L’articolo affronta il tema del riconoscimento degli interventi altomedievali lungo le mura di Amelia. A fronte di apparecchi murari riconosciuti sinora solo come non appartenenti alla struttura più antica, esistono notizie certe dei restauri altomedievali che però non sono stati ancora individuati lungo il circuito nella loro consistenza materiale. Un tratto della fortificazione, realizzato facendo uso di grossi conci di calcare, la cui datazione è ancora poco condivisa fra gli studiosi, è rappresentato da una porzione d’un muro di contenimento suddiviso in tre segmenti successivi con diversi orientamenti. Questo muro è un residuo delle antiche fortificazioni che, con l’ampliamento verso ovest della cinta muraria, si è trovato all’interno del nucleo urbano. La muratura è stata costruita appoggiandosi a quella adiacente in opera poligonale ed è costituita da grossi conci di calcare la cui dimensione media è inferiore a quelli del tratto cui si appoggia. L’apparecchio non presenta la tipica disposizione ad incastro delle murature poligonali ma i conci sono assemblati disordinatamente. Poiché non si tratta di blocchi parallelepipedi e la costruzione non è stata accurata come avviene nelle mura poligonali, nel montaggio sono rimasti numerosi vuoti, riempiti con laterizi e qualche rara tegola.. In conclusione, per analogie costruttive, sembra possibile ipotizzare che il tratto murario appartenga all’epoca di Leone IV e che sia stato realizzato nell’ambito del programma di restauro della cinta urbana di cui riferisce il Liber Pontificalis. La differenza con gli esempi di murature del IX secolo a Roma e nel Lazio sembra essere dovuta, prevalentemente, al fatto che mentre negli altri casi analizzati il materiale di recupero utilizzato è costituito da blocchi, generalmente di tufo o di travertino, sempre di forma parallelepipeda, nel caso amerino, invece, il materiale di recupero a disposizione era costituito, per questo tratto di mura, dai grossi conci delle mura poligonali. Le grandi pietre calcaree che costituiscono la muratura sembrano essere di reimpiego e provenire, in particolare, da un tratto di mura simile a quello adiacente, pur se le dimensioni medie sono leggermente inferiori e le facce esterne non sono spianate. Sembra quasi che alcuni massi siano stati montati al contrario, lasciando in molti casi la faccia grezza, che nell’opera poligonale si trovava verso l’interno, rivolta all’esterno del muro. È interessante notare come, lungo la cinta amerina, gli interventi di riparazione realizzati in grossi conci siano molto diversi fra loro. Pur utilizzando sempre la stessa tecnica sono stati impiegati blocchi squadrati per intervenire sulle parti della cinta più antica che erano state realizzate in opus quadratum, mentre si sono usati gli stessi conci poligonali per intervenire in tratti in opera poligonale. Tutti questi interventi sembrano essersi limitati a rimurare blocchi erratici presenti ai piedi del muro su cui si andava ad intervenire inserendo scaglie di pietra e laterizi per regolarizzare un apparecchio che risultava sempre, comunque, molto disordinato. I blocchi provenivano non solo dal monumento stesso ma addirittura dallo stesso punto del manufatto. Questo ha provocato anche la grande differenza fra le diverse murature realizzate e la difficoltà di riconoscerle e di leggerle come un intervento unitario.

Prime osservazioni sui restauri altomedievali alla cinta muraria di Amelia in Umbria / Mancini, Rossana. - In: QUADERNI DEL DIPARTIMENTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO E URBANISTICO. - ISSN 1121-0745. - STAMPA. - 35-36:(2008), pp. 197-204.

Prime osservazioni sui restauri altomedievali alla cinta muraria di Amelia in Umbria

MANCINI, Rossana
2008

Abstract

L’articolo affronta il tema del riconoscimento degli interventi altomedievali lungo le mura di Amelia. A fronte di apparecchi murari riconosciuti sinora solo come non appartenenti alla struttura più antica, esistono notizie certe dei restauri altomedievali che però non sono stati ancora individuati lungo il circuito nella loro consistenza materiale. Un tratto della fortificazione, realizzato facendo uso di grossi conci di calcare, la cui datazione è ancora poco condivisa fra gli studiosi, è rappresentato da una porzione d’un muro di contenimento suddiviso in tre segmenti successivi con diversi orientamenti. Questo muro è un residuo delle antiche fortificazioni che, con l’ampliamento verso ovest della cinta muraria, si è trovato all’interno del nucleo urbano. La muratura è stata costruita appoggiandosi a quella adiacente in opera poligonale ed è costituita da grossi conci di calcare la cui dimensione media è inferiore a quelli del tratto cui si appoggia. L’apparecchio non presenta la tipica disposizione ad incastro delle murature poligonali ma i conci sono assemblati disordinatamente. Poiché non si tratta di blocchi parallelepipedi e la costruzione non è stata accurata come avviene nelle mura poligonali, nel montaggio sono rimasti numerosi vuoti, riempiti con laterizi e qualche rara tegola.. In conclusione, per analogie costruttive, sembra possibile ipotizzare che il tratto murario appartenga all’epoca di Leone IV e che sia stato realizzato nell’ambito del programma di restauro della cinta urbana di cui riferisce il Liber Pontificalis. La differenza con gli esempi di murature del IX secolo a Roma e nel Lazio sembra essere dovuta, prevalentemente, al fatto che mentre negli altri casi analizzati il materiale di recupero utilizzato è costituito da blocchi, generalmente di tufo o di travertino, sempre di forma parallelepipeda, nel caso amerino, invece, il materiale di recupero a disposizione era costituito, per questo tratto di mura, dai grossi conci delle mura poligonali. Le grandi pietre calcaree che costituiscono la muratura sembrano essere di reimpiego e provenire, in particolare, da un tratto di mura simile a quello adiacente, pur se le dimensioni medie sono leggermente inferiori e le facce esterne non sono spianate. Sembra quasi che alcuni massi siano stati montati al contrario, lasciando in molti casi la faccia grezza, che nell’opera poligonale si trovava verso l’interno, rivolta all’esterno del muro. È interessante notare come, lungo la cinta amerina, gli interventi di riparazione realizzati in grossi conci siano molto diversi fra loro. Pur utilizzando sempre la stessa tecnica sono stati impiegati blocchi squadrati per intervenire sulle parti della cinta più antica che erano state realizzate in opus quadratum, mentre si sono usati gli stessi conci poligonali per intervenire in tratti in opera poligonale. Tutti questi interventi sembrano essersi limitati a rimurare blocchi erratici presenti ai piedi del muro su cui si andava ad intervenire inserendo scaglie di pietra e laterizi per regolarizzare un apparecchio che risultava sempre, comunque, molto disordinato. I blocchi provenivano non solo dal monumento stesso ma addirittura dallo stesso punto del manufatto. Questo ha provocato anche la grande differenza fra le diverse murature realizzate e la difficoltà di riconoscerle e di leggerle come un intervento unitario.
2008
architettura; cinta muraria; tecniche costruttive
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Prime osservazioni sui restauri altomedievali alla cinta muraria di Amelia in Umbria / Mancini, Rossana. - In: QUADERNI DEL DIPARTIMENTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO E URBANISTICO. - ISSN 1121-0745. - STAMPA. - 35-36:(2008), pp. 197-204.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/145696
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