Diversi studi hanno proposto l’utilizzo delle api come bioindicatori ambientali, con particolare riferimento alla qualità dell’aria [1]. Le api sono infatti in grado di raccogliere le particelle presenti in aria, divenendo a tutti gli effetti organismi campionatori del particolato atmosferico (PM). Una volta accumulate nelle api, le sostanze presenti nel PM possono essere trasferire agli altri prodotti dell’alveare, che possono a loro volta essere considerati bioindicatori della qualità dell’aria. In questo studio sono state confrontate le concentrazioni elementari misurate nel PM10 e nel PM2.5 campionato in aree sottoposte alla pressione di differenti sorgenti emissive (traffico, combustione di biomasse, stoccaggio di rifiuti, attività aeroportuali, lavorazione acciaio, traffico navale) con la concentrazione elementare delle diverse matrici presenti nell’alveare (api, cera, miele, propoli, polline). Il campionamento del PM è stato effettuato con cadenza bimestrale mediante sistemi a bassissimo flusso (HSRS, FAI Instruments) per un anno. Contestualmente a ciascun cambio delle membrane filtranti sono state campionate le varie matrici biologiche. I risultati hanno confermato, per i traccianti del traffico veicolare e navale (Cu, Sb, Sn Cu, Ni e V), una buona correlazione tra le concentrazioni elementari nel PM e quelle misurate in api e cera, mentre le restanti matrici biologiche non hanno mostrato differenze significative tra i siti. L’utilizzo delle cere degli alveari, anche se meno sensibili rispetto alle api, potrebbe costituire un’alternativa etica all’utilizzo delle api, fornendo un buon supporto per studi di mappatura spaziale delle concentrazioni elementari in aria. E’ interessante osservare che i risultati ottenuti confermano la capacità delle api di “filtrare” eventuali inquinanti atmosferici, impedendone il passaggio al miele, la cui composizione resta pressoché inalterata anche se l’area di produzione è soggetta ad intense sorgenti di inquinamento da particolato atmosferico [2]. Bibliografia [1] M.Pellecchia and I.Negri, (2018). PeerJ, 6:e5322. [2] M.E.Conti et al., (2018). Journal of Food Composition and Analysis, 74, 102–113.

Proceedings. PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico / Astolfi, Maria Luisa; Vitiello, Giulia; Ristorini, Martina; Frezzini, MARIA AGOSTINA; Massimi, Lorenzo; Marconi, Elisabetta; Papi, Marco; Marcolini, Massimo; Mele, Giustino; Canepari, Silvia; Conti, Marcelo Enrique. - (2020), pp. 1-180. (Intervento presentato al convegno PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico tenutosi a Lecce; Italy).

Proceedings. PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico

Maria Luisa Astolfi
;
Giulia Vitiello;Martina Ristorini;Maria Agostina Frezzini;Lorenzo Massimi;Elisabetta Marconi;Marco Papi;Giustino Mele;Silvia Canepari;Marcelo Enrique Conti
2020

Abstract

Diversi studi hanno proposto l’utilizzo delle api come bioindicatori ambientali, con particolare riferimento alla qualità dell’aria [1]. Le api sono infatti in grado di raccogliere le particelle presenti in aria, divenendo a tutti gli effetti organismi campionatori del particolato atmosferico (PM). Una volta accumulate nelle api, le sostanze presenti nel PM possono essere trasferire agli altri prodotti dell’alveare, che possono a loro volta essere considerati bioindicatori della qualità dell’aria. In questo studio sono state confrontate le concentrazioni elementari misurate nel PM10 e nel PM2.5 campionato in aree sottoposte alla pressione di differenti sorgenti emissive (traffico, combustione di biomasse, stoccaggio di rifiuti, attività aeroportuali, lavorazione acciaio, traffico navale) con la concentrazione elementare delle diverse matrici presenti nell’alveare (api, cera, miele, propoli, polline). Il campionamento del PM è stato effettuato con cadenza bimestrale mediante sistemi a bassissimo flusso (HSRS, FAI Instruments) per un anno. Contestualmente a ciascun cambio delle membrane filtranti sono state campionate le varie matrici biologiche. I risultati hanno confermato, per i traccianti del traffico veicolare e navale (Cu, Sb, Sn Cu, Ni e V), una buona correlazione tra le concentrazioni elementari nel PM e quelle misurate in api e cera, mentre le restanti matrici biologiche non hanno mostrato differenze significative tra i siti. L’utilizzo delle cere degli alveari, anche se meno sensibili rispetto alle api, potrebbe costituire un’alternativa etica all’utilizzo delle api, fornendo un buon supporto per studi di mappatura spaziale delle concentrazioni elementari in aria. E’ interessante osservare che i risultati ottenuti confermano la capacità delle api di “filtrare” eventuali inquinanti atmosferici, impedendone il passaggio al miele, la cui composizione resta pressoché inalterata anche se l’area di produzione è soggetta ad intense sorgenti di inquinamento da particolato atmosferico [2]. Bibliografia [1] M.Pellecchia and I.Negri, (2018). PeerJ, 6:e5322. [2] M.E.Conti et al., (2018). Journal of Food Composition and Analysis, 74, 102–113.
2020
PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico
04 Pubblicazione in atti di convegno::04d Abstract in atti di convegno
Proceedings. PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico / Astolfi, Maria Luisa; Vitiello, Giulia; Ristorini, Martina; Frezzini, MARIA AGOSTINA; Massimi, Lorenzo; Marconi, Elisabetta; Papi, Marco; Marcolini, Massimo; Mele, Giustino; Canepari, Silvia; Conti, Marcelo Enrique. - (2020), pp. 1-180. (Intervento presentato al convegno PM2020 - IX Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico tenutosi a Lecce; Italy).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1444526
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