La città è un “sistema di relazioni”: un insieme di rapporti, tra la tipologia edilizia e la morfologia urbana, tra il posizionamento dei monumenti rispetto ai tessuti, tra la disciplina del piano e la necessità di dare forma ai luoghi e alla qualità spaziale dei contesti. Questo “sistema di relazioni” è chiaramente evidente nella città storica, la quale si struttura attraverso la formazione di “tessuti” densi e compatti, in cui è molto forte il rapporto tra architetture e spazio pubblico. La città storica, ‹‹frutto di una stratificazione che si è sviluppata in tempi lunghi››1, è, oggi più che in passato, al centro di un dibattito di estrema importanza: il rapporto tra architettura contemporanea e contesto storico. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, si interviene con tanta difficoltà con il progetto contemporaneo nella città storica, probabilmente perché ‹‹si è affermata una cultura della conservazione che si è resa autonoma dalla cultura del progetto››2, la quale agisce in chiave eccessivamente vincolistica impedendo, riprendendo Mies van der Rohe, alla nostra epoca di poter esprimere una propria grandezza. Quanto appena affermato, tuttavia, sembra essere un paradosso, in quanto le città storiche italiane sono tali proprio perché si sono sempre trasformate su loro stesse. La città e i monumenti rappresentano il nostro patrimonio, il quale deve essere salvaguardato dal progetto di architettura, ma, al tempo stesso, essendo l’architettura “terreno delle scelte”, è la cultura del progetto che ha il dovere di scegliere che cosa necessiti o meno di una trasformazione. The Peggy Guggenheim museum in Venice, progetto elaborato in occasione della tesi magistrale in composizione architettonica e urbana avente come oggetto l’ampliamento del noto “palazzo non finito” Venier dei Leoni, rappresenta un tentativo di fornire una risposta progettuale al tema del “costruire sul costruito” mediante un lavoro ‹‹radicale, nel senso di saper mettere le radici. Fatto con il nostro tempo presente, radicato nel tempo passato e capace di resistere nel tempo futuro››3. 1 Moccia C., “Il nostro è un tempo straordinario”, in Claudia Sansò (a cura di), Adecuación del Castillo del Cerrillo de los Moros. Architettura tra traccia e memoria. Linazasoro & Sánchez, Clean, Napoli 2017. 2 Tratto dall’intervento Un edificio-mondo nel contesto della città storica di Renato Capozzi e Federica Visconti tenuto in occasione del XXIX Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana di Camerino (31 luglio – 4 agosto 2019), il quale ha avuto come tema proprio il rapporto tra architettura contemporanea e contesto storico. 3 Izzo F., Multari G., Corvino V., Master di II Livello. Progettazione di eccellenza per la città storica, Paparo, Napoli 2011.
La necessità di una cultura del progetto / Di Chiara, Ermelinda. - (2019). (Intervento presentato al convegno VIII Forum ProARCH Il Progetto di Architettura come intersezione di saperi. Per una rinnovata nozione di Patrimonio tenutosi a Naples; Italy).
La necessità di una cultura del progetto
Di Chiara, Ermelinda
2019
Abstract
La città è un “sistema di relazioni”: un insieme di rapporti, tra la tipologia edilizia e la morfologia urbana, tra il posizionamento dei monumenti rispetto ai tessuti, tra la disciplina del piano e la necessità di dare forma ai luoghi e alla qualità spaziale dei contesti. Questo “sistema di relazioni” è chiaramente evidente nella città storica, la quale si struttura attraverso la formazione di “tessuti” densi e compatti, in cui è molto forte il rapporto tra architetture e spazio pubblico. La città storica, ‹‹frutto di una stratificazione che si è sviluppata in tempi lunghi››1, è, oggi più che in passato, al centro di un dibattito di estrema importanza: il rapporto tra architettura contemporanea e contesto storico. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, si interviene con tanta difficoltà con il progetto contemporaneo nella città storica, probabilmente perché ‹‹si è affermata una cultura della conservazione che si è resa autonoma dalla cultura del progetto››2, la quale agisce in chiave eccessivamente vincolistica impedendo, riprendendo Mies van der Rohe, alla nostra epoca di poter esprimere una propria grandezza. Quanto appena affermato, tuttavia, sembra essere un paradosso, in quanto le città storiche italiane sono tali proprio perché si sono sempre trasformate su loro stesse. La città e i monumenti rappresentano il nostro patrimonio, il quale deve essere salvaguardato dal progetto di architettura, ma, al tempo stesso, essendo l’architettura “terreno delle scelte”, è la cultura del progetto che ha il dovere di scegliere che cosa necessiti o meno di una trasformazione. The Peggy Guggenheim museum in Venice, progetto elaborato in occasione della tesi magistrale in composizione architettonica e urbana avente come oggetto l’ampliamento del noto “palazzo non finito” Venier dei Leoni, rappresenta un tentativo di fornire una risposta progettuale al tema del “costruire sul costruito” mediante un lavoro ‹‹radicale, nel senso di saper mettere le radici. Fatto con il nostro tempo presente, radicato nel tempo passato e capace di resistere nel tempo futuro››3. 1 Moccia C., “Il nostro è un tempo straordinario”, in Claudia Sansò (a cura di), Adecuación del Castillo del Cerrillo de los Moros. Architettura tra traccia e memoria. Linazasoro & Sánchez, Clean, Napoli 2017. 2 Tratto dall’intervento Un edificio-mondo nel contesto della città storica di Renato Capozzi e Federica Visconti tenuto in occasione del XXIX Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana di Camerino (31 luglio – 4 agosto 2019), il quale ha avuto come tema proprio il rapporto tra architettura contemporanea e contesto storico. 3 Izzo F., Multari G., Corvino V., Master di II Livello. Progettazione di eccellenza per la città storica, Paparo, Napoli 2011.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.