All artistic production of '900 has questioned the concept of “matter”, “duration” and “time” of art. Therefore it seems to lose consistency throughout the conceptual framework and with this how restorative intervention also. Partially in ways that put the crisis of the concept of restoration. For products of modernity, in fact, it is hard to translate simply methods, techniques and interventions as they have been designed for the monuments of past ages; instead it must instead locate necessarily new interpretations. The case of the iron sculptures can be considered exemplary. Starting from these works is possible to understand the contradictions of “restoration”. Then you can experience a new way of understanding of the degenerative versus time of the artwork. Finally you can understand the new openings of the restoration of the contemporary. These are to be found in the interconnection between the conservation, maintenance and enhancement artworks
Tutta la produzione artistica del ‘900 ha messo in discussione il concetto di “materia”, di “durata”, la temporalità stessa dell’opera d’arte e le modalità con le quali essa si restituisce al nostro tempo e alla nostra percezione mettono in crisi l’idea di eternità che l’arte classica ci ha tramandato. Di conseguenza sembra perdere di consistenza anche tutto l’apparato concettuale e le modalità d’intervento con il quale fino ad oggi si è lavorato per qualificare l’azione restaurativa. Eppure per la vocazione all’effimero o forse per la fragilità dei materiali con i quali sono costituite o per il diverso tipo di lavorazione a cui sono sottoposti o per veri e propri errori di manipolazione dei materiali tradizionali, le opere d’arte della contemporaneità sono molto più vulnerabili delle antiche e necessitano di molte cure e, talvolta, anche di interventi più consistenti che potremmo definire di “restauro”. Il termine “restauro” qui è volutamente messo tra virgolette, poiché -come si è già detto- appare difficile poter semplicemente traslare per i prodotti della contemporaneità i metodi, le tecniche di intervento già selezionate per gli edifici di epoche lontane, si devono invece individuare necessariamente nuove chiavi di lettura e criteri d’intervento specifici. Il caso delle sculture in ferro può essere considerato esemplare per la problematica del restauro nei prodotti artistici della contemporaneità, poiché, pur essendo un materiale da sempre usato nell’arte e nell’architettura, oggi è possibile trovarlo in opere ed assemblaggi di difficile conservazione. Nel ferro i processi di corrosione s’innescano facilmente, specialmente nell’esposizione all’aperto a cui queste opere sono per la maggior parte sottese. Già i soli componenti atmosferici sono aggressivi nei loro confronti, senza valutare le pioggie acide, le escursioni termiche e le correnti disperse. La corrosione è l’effetto più comune del degrado di tale materia. Il deterioramento in principio attacca la superficie, poi procede lentamente all’interno della struttura materia generando lamellazioni, fessurazioni, rigonfiamenti fino alla perdita totale di consistenza dell’elemento. I prodotti di tali alterazioni, quindi non sono semplici patine, bensì polveri e strati porosi che facilitano l’innescarsi in profondità dei fenomeni corrosivi secondo un principio esponenziale. In seguito a ciò la materia è alterata nella struttura e nell’aspetto. La “patina” del ferro, l’immagine poetica del tempo che la ruggine disegna sulla superficie delle opere d’arte è un prodotto chimicamente assai instabile e il passaggio tra stato di fatiscenza e processo corrosivo profondo è assai rapido. Il non comprendere la criticità di talune situazioni può portare alla perdita totale dell’opera. E ciò è accaduto ed anche piuttosto spesso nella storia; tanto è che ci si è trovati nella decisione incresciosa di dover demolire un’opera d’arte o di architettura in ferro. È Il caso della rimozione obbligata degli apparati di ghisa applicati a Ponte Sisto a Roma, oppure dello smantellamento del Teatro Continuo elaborato da Burri per la 15 triennale di Milano nel 1973, oppure del recente abbattimento dell’opera dell’artista brasiliano Milton Machado, il “Modulo di distruzione Alfa”, posta innanzi al palazzo Di Lorenzo di Gibellina ed oggi rimessa in discarica come ferro vecchio. In realtà le condizioni conservative a cui giunge tale genere di opere è, talvolta, davvero critico e ciò comporta una serie di riflessioni innanzitutto relative all’approccio teorico alla loro conservazione, poi anche pratiche; poiché il problema non consiste solo nell’individuazione di un metodo di pulitura o dell’individuazione di protezioni più adeguate, bensì di comprendere quanto la “patina degenerativa” possa essere stata voluta e programmata dall’artista, quanto la dimensione del tempo dell’opera possa legarsi al nostro concetto di restauro o se la sostenibilità dell’azione conservativa richieda invece un’implementazione dei classici provvedimenti con di un altro genere di operatività. Un’operatività ampia rivolta alla valorizzazione del patrimonio artistico di cui tutti noi siamo detentori. La valorizzazione e la conservazione non costituiscono delle azioni agli antipodi, né in contraddizione l’uno all’altra, invece rappresentano degli strumenti congruenti per la salvaguardia dei beni culturali, specialmente per le opere d’arte contemporanea per le quali è più difficile comprenderne il significato e riconoscerne il valore
Sulla difficile conservazione delle opere in ferro dell’arte contemporanea / Vitiello, Maria. - In: SCIENZA E BENI CULTURALI. - ISSN 2039-9790. - (2015), pp. 671-682. ((Intervento presentato al convegno Metalli in architettura. Conoscenza, Conservazione, Innovazione. tenutosi a Bressanone.
Sulla difficile conservazione delle opere in ferro dell’arte contemporanea
Vitiello, Maria
Primo
2015
Abstract
Tutta la produzione artistica del ‘900 ha messo in discussione il concetto di “materia”, di “durata”, la temporalità stessa dell’opera d’arte e le modalità con le quali essa si restituisce al nostro tempo e alla nostra percezione mettono in crisi l’idea di eternità che l’arte classica ci ha tramandato. Di conseguenza sembra perdere di consistenza anche tutto l’apparato concettuale e le modalità d’intervento con il quale fino ad oggi si è lavorato per qualificare l’azione restaurativa. Eppure per la vocazione all’effimero o forse per la fragilità dei materiali con i quali sono costituite o per il diverso tipo di lavorazione a cui sono sottoposti o per veri e propri errori di manipolazione dei materiali tradizionali, le opere d’arte della contemporaneità sono molto più vulnerabili delle antiche e necessitano di molte cure e, talvolta, anche di interventi più consistenti che potremmo definire di “restauro”. Il termine “restauro” qui è volutamente messo tra virgolette, poiché -come si è già detto- appare difficile poter semplicemente traslare per i prodotti della contemporaneità i metodi, le tecniche di intervento già selezionate per gli edifici di epoche lontane, si devono invece individuare necessariamente nuove chiavi di lettura e criteri d’intervento specifici. Il caso delle sculture in ferro può essere considerato esemplare per la problematica del restauro nei prodotti artistici della contemporaneità, poiché, pur essendo un materiale da sempre usato nell’arte e nell’architettura, oggi è possibile trovarlo in opere ed assemblaggi di difficile conservazione. Nel ferro i processi di corrosione s’innescano facilmente, specialmente nell’esposizione all’aperto a cui queste opere sono per la maggior parte sottese. Già i soli componenti atmosferici sono aggressivi nei loro confronti, senza valutare le pioggie acide, le escursioni termiche e le correnti disperse. La corrosione è l’effetto più comune del degrado di tale materia. Il deterioramento in principio attacca la superficie, poi procede lentamente all’interno della struttura materia generando lamellazioni, fessurazioni, rigonfiamenti fino alla perdita totale di consistenza dell’elemento. I prodotti di tali alterazioni, quindi non sono semplici patine, bensì polveri e strati porosi che facilitano l’innescarsi in profondità dei fenomeni corrosivi secondo un principio esponenziale. In seguito a ciò la materia è alterata nella struttura e nell’aspetto. La “patina” del ferro, l’immagine poetica del tempo che la ruggine disegna sulla superficie delle opere d’arte è un prodotto chimicamente assai instabile e il passaggio tra stato di fatiscenza e processo corrosivo profondo è assai rapido. Il non comprendere la criticità di talune situazioni può portare alla perdita totale dell’opera. E ciò è accaduto ed anche piuttosto spesso nella storia; tanto è che ci si è trovati nella decisione incresciosa di dover demolire un’opera d’arte o di architettura in ferro. È Il caso della rimozione obbligata degli apparati di ghisa applicati a Ponte Sisto a Roma, oppure dello smantellamento del Teatro Continuo elaborato da Burri per la 15 triennale di Milano nel 1973, oppure del recente abbattimento dell’opera dell’artista brasiliano Milton Machado, il “Modulo di distruzione Alfa”, posta innanzi al palazzo Di Lorenzo di Gibellina ed oggi rimessa in discarica come ferro vecchio. In realtà le condizioni conservative a cui giunge tale genere di opere è, talvolta, davvero critico e ciò comporta una serie di riflessioni innanzitutto relative all’approccio teorico alla loro conservazione, poi anche pratiche; poiché il problema non consiste solo nell’individuazione di un metodo di pulitura o dell’individuazione di protezioni più adeguate, bensì di comprendere quanto la “patina degenerativa” possa essere stata voluta e programmata dall’artista, quanto la dimensione del tempo dell’opera possa legarsi al nostro concetto di restauro o se la sostenibilità dell’azione conservativa richieda invece un’implementazione dei classici provvedimenti con di un altro genere di operatività. Un’operatività ampia rivolta alla valorizzazione del patrimonio artistico di cui tutti noi siamo detentori. La valorizzazione e la conservazione non costituiscono delle azioni agli antipodi, né in contraddizione l’uno all’altra, invece rappresentano degli strumenti congruenti per la salvaguardia dei beni culturali, specialmente per le opere d’arte contemporanea per le quali è più difficile comprenderne il significato e riconoscerne il valoreFile | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Vitiello_Difficile-conservazione-ferro_2015pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
3.98 MB
Formato
Unknown
|
3.98 MB | Unknown | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.