The paper analyzes judgment no. 242/2019 of the Constitutional Court, which rewrote art. 580 of the Italian Criminal Code, by a very detailed manipulative and additive ruling. Aid to suicide remains a crime, but the person who facilitates the execution of the suicidal purpose is no longer punishable in cases where the suicidal aspirant is in certain conditions, verified by public structures of the national health system and by the territorially competent ethical committees. The sentence, which is a “legislative” and derogating rule, is criticized by the Author as it opens a gap in the guarantees placed to protect right to life, despite the fact that the Court defines it the most inviolable right and premise for the exercise of all other rights; the judgment is then based on the questionable assumption that refusing health treatments is the same as intentionally procuring death, as well as on the idea that suicide aid could be qualified as health treatment, in disagreement with the opinion of scientific medical societies. However, the Author considers appreciable that the Court has clarified that from the right to life derives the State’s duty to protect life and not to recognize aid to die; and that, consequently, there is no duty of the doctors to grant these requests. Equally appreciable are the statements on the priority of palliative care, a pre-requisite for other choices, an aspect of the fundamental right to health, as well as a universally recognized human right, very different from “non-punishable” paths. The failure to accentuate the concept of dignity understood in a subjective sense, which had instead characterized the previous order n. 207/2018 of the Constitutional Court, is also considered positive. Finally, the Author wonders about the risks associated with a law on the matter, considered not strictly mandatory, for the very fact that the Court, after leaving a year to the Parliament to adopt a law on assisted medical suicide, decided to pronounce this judgment to remove the constitutional weak point (vulnus).

L'articolo analizza la sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, che ha riscritto l’art. 580 c.p., con una sentenza manipolativa e additiva molto dettagliata. L’aiuto al suicidio resta reato, ma non è più punibile colui che agevola l’esecuzione del proposito suicida nei casi in cui l’aspirante suicida si trova in alcune condizioni, verificate da strutture pubbliche del sistema sanitario nazionale e dai comitati etici territorialmente competenti. La sentenza, di carattere normativo derogatorio, viene criticata dall’Autrice in quanto apre una fessura nelle garanzie poste a tutela della vita, nonostante la stessa Corte lo definisca primo dei diritti inviolabili e presupposto per l’esercizio di tutti gli altri diritti; la sentenza si basa poi sul discutibile presupposto che rifiutare trattamenti sanitari equivalga al procurare intenzionalmente la morte, oltre che sull’idea che l’aiuto al suicidio possa qualificarsi trattamento sanitario, in disaccordo con l’opinione delle società mediche scientifiche. Tuttavia l’A. considera apprezzabile che la Corte abbia chiarito che dal diritto alla vita discende il dovere dello Stato di tutelare la vita e non quello di riconoscere un aiuto a morire; e che, di conseguenza, non sussiste alcun dovere dei medici di esaudire tali richieste. Altrettanto apprezzabili sono ritenute le affermazioni sulla priorità delle cure palliative, un pre-requisito di altre scelte, un aspetto del diritto fondamentale alla salute e un diritto umano riconosciuto universalmente, ben diverso da percorsi di “non punibilità”. Positiva viene ritenuta anche la mancata accentuazione del concetto di dignità intesa in senso soggettivo, che aveva caratterizzato invece la precedente ordinanza della Corte cost. n. 207/2018. L’A. si interroga infine sui rischi legati ad una legge in materia, ritenuta non strettamente obbligatoria, per il fatto stesso che la Corte, dopo aver lasciato un anno al Parlamento per disciplinare il suicidio medicalmente assistito, abbia ritenuto di pronunciare questa sentenza per rimuovere il vulnus costituzionale.

Nessun diritto di assistenza al suicidio e priorità per le cure palliative, ma la Corte costituzionale crea una deroga all’inviolabilità della vita e chiama «terapia» l’aiuto al suicidio / Razzano, Giovanna. - In: DIRITTIFONDAMENTALI.IT. - ISSN 2240-9823. - Anno 2020:1(2020), pp. 640-660.

Nessun diritto di assistenza al suicidio e priorità per le cure palliative, ma la Corte costituzionale crea una deroga all’inviolabilità della vita e chiama «terapia» l’aiuto al suicidio

giovanna razzano
2020

Abstract

The paper analyzes judgment no. 242/2019 of the Constitutional Court, which rewrote art. 580 of the Italian Criminal Code, by a very detailed manipulative and additive ruling. Aid to suicide remains a crime, but the person who facilitates the execution of the suicidal purpose is no longer punishable in cases where the suicidal aspirant is in certain conditions, verified by public structures of the national health system and by the territorially competent ethical committees. The sentence, which is a “legislative” and derogating rule, is criticized by the Author as it opens a gap in the guarantees placed to protect right to life, despite the fact that the Court defines it the most inviolable right and premise for the exercise of all other rights; the judgment is then based on the questionable assumption that refusing health treatments is the same as intentionally procuring death, as well as on the idea that suicide aid could be qualified as health treatment, in disagreement with the opinion of scientific medical societies. However, the Author considers appreciable that the Court has clarified that from the right to life derives the State’s duty to protect life and not to recognize aid to die; and that, consequently, there is no duty of the doctors to grant these requests. Equally appreciable are the statements on the priority of palliative care, a pre-requisite for other choices, an aspect of the fundamental right to health, as well as a universally recognized human right, very different from “non-punishable” paths. The failure to accentuate the concept of dignity understood in a subjective sense, which had instead characterized the previous order n. 207/2018 of the Constitutional Court, is also considered positive. Finally, the Author wonders about the risks associated with a law on the matter, considered not strictly mandatory, for the very fact that the Court, after leaving a year to the Parliament to adopt a law on assisted medical suicide, decided to pronounce this judgment to remove the constitutional weak point (vulnus).
2020
L'articolo analizza la sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, che ha riscritto l’art. 580 c.p., con una sentenza manipolativa e additiva molto dettagliata. L’aiuto al suicidio resta reato, ma non è più punibile colui che agevola l’esecuzione del proposito suicida nei casi in cui l’aspirante suicida si trova in alcune condizioni, verificate da strutture pubbliche del sistema sanitario nazionale e dai comitati etici territorialmente competenti. La sentenza, di carattere normativo derogatorio, viene criticata dall’Autrice in quanto apre una fessura nelle garanzie poste a tutela della vita, nonostante la stessa Corte lo definisca primo dei diritti inviolabili e presupposto per l’esercizio di tutti gli altri diritti; la sentenza si basa poi sul discutibile presupposto che rifiutare trattamenti sanitari equivalga al procurare intenzionalmente la morte, oltre che sull’idea che l’aiuto al suicidio possa qualificarsi trattamento sanitario, in disaccordo con l’opinione delle società mediche scientifiche. Tuttavia l’A. considera apprezzabile che la Corte abbia chiarito che dal diritto alla vita discende il dovere dello Stato di tutelare la vita e non quello di riconoscere un aiuto a morire; e che, di conseguenza, non sussiste alcun dovere dei medici di esaudire tali richieste. Altrettanto apprezzabili sono ritenute le affermazioni sulla priorità delle cure palliative, un pre-requisito di altre scelte, un aspetto del diritto fondamentale alla salute e un diritto umano riconosciuto universalmente, ben diverso da percorsi di “non punibilità”. Positiva viene ritenuta anche la mancata accentuazione del concetto di dignità intesa in senso soggettivo, che aveva caratterizzato invece la precedente ordinanza della Corte cost. n. 207/2018. L’A. si interroga infine sui rischi legati ad una legge in materia, ritenuta non strettamente obbligatoria, per il fatto stesso che la Corte, dopo aver lasciato un anno al Parlamento per disciplinare il suicidio medicalmente assistito, abbia ritenuto di pronunciare questa sentenza per rimuovere il vulnus costituzionale.
corte costituzionale; aiuto al suicidio; suicidio medicalmente assistito; cure palliative; obiezione di coscienza
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Nessun diritto di assistenza al suicidio e priorità per le cure palliative, ma la Corte costituzionale crea una deroga all’inviolabilità della vita e chiama «terapia» l’aiuto al suicidio / Razzano, Giovanna. - In: DIRITTIFONDAMENTALI.IT. - ISSN 2240-9823. - Anno 2020:1(2020), pp. 640-660.
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Note: http://dirittifondamentali.it/2020/03/03/nessun-diritto-di-assistenza-al-suicidio-e-priorita-per-le-cure-palliative-ma-la-corte-costituzionale-crea-una-deroga-allinviolabilita-della-vita-e-chiama-terapia-laiuto/
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