L’originalità della posizione culturale di Nouvel deriva dalla capacità di comprendere quella che lui stesso definisce l’era urbana contemporanea, nella quale intravede una città dei flussi e delle reti simile ad una nebulosa a nuclei multipli e tuttavia di mantenere una distanza critica rispetto ai precetti koolhasiani di una città generica pervasiva e totalizzante, che è fiducia nel progetto e nella capacità dell’architettura di svolgere un ruolo determinante. Nella dimensione metropolitana contemporanea, dove le forze che regolano lo spazio della città sono divenute ingovernabili, il ruolo titanico dell’architetto è quello di interpretare il mutamento e rivelarlo con l’obiettivo di migliorare realmente la qualità dell’habitat urbano. La freschezza delle sue proposte deriva dalla libertà con la quale riesce a trattare temi che nella cultura del vecchio continente assumono un peso specifico incommensurabile. L’identità, la storia, la morfologia, la tipologia, il monumento, sono valori che non vengono negati, perdono tuttavia la sacralità conferita loro dal dibattito disciplinare, in favore di una interpretazione più disinvolta che non li nega ma li rende nuovamente manipolabili e generativi, in una parola contemporanei. Così la sua architettura riesce sempre a trovare una via di dialogo con l’esistente e allo stesso tempo a sorprendere. Quando si tratta di confrontarsi con i vincoli fin troppo restrittivi della ricostruzione del tessuto urbano della Friedrichstrasse a Berlino dove con la realizzazione delle Galeries Lafayette (1991-96) interpreta alla lettera la regola eppure riesce a decostruirla proponendo un blocco immateriale, che rovescia la ritmica verticale della sequenza urbana del fronte strada attraverso il sistema continuo delle linee orizzontali che fasciano l’angolo richiamando i disegni dei Luckahardt del progetto del 1929 per la ristrutturazione di Alexanderplatz. Quando si tratta di sottolineare la presenza di un’emergenza reinterpretando il tema della rappresentatività e del ruolo urbano del monumento, anche al centro di una città storica europea come Lione, dove, con la realizzazione della grande volta a botte in acciaio e vetro sopra al vecchio edificio dell’Opéra, mette fuori scala il doppio ordine del colonnato preesistente, proponendo un montaggio che ricorda vagamente la Basilica Palladiana di Vicenza. Scelte progettuali in entrambi i casi coraggiose che richiamano, sul fronte opposto in termini di figure e di linguaggio, l’opera di Aldo Rossi: da un lato la sottile ironia disneiana dell’ultimo isolato berlinese capace anch’esso di destrutturare la massa del blocco a corte, dall’altro la meravigliosa presenza della torre scenica del teatro Carlo Felice di Genova. Le architetture di Nouvel compongono un paesaggio urbano di straordinaria complessità e ricchezza, il loro essere concepite come oggetti singolari non impedisce di rintracciare temi ricorrenti nelle modalità del comporre. La sua non è semplicemente una architettura di risposta e nemmeno un’architettura puramente ideologica, ogni opera contiene un’idea chiara, assoluta, che si invera nell’impatto con il qui e ora dello stato delle cose senza perdere vigore e pregnanza. È chiaro allora come l’attenzione riversata al luogo non si traduce mai in un’architettura debole e contestualista, anzi accade sempre che la realizzazione dell’opera trasfiguri lo spazio preesistente rivelandone prospettive inedite e imponendo nuovi ritmi, mettendone in scacco la percezione egemonica.

Le particelle elementari di Jean Nouvel / Toppetti, Fabrizio. - In: RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA. - ISSN 0392-8608. - STAMPA. - 127/8/9:(2009), pp. 105-115.

Le particelle elementari di Jean Nouvel

TOPPETTI, FABRIZIO
2009

Abstract

L’originalità della posizione culturale di Nouvel deriva dalla capacità di comprendere quella che lui stesso definisce l’era urbana contemporanea, nella quale intravede una città dei flussi e delle reti simile ad una nebulosa a nuclei multipli e tuttavia di mantenere una distanza critica rispetto ai precetti koolhasiani di una città generica pervasiva e totalizzante, che è fiducia nel progetto e nella capacità dell’architettura di svolgere un ruolo determinante. Nella dimensione metropolitana contemporanea, dove le forze che regolano lo spazio della città sono divenute ingovernabili, il ruolo titanico dell’architetto è quello di interpretare il mutamento e rivelarlo con l’obiettivo di migliorare realmente la qualità dell’habitat urbano. La freschezza delle sue proposte deriva dalla libertà con la quale riesce a trattare temi che nella cultura del vecchio continente assumono un peso specifico incommensurabile. L’identità, la storia, la morfologia, la tipologia, il monumento, sono valori che non vengono negati, perdono tuttavia la sacralità conferita loro dal dibattito disciplinare, in favore di una interpretazione più disinvolta che non li nega ma li rende nuovamente manipolabili e generativi, in una parola contemporanei. Così la sua architettura riesce sempre a trovare una via di dialogo con l’esistente e allo stesso tempo a sorprendere. Quando si tratta di confrontarsi con i vincoli fin troppo restrittivi della ricostruzione del tessuto urbano della Friedrichstrasse a Berlino dove con la realizzazione delle Galeries Lafayette (1991-96) interpreta alla lettera la regola eppure riesce a decostruirla proponendo un blocco immateriale, che rovescia la ritmica verticale della sequenza urbana del fronte strada attraverso il sistema continuo delle linee orizzontali che fasciano l’angolo richiamando i disegni dei Luckahardt del progetto del 1929 per la ristrutturazione di Alexanderplatz. Quando si tratta di sottolineare la presenza di un’emergenza reinterpretando il tema della rappresentatività e del ruolo urbano del monumento, anche al centro di una città storica europea come Lione, dove, con la realizzazione della grande volta a botte in acciaio e vetro sopra al vecchio edificio dell’Opéra, mette fuori scala il doppio ordine del colonnato preesistente, proponendo un montaggio che ricorda vagamente la Basilica Palladiana di Vicenza. Scelte progettuali in entrambi i casi coraggiose che richiamano, sul fronte opposto in termini di figure e di linguaggio, l’opera di Aldo Rossi: da un lato la sottile ironia disneiana dell’ultimo isolato berlinese capace anch’esso di destrutturare la massa del blocco a corte, dall’altro la meravigliosa presenza della torre scenica del teatro Carlo Felice di Genova. Le architetture di Nouvel compongono un paesaggio urbano di straordinaria complessità e ricchezza, il loro essere concepite come oggetti singolari non impedisce di rintracciare temi ricorrenti nelle modalità del comporre. La sua non è semplicemente una architettura di risposta e nemmeno un’architettura puramente ideologica, ogni opera contiene un’idea chiara, assoluta, che si invera nell’impatto con il qui e ora dello stato delle cose senza perdere vigore e pregnanza. È chiaro allora come l’attenzione riversata al luogo non si traduce mai in un’architettura debole e contestualista, anzi accade sempre che la realizzazione dell’opera trasfiguri lo spazio preesistente rivelandone prospettive inedite e imponendo nuovi ritmi, mettendone in scacco la percezione egemonica.
2009
architettura; contesto; immateriale; linguaggio; contemporaneità
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Le particelle elementari di Jean Nouvel / Toppetti, Fabrizio. - In: RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA. - ISSN 0392-8608. - STAMPA. - 127/8/9:(2009), pp. 105-115.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/139461
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact