Il coinvolgimento dei diversi campi del sapere sulle questioni generate dal complesso rapporto che l'edificato instaura con il suo strato di finitura è strettamente correlato ai diversi approcci che dal finire degli anni Sessanta del XX secolo si sono avuti rispetto alla questione del colore della città storica. Da un avvicinamento prevalentemente di tipo estetico - dapprima sostanziato da pratiche di cantiere a volte semplicistiche, spesso, ordinate dagli stessi Regolamenti edilizi comunali, poi sostenuto da dottrine orientate verso la drastica manutenzione delle vecchie superfici - si sono confrontate, con crescente consapevolezza, le esigenze della storia e della conservazione della materia, per la definizione di una più rigorosa e minimale azione restaurativa. Tuttavia, nonostante gli approfondimenti teorici e gli sviluppi anche scientifici che il settore ha avuto negli ultimi decenni, ancora si è lontani dal riuscire ad affrontare con criteri unitari e condivisi gli interventi sulle superfici storiche. L'attualità rivela tuttora grandi contrasti tra gli orientamenti teorici, i quali sono difficilmente colmabili da definizioni assolute o da codificazioni aprioristiche. Al di là delle predilezioni personali, per l'attitudine ad un'azione di sommo rigore nella riduzione al "minimo" dell’intervento, o, viceversa, per una più consistente opera di ripristino, la mediazione tra gli estremi potrebbe essere trovata soltanto nell'evidenza materiale del costruito storico. Esso, se correttamente indagato nella sua specificità, ha la forza di rivelare la soluzione più equilibrata, più opportuna, forse anche di compromesso tra i diversi assunti concettuali. L'indicazione di un orientamento metodologico che scarta l'apriori, in effetti, non solo sembra prediligere la prassi del cosiddetto "caso per caso", ma prospetta una palese contraddizione con la volontà di individuare un sistema di lettura della complessità dell'ambiente urbano e delle superfici storiche che lo qualificano. Le incoerenze, però, sono solo apparenti. In realtà, l'asserzione è funzionale al proposito di ribadire, se pure ce ne fosse ancora bisogno, la centralità del progetto nell'azione restaurativa dei fronti urbani. Una progettualità che non può essere ristretta ad una selezione più o meno coscienziosa e corretta delle tinte che compongono la tavolozza delle possibili scelte cromatiche da individuare per l'esterno dell'edificio. Bensì ha la necessità di estendersi alla comprensione di tutti quegli elementi distintivi che legano l'edilizia alla città agli uomini che la vivono in un reciproco comporsi di immagini, di rimandi, di memorie. In altri termini, non si considera semplicemente l'eventualità di poter eccettuare dal progetto di restauro architettonico, quello relativo al solo involucro esterno, valutando in esso tutte le specificità che qualificano lo stato di conservazione della materia. Circostanza, questa che indurrebbe, in ogni caso, ad una visione distorta, in quanto parziale, del tema delle facciate. Invece, si vuole esaminare lo statuto del prospetto e delle cromie che ad esso si legano, nelle molteplici funzioni che questo svolge, sia alla scala edilizia, sia in quella urbana.

Il testo e il Con-testo. Per una scrittura narrativa della facies urbana attraverso le superfici e le cromie / Vitiello, Maria. - 1:VII A(2011), pp. 604-610. (Intervento presentato al convegno Conferenza del Colore tenutosi a Roma).

Il testo e il Con-testo. Per una scrittura narrativa della facies urbana attraverso le superfici e le cromie

Vitiello, Maria
Primo
2011

Abstract

Il coinvolgimento dei diversi campi del sapere sulle questioni generate dal complesso rapporto che l'edificato instaura con il suo strato di finitura è strettamente correlato ai diversi approcci che dal finire degli anni Sessanta del XX secolo si sono avuti rispetto alla questione del colore della città storica. Da un avvicinamento prevalentemente di tipo estetico - dapprima sostanziato da pratiche di cantiere a volte semplicistiche, spesso, ordinate dagli stessi Regolamenti edilizi comunali, poi sostenuto da dottrine orientate verso la drastica manutenzione delle vecchie superfici - si sono confrontate, con crescente consapevolezza, le esigenze della storia e della conservazione della materia, per la definizione di una più rigorosa e minimale azione restaurativa. Tuttavia, nonostante gli approfondimenti teorici e gli sviluppi anche scientifici che il settore ha avuto negli ultimi decenni, ancora si è lontani dal riuscire ad affrontare con criteri unitari e condivisi gli interventi sulle superfici storiche. L'attualità rivela tuttora grandi contrasti tra gli orientamenti teorici, i quali sono difficilmente colmabili da definizioni assolute o da codificazioni aprioristiche. Al di là delle predilezioni personali, per l'attitudine ad un'azione di sommo rigore nella riduzione al "minimo" dell’intervento, o, viceversa, per una più consistente opera di ripristino, la mediazione tra gli estremi potrebbe essere trovata soltanto nell'evidenza materiale del costruito storico. Esso, se correttamente indagato nella sua specificità, ha la forza di rivelare la soluzione più equilibrata, più opportuna, forse anche di compromesso tra i diversi assunti concettuali. L'indicazione di un orientamento metodologico che scarta l'apriori, in effetti, non solo sembra prediligere la prassi del cosiddetto "caso per caso", ma prospetta una palese contraddizione con la volontà di individuare un sistema di lettura della complessità dell'ambiente urbano e delle superfici storiche che lo qualificano. Le incoerenze, però, sono solo apparenti. In realtà, l'asserzione è funzionale al proposito di ribadire, se pure ce ne fosse ancora bisogno, la centralità del progetto nell'azione restaurativa dei fronti urbani. Una progettualità che non può essere ristretta ad una selezione più o meno coscienziosa e corretta delle tinte che compongono la tavolozza delle possibili scelte cromatiche da individuare per l'esterno dell'edificio. Bensì ha la necessità di estendersi alla comprensione di tutti quegli elementi distintivi che legano l'edilizia alla città agli uomini che la vivono in un reciproco comporsi di immagini, di rimandi, di memorie. In altri termini, non si considera semplicemente l'eventualità di poter eccettuare dal progetto di restauro architettonico, quello relativo al solo involucro esterno, valutando in esso tutte le specificità che qualificano lo stato di conservazione della materia. Circostanza, questa che indurrebbe, in ogni caso, ad una visione distorta, in quanto parziale, del tema delle facciate. Invece, si vuole esaminare lo statuto del prospetto e delle cromie che ad esso si legano, nelle molteplici funzioni che questo svolge, sia alla scala edilizia, sia in quella urbana.
2011
Conferenza del Colore
piani colore; cromie urbane; progetto conservazione
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Il testo e il Con-testo. Per una scrittura narrativa della facies urbana attraverso le superfici e le cromie / Vitiello, Maria. - 1:VII A(2011), pp. 604-610. (Intervento presentato al convegno Conferenza del Colore tenutosi a Roma).
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