The article looks at the different key anthropological connotations, values ​​and functions in human societies take the figures of the patient and the therapist, the ubiquitous pairing of poles on which every medical practice. First, it sheds light on how both terms that describe the condition more "objective" of those who suffer and those who are called to treat the pain, relate to the status or position in which individuals see themselves acknowledge in their social sphere in based on factors and considerations which may also extend beyond the physical and mental condition of the individual sick and actual knowledge of those who care. It then examines the nature of the relationship between the two, as well as the multiple planes on which the therapeutic action is carried out, in particular, the attention is focused on the fact that, in every single episode of disease, human suffering is placed in a horizon of meaning, which brings out the full importance of communication (between patient and healer, but also between them and the rest of society) in the therapeutic field. The full recognition of what is culturally and socially constructed and determined the disease allows a better understanding of how they can be effective therapies symbolic and ritual, that they neglect or disregard a direct intervention (pharmacological, mechanical, surgical, etc.). Organism the invalid. Especially since the same determination of the state of illness and healing takes place on the social level, based on facts and considerations which go beyond the scope of some sick individual and his physical state. If it captures the extent to which illness and health are defined only in a holistic perspective, then it is clear why so many times to understand the meaning of evil is an essential step for healing.

L’articolo esamina in chiave antropologica le diverse connotazioni, valenze e funzioni che nelle società umane assumono le figure del paziente e del terapeuta, onnipresenti poli del binomio su cui si fonda ogni pratica medica. Dapprima si mette in luce come entrambi i termini, più che descrivere la condizione “oggettiva” di chi soffre e di chi è chiamato a curare tale sofferenza, si riferiscano a status, ovvero a posizioni che gli individui si vedono riconoscere nel proprio ambito sociale in base a fattori e considerazioni che possono anche estendersi al di là delle condizioni psicofisiche del singolo ammalato e delle concrete conoscenze di chi cura. Si esamina quindi la natura del rapporto tra i due, nonché i molteplici piani su cui si esplica l’azione terapeutica; in particolare, si focalizza l’attenzione sul fatto che, in ogni singolo episodio di malattia, la sofferenza umana viene collocata in un orizzonte di significato; il che mette in piena evidenza la fondamentale importanza della comunicazione (tra paziente e guaritore, ma anche tra essi e il resto della società) in ambito terapeutico. Il pieno riconoscimento di quanto sia culturalmente e socialmente costruita e determinata la malattia consente di meglio comprendere come possano risultare efficaci terapie di tipo simbolico e rituale, che trascurano o prescindono da un diretto intervento (farmacologico, meccanico, chirurgico, ecc.) sull’organismo dell’infermo. Tanto più che la stessa determinazione dello stato di malattia e di guarigione avviene sul piano sociale, in base a fatti e considerazioni che non si esauriscono certo nella sfera del singolo ammalato e del suo stato fisico. Se si coglie fino a che punto la malattia e la salute siano definibili solo in una prospettiva olistica, allora emerge con chiarezza perché tante volte la comprensione del senso del male sia un passo fondamentale per la guarigione.

Capire è un po’ guarire: il rapporto paziente-terapeuta tra dialogo e azione / Lupo, Alessandro. - In: AM. - ISSN 1593-2737. - STAMPA. - 7/8:(1999), pp. 53-92.

Capire è un po’ guarire: il rapporto paziente-terapeuta tra dialogo e azione

LUPO, Alessandro
1999

Abstract

The article looks at the different key anthropological connotations, values ​​and functions in human societies take the figures of the patient and the therapist, the ubiquitous pairing of poles on which every medical practice. First, it sheds light on how both terms that describe the condition more "objective" of those who suffer and those who are called to treat the pain, relate to the status or position in which individuals see themselves acknowledge in their social sphere in based on factors and considerations which may also extend beyond the physical and mental condition of the individual sick and actual knowledge of those who care. It then examines the nature of the relationship between the two, as well as the multiple planes on which the therapeutic action is carried out, in particular, the attention is focused on the fact that, in every single episode of disease, human suffering is placed in a horizon of meaning, which brings out the full importance of communication (between patient and healer, but also between them and the rest of society) in the therapeutic field. The full recognition of what is culturally and socially constructed and determined the disease allows a better understanding of how they can be effective therapies symbolic and ritual, that they neglect or disregard a direct intervention (pharmacological, mechanical, surgical, etc.). Organism the invalid. Especially since the same determination of the state of illness and healing takes place on the social level, based on facts and considerations which go beyond the scope of some sick individual and his physical state. If it captures the extent to which illness and health are defined only in a holistic perspective, then it is clear why so many times to understand the meaning of evil is an essential step for healing.
1999
L’articolo esamina in chiave antropologica le diverse connotazioni, valenze e funzioni che nelle società umane assumono le figure del paziente e del terapeuta, onnipresenti poli del binomio su cui si fonda ogni pratica medica. Dapprima si mette in luce come entrambi i termini, più che descrivere la condizione “oggettiva” di chi soffre e di chi è chiamato a curare tale sofferenza, si riferiscano a status, ovvero a posizioni che gli individui si vedono riconoscere nel proprio ambito sociale in base a fattori e considerazioni che possono anche estendersi al di là delle condizioni psicofisiche del singolo ammalato e delle concrete conoscenze di chi cura. Si esamina quindi la natura del rapporto tra i due, nonché i molteplici piani su cui si esplica l’azione terapeutica; in particolare, si focalizza l’attenzione sul fatto che, in ogni singolo episodio di malattia, la sofferenza umana viene collocata in un orizzonte di significato; il che mette in piena evidenza la fondamentale importanza della comunicazione (tra paziente e guaritore, ma anche tra essi e il resto della società) in ambito terapeutico. Il pieno riconoscimento di quanto sia culturalmente e socialmente costruita e determinata la malattia consente di meglio comprendere come possano risultare efficaci terapie di tipo simbolico e rituale, che trascurano o prescindono da un diretto intervento (farmacologico, meccanico, chirurgico, ecc.) sull’organismo dell’infermo. Tanto più che la stessa determinazione dello stato di malattia e di guarigione avviene sul piano sociale, in base a fatti e considerazioni che non si esauriscono certo nella sfera del singolo ammalato e del suo stato fisico. Se si coglie fino a che punto la malattia e la salute siano definibili solo in una prospettiva olistica, allora emerge con chiarezza perché tante volte la comprensione del senso del male sia un passo fondamentale per la guarigione.
Antropologia medica; Rapporto medico-paziente; Indigeni messicani; Efficacia simbolica
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Capire è un po’ guarire: il rapporto paziente-terapeuta tra dialogo e azione / Lupo, Alessandro. - In: AM. - ISSN 1593-2737. - STAMPA. - 7/8:(1999), pp. 53-92.
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