Questo pregevole libro di Ludovica Boi presenta la rielaborazione di una tesi di laurea magistrale, da me seguita come re- latore alla Sapienza di Roma, sull’evoluzione del concetto di “dionisiaco” nella filosofia di Giorgio Colli. Oltre il valore e l’ori- ginalità della ricerca, che il lettore potrà apprezzare per la precisione filologica e la capacità di analisi teoretica, l’opera costituisce un risultato significativo di un percorso che definirei collettivo, nel quale abbiamo cercato, e tuttora cerchiamo, di riesaminare la filosofia italiana contemporanea in termini di “circolazione” e di “interdipendenza”, ossia (per dire la stessa cosa nel lessico di Antonio Gramsci) di “traducibilità” e di “storia degli intellettuali”. Dopo le indagini che sono state dedicate a Hegel o a Marx, era inevitabile incontrare il caso, per molti versi singolare e decisivo, della “fortuna” di Nietzsche in Italia, al cui centro va collocata la figura di Giorgio Colli e l’impresa editoriale che egli, fin dai primi anni Cinquanta, prospettò ed eseguì con determinazione. Chi ha ricostruito la genesi dell’edizione critica delle opere di Nietzsche (una puntuale ricostruzione si legge ora nel secondo capitolo di questo libro), iniziata con Adelphi nel 1967, ha di fatto delineato il profilo di un passaggio cruciale nella storia culturale italiana del novecento, sia per la vicenda editoriale (con il rifiuto di Einaudi e le discussioni in seno alla casa torinese) sia per i rapporti umani e intellettuali che legarono Colli all’altro protagonista del progetto, cioè a Mazzino Montinari. In ogni caso l’edizione critica di Nietzsche segnò una doppia e benefica rottura, da un lato con le precedenti edizioni, tedesche e non solo tedesche (di cui la silloge del 1906 sul Wille zur Macht è solo un esempio), d’altro lato con tutta la ricezione italiana, che era stata bensì condizionata dal superomismo dannunziano, ma si alimentò di altri e non meno tenaci pregiudizi, da quello “idealista” che proveniva da alcuni scritti di Benedetto Croce (il quale, se non altro, aveva avuto il merito di occuparsene) a ulteriori chiusure, legate al clima ideologico degli anni cinquanta, seguissero la via della diagnosi di Lukács sull’irrazionalismo o quella, storica e civile, di Cesare Vasoli. Non solo per le famose parole di Delio Cantimori («occorre ricordare che nella realtà e nella storia c’è anche Nietzsche»), ma per motivi più profondi, che penetrarono progressivamente nella coscienza culturale della nazione, il lavoro di Colli e Montinari esercitò una funzione essenziale nello sviluppo della filosofia italiana e comunque rappresentò un esempio capitale di quella “circolazione” europea a cui prima si accennava.
Postfazione / Muste', Marcello. - (2020), pp. 323-332.
Postfazione
Muste'
2020
Abstract
Questo pregevole libro di Ludovica Boi presenta la rielaborazione di una tesi di laurea magistrale, da me seguita come re- latore alla Sapienza di Roma, sull’evoluzione del concetto di “dionisiaco” nella filosofia di Giorgio Colli. Oltre il valore e l’ori- ginalità della ricerca, che il lettore potrà apprezzare per la precisione filologica e la capacità di analisi teoretica, l’opera costituisce un risultato significativo di un percorso che definirei collettivo, nel quale abbiamo cercato, e tuttora cerchiamo, di riesaminare la filosofia italiana contemporanea in termini di “circolazione” e di “interdipendenza”, ossia (per dire la stessa cosa nel lessico di Antonio Gramsci) di “traducibilità” e di “storia degli intellettuali”. Dopo le indagini che sono state dedicate a Hegel o a Marx, era inevitabile incontrare il caso, per molti versi singolare e decisivo, della “fortuna” di Nietzsche in Italia, al cui centro va collocata la figura di Giorgio Colli e l’impresa editoriale che egli, fin dai primi anni Cinquanta, prospettò ed eseguì con determinazione. Chi ha ricostruito la genesi dell’edizione critica delle opere di Nietzsche (una puntuale ricostruzione si legge ora nel secondo capitolo di questo libro), iniziata con Adelphi nel 1967, ha di fatto delineato il profilo di un passaggio cruciale nella storia culturale italiana del novecento, sia per la vicenda editoriale (con il rifiuto di Einaudi e le discussioni in seno alla casa torinese) sia per i rapporti umani e intellettuali che legarono Colli all’altro protagonista del progetto, cioè a Mazzino Montinari. In ogni caso l’edizione critica di Nietzsche segnò una doppia e benefica rottura, da un lato con le precedenti edizioni, tedesche e non solo tedesche (di cui la silloge del 1906 sul Wille zur Macht è solo un esempio), d’altro lato con tutta la ricezione italiana, che era stata bensì condizionata dal superomismo dannunziano, ma si alimentò di altri e non meno tenaci pregiudizi, da quello “idealista” che proveniva da alcuni scritti di Benedetto Croce (il quale, se non altro, aveva avuto il merito di occuparsene) a ulteriori chiusure, legate al clima ideologico degli anni cinquanta, seguissero la via della diagnosi di Lukács sull’irrazionalismo o quella, storica e civile, di Cesare Vasoli. Non solo per le famose parole di Delio Cantimori («occorre ricordare che nella realtà e nella storia c’è anche Nietzsche»), ma per motivi più profondi, che penetrarono progressivamente nella coscienza culturale della nazione, il lavoro di Colli e Montinari esercitò una funzione essenziale nello sviluppo della filosofia italiana e comunque rappresentò un esempio capitale di quella “circolazione” europea a cui prima si accennava.File | Dimensione | Formato | |
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