La ricerca è stata condotta partendo dall’esposizione generale del tema in oggetto fino a scendere al particolare del caso studio. Così, nel primo capitolo della dissertazione si è voluto mettere in luce gli aspetti maggiormente significativi per lo sviluppo dell’architettura domestica presso i Romani. È stata proposta una visione d’insieme sulla storia dell’edilizia abitativa a Ostia, fino a discutere di quei casi definiti dalla letteratura come precedenti architettonici della tipologia edilizia del caseggiato ad affitto. Dove è stato possibile, le case ostiensi esaminate sono state messe in relazione con altre architetture note, di Roma, di Pompei e di altri siti dell’Italia centrale, individuandone per ognuno la soluzione compositiva alla base. A differenza di altri siti, almeno fino a tutto l’alto impero, si è dimostrato per le case di Ostia l’appartenenza a una «tradizione» costruttiva consolidata nel corso dell’età repubblicana, che resiste e mantiene più o meno le stesse caratteristiche per diversi secoli. Si è arrivato a mettere in ordine gli aspetti cardine di una politica edilizia unitaria che si sarebbe manifestata nell’Urbe già a partire dalla fine dell’età neroniana. Con esempi specifici che spaziano da Ostia, a Roma, agli edifici definibili «non aulici» di Villa Adriana - Caserma, Hospitalia e Triclinio Imperiale, nel secondo capitolo è stato introdotto il tema delle soluzioni compositive comuni che dovevano ricorrere nella progettazione di nuovi quartieri e che possono essere considerate un leitmotiv dell’edilizia di II sec. d.C. Un’indagine del genere non ha riguardato soltanto le planimetrie degli edifici, ma in particolar modo l’architettura degli alzati, dove è stato dimostrato quanto la soluzione del balcone su mensole risultasse una peculiarità del repertorio formale dell’epoca. Seppur con diversa destinazione d’uso, tale elemento contribuiva alla formazione di un’estetica dell’architettura, sia abitativa sia monumentale. In più, il campione di edifici che è stato considerato per i confronti non si è limitato alla sfera domestica privata, ma ha toccato altresì realizzazioni di matrice imperiale (Domus Tiberiana, Horti sallustiani), o altri complessi a destinazione utilitaristica (edifici «non aulici» di villa Adriana, esedra delle terme di Traiano). Fra le varie soluzioni dettate da modelli precostituiti, in materia di pianificazione urbana è stata analizzata la porticus in linea del tipo a pilastri. Nel terzo capitolo, il più compilativo dal punto di vista filologico, si è reso necessario precisare la definizione di insula nel mondo antico, terminologia contraddistinta da un significato abbastanza eterogeneo, che si sposta dal campo «urbanistico» nel connotare interi brani di città, fino a intendere specificatamente un immobile, o parte di esso, che si erige sull’isolato. Tale accezione è molto distante dal significato assunto dallo stesso termine nella letteratura archeologica contemporanea. Prima di passare allo studio mirato del Caseggiato del Serapide, nel quarto capitolo sono state passate in rassegna le varie tipologie abitative che possono essere individuate nel sito di Ostia. Il discorso tipologico è risultato efficace per cogliere le diverse soluzioni progettuali che animavano una forma d’architettura domestica fortemente funzionale, senza incappare nell’errore di semplificare la ricerca in materia della storia dell’architettura romana, unicamente alla tipologia. Infine, il corpo più importante di tutta la ricerca è costituito dal quinto capitolo unicamente dedicato al caso-studio, poiché il testo racchiude il risultato delle attività sul campo ed è inoltre arricchito degli elaborati grafici prodotti grazie alla campagna di rilievo, strumentale e diretto. L’approccio metodologico che è stato seguito per le indagini in situ ha posto le ragioni scientifiche nel campo dell’archeologia dell’architettura. In coda al lavoro, agli ambienti maggiormente significativi del complesso sono state dedicate specifiche schede descrittive in cui sono state individuate le unità stratigrafiche che compongono gli apparecchi murari.

Edilizia abitativa della piena età imperiale. Il caseggiato del Serapide a Ostia come caso studio / Bigi, Daniele. - (2020 Feb 26).

Edilizia abitativa della piena età imperiale. Il caseggiato del Serapide a Ostia come caso studio

BIGI, DANIELE
26/02/2020

Abstract

La ricerca è stata condotta partendo dall’esposizione generale del tema in oggetto fino a scendere al particolare del caso studio. Così, nel primo capitolo della dissertazione si è voluto mettere in luce gli aspetti maggiormente significativi per lo sviluppo dell’architettura domestica presso i Romani. È stata proposta una visione d’insieme sulla storia dell’edilizia abitativa a Ostia, fino a discutere di quei casi definiti dalla letteratura come precedenti architettonici della tipologia edilizia del caseggiato ad affitto. Dove è stato possibile, le case ostiensi esaminate sono state messe in relazione con altre architetture note, di Roma, di Pompei e di altri siti dell’Italia centrale, individuandone per ognuno la soluzione compositiva alla base. A differenza di altri siti, almeno fino a tutto l’alto impero, si è dimostrato per le case di Ostia l’appartenenza a una «tradizione» costruttiva consolidata nel corso dell’età repubblicana, che resiste e mantiene più o meno le stesse caratteristiche per diversi secoli. Si è arrivato a mettere in ordine gli aspetti cardine di una politica edilizia unitaria che si sarebbe manifestata nell’Urbe già a partire dalla fine dell’età neroniana. Con esempi specifici che spaziano da Ostia, a Roma, agli edifici definibili «non aulici» di Villa Adriana - Caserma, Hospitalia e Triclinio Imperiale, nel secondo capitolo è stato introdotto il tema delle soluzioni compositive comuni che dovevano ricorrere nella progettazione di nuovi quartieri e che possono essere considerate un leitmotiv dell’edilizia di II sec. d.C. Un’indagine del genere non ha riguardato soltanto le planimetrie degli edifici, ma in particolar modo l’architettura degli alzati, dove è stato dimostrato quanto la soluzione del balcone su mensole risultasse una peculiarità del repertorio formale dell’epoca. Seppur con diversa destinazione d’uso, tale elemento contribuiva alla formazione di un’estetica dell’architettura, sia abitativa sia monumentale. In più, il campione di edifici che è stato considerato per i confronti non si è limitato alla sfera domestica privata, ma ha toccato altresì realizzazioni di matrice imperiale (Domus Tiberiana, Horti sallustiani), o altri complessi a destinazione utilitaristica (edifici «non aulici» di villa Adriana, esedra delle terme di Traiano). Fra le varie soluzioni dettate da modelli precostituiti, in materia di pianificazione urbana è stata analizzata la porticus in linea del tipo a pilastri. Nel terzo capitolo, il più compilativo dal punto di vista filologico, si è reso necessario precisare la definizione di insula nel mondo antico, terminologia contraddistinta da un significato abbastanza eterogeneo, che si sposta dal campo «urbanistico» nel connotare interi brani di città, fino a intendere specificatamente un immobile, o parte di esso, che si erige sull’isolato. Tale accezione è molto distante dal significato assunto dallo stesso termine nella letteratura archeologica contemporanea. Prima di passare allo studio mirato del Caseggiato del Serapide, nel quarto capitolo sono state passate in rassegna le varie tipologie abitative che possono essere individuate nel sito di Ostia. Il discorso tipologico è risultato efficace per cogliere le diverse soluzioni progettuali che animavano una forma d’architettura domestica fortemente funzionale, senza incappare nell’errore di semplificare la ricerca in materia della storia dell’architettura romana, unicamente alla tipologia. Infine, il corpo più importante di tutta la ricerca è costituito dal quinto capitolo unicamente dedicato al caso-studio, poiché il testo racchiude il risultato delle attività sul campo ed è inoltre arricchito degli elaborati grafici prodotti grazie alla campagna di rilievo, strumentale e diretto. L’approccio metodologico che è stato seguito per le indagini in situ ha posto le ragioni scientifiche nel campo dell’archeologia dell’architettura. In coda al lavoro, agli ambienti maggiormente significativi del complesso sono state dedicate specifiche schede descrittive in cui sono state individuate le unità stratigrafiche che compongono gli apparecchi murari.
26-feb-2020
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1381700
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