Quaroni’s ‘spatial grid’ which on a theoretical level is reminiscent of the contemporary experiments by van Eyck, Candilis, and the Smithsons, was born as a device capable of adapting to the instance of organization, relationships and integration advocated by the exponential growth of urban communities and their internal variety. The ambition was to embody the very notion of open work formulated by Umberto Eco in 1962. Moreover, as Quaroni himself explained in La Torre di Babele, it is the ‘architectural medium’ that allows a relationship, both close and operative, between drawing as a medium and drawing as an end, between the notion of ordre and that of ordonnance in which the functional, technological, and aesthetic structure of the architecture of the city converge. By analyzing the both paradigmatic and little known project of San Giusto, the essay will investigate design trajectories providing spatial and ‘political’ alternatives to the tendency of contemporary cities to organize themselves through impenetrable enclaves.

Il “reticolo spaziale” di Quaroni – che molto ricorda sul piano teorico gli esperimenti coevi dei “mats” o matrici urbane a crescita potenzialmente infinita dei van Eyck, dei Candilis, degli Smithson – nasceva come dispositivo in grado di adattarsi all’istanza di organizzazione, di relazioni e di integrazione propugnata dalla crescita esponenziale delle comunità urbane e della loro interna varietà, volendo incarnare la nozione di opera aperta formulata da Umberto Eco nel 1962, «un mistero da investigare, un compito da perseguire, uno stimolo alla vivacità dell’immaginazione». Inoltre, come spiega lo stesso Quaroni nel suo testo-manifesto "La Torre di Babele" pubblicato nel 1967, è il «mezzo architettonico» che consente di stabilire una relazione – stretta e operativa – tra il disegno come strumento e il disegno come fine, tra il significato metafisico e quello prescrittivo del progetto, tra la nozione di ordre e quella di ordonnance in cui convergono la struttura funzionale, tecnologica, ed estetica dell’architettura della città. Attraverso lo sguardo rivolto al progetto, insieme paradigmatico e poco noto, di San Giusto, il contributo intende individuare traiettorie progettuali capaci di fornire un’alternativa spaziale e insieme “politica” alla tendenza della città contemporanea di organizzarsi per enclave impenetrabili.

Ludovico Quaroni’s spatial grid in Prato. Cities and open forms / PADOA SCHIOPPA, Caterina; Porqueddu, Luca. - (2020), pp. 358-367. (Intervento presentato al convegno 1st IConA International Conference on Architecture “Creativity and Reality. The art of building future cities” tenutosi a Roma).

Ludovico Quaroni’s spatial grid in Prato. Cities and open forms

Caterina Padoa Schioppa;Luca Porqueddu
2020

Abstract

Quaroni’s ‘spatial grid’ which on a theoretical level is reminiscent of the contemporary experiments by van Eyck, Candilis, and the Smithsons, was born as a device capable of adapting to the instance of organization, relationships and integration advocated by the exponential growth of urban communities and their internal variety. The ambition was to embody the very notion of open work formulated by Umberto Eco in 1962. Moreover, as Quaroni himself explained in La Torre di Babele, it is the ‘architectural medium’ that allows a relationship, both close and operative, between drawing as a medium and drawing as an end, between the notion of ordre and that of ordonnance in which the functional, technological, and aesthetic structure of the architecture of the city converge. By analyzing the both paradigmatic and little known project of San Giusto, the essay will investigate design trajectories providing spatial and ‘political’ alternatives to the tendency of contemporary cities to organize themselves through impenetrable enclaves.
2020
1st IConA International Conference on Architecture “Creativity and Reality. The art of building future cities”
Il “reticolo spaziale” di Quaroni – che molto ricorda sul piano teorico gli esperimenti coevi dei “mats” o matrici urbane a crescita potenzialmente infinita dei van Eyck, dei Candilis, degli Smithson – nasceva come dispositivo in grado di adattarsi all’istanza di organizzazione, di relazioni e di integrazione propugnata dalla crescita esponenziale delle comunità urbane e della loro interna varietà, volendo incarnare la nozione di opera aperta formulata da Umberto Eco nel 1962, «un mistero da investigare, un compito da perseguire, uno stimolo alla vivacità dell’immaginazione». Inoltre, come spiega lo stesso Quaroni nel suo testo-manifesto "La Torre di Babele" pubblicato nel 1967, è il «mezzo architettonico» che consente di stabilire una relazione – stretta e operativa – tra il disegno come strumento e il disegno come fine, tra il significato metafisico e quello prescrittivo del progetto, tra la nozione di ordre e quella di ordonnance in cui convergono la struttura funzionale, tecnologica, ed estetica dell’architettura della città. Attraverso lo sguardo rivolto al progetto, insieme paradigmatico e poco noto, di San Giusto, il contributo intende individuare traiettorie progettuali capaci di fornire un’alternativa spaziale e insieme “politica” alla tendenza della città contemporanea di organizzarsi per enclave impenetrabili.
courtyard; spatial grid; ‘openness’ vs ‘closedness’
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Ludovico Quaroni’s spatial grid in Prato. Cities and open forms / PADOA SCHIOPPA, Caterina; Porqueddu, Luca. - (2020), pp. 358-367. (Intervento presentato al convegno 1st IConA International Conference on Architecture “Creativity and Reality. The art of building future cities” tenutosi a Roma).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1465900
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