove misure restrittive di reazione a futuri contagi. Uno spazio di libertà controllata, ma pur sempre di libertà. Diventano allora preziosi, come si è già visto durante il periodo di lockdown, tutti gli spazi comuni co-gestiti dagli abitanti: i locali e le terrazze condominiali, i coworking “di vicinato”, gli spazi esterni di pertinenza dell’alloggio. La rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale passerà dunque non solo per il ripensamento dello spazio pubblico e dell’abitare privato (maggior flessibilità e separabilità degli spazi, efficienza tecnologica e delle reti, tutela della privacy e della dimensione individuale), ma soprattutto per la qualificazione e la sperimentazione progettuale di tutti gli spazi intermedi tra la dimensione pubblica e urbana e quella privata e domestica.
2020
Benessere e/o salute? 90 anni di studi, politiche, piani - XII GIORNATA INTERNAZIONALE DI STUDIO INU
Spazio pubblico; flessibilità; densità; spazi di transizione; sostenibilità; distanziamento; spazio vissuto; urban common
04 Pubblicazione in atti di convegno::04c Atto di convegno in rivista
Il riscatto della città pubblica tra concentrazione e distanziamento / Reale, Luca. - In: URBANISTICA INFORMAZIONI. - ISSN 2239-4222. - 289:(2020), pp. 8-10. (Intervento presentato al convegno Benessere e/o salute? 90 anni di studi, politiche, piani - XII GIORNATA INTERNAZIONALE DI STUDIO INU tenutosi a Napoli).
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Reale_Concentrazione-distanziamento_2020.pdf

solo gestori archivio

Tipologia: Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 308.7 kB
Formato Adobe PDF
308.7 kB Adobe PDF   Contatta l'autore

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1468285
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact