Oggetto della ricerca. Nell’ambito delle rappresentazioni stereotipate del mondo orientale, costituite dalla letteratura proveniente dalle tradizioni greca, cristiana e medievale sull’India e sui suoi abitanti, si colloca la Collatio Alexandri et Dindimi, come testimonianza significativa della costruzione simbolica di un ritratto convenzionale dei saggi indiani. Essa ha costituito il fulcro di questa ricerca. Si tratta della corrispondenza apocrifa tra Alessandro Magno e Dindimo il re dei Bramani, un documento latino di epoca tardo-antica, datato agli inizi del V secolo d. C., scritto da un anonimo autore cristiano. Essa è composta da cinque lettere, di cui la prima, la terza e la quinta sono attribuite ad Alessandro, e le altre due al bramano Dindimo. L’epistolario, che rientra negli scritti minori afferenti al corpus latino del Romanzo di Alessandro, era circolato per vari secoli come documento indipendente. La ricostruzione della complessa trasmissione del testo mostra come della Collatio esistano altre due versioni differenti, una databile al X secolo, presente nel solo manoscritto di Bamberga Hist. 3 (precedentemente E. III. 14), l’altra interpolata nelle recensioni J1, J2 e J3 dell’Historia de preliis di Leone Arciprete, di cui le prime due appartengono all’XI secolo, la terza al XIII. Nel corso del Medioevo vi furono numerosi rifacimenti di tale corrispondenza, che venne variamente riutilizzata e inserita, spesso con notevoli modificazioni testuali, nelle cronografie e nelle enciclopedie di letterati ed eruditi, come Giovanni di Salisbury, Vincenzo di Beauvais, o Ranulfo di Higden. La Collatio fa parte del gruppo dei cosiddetti “trattati indiani” – secondo la definizione di G. Cary –, che per la maggior parte illustrano i costumi dei Bramani. Descrizione. Nel primo capitolo, innanzi tutto, è stata ricostruita la storia della trasmissione della Collatio, che costituisce una rielaborazione dell’episodio dell’incontro di Alessandro con i gimnosofisti. Sono state presentate poi le vicende testuali degli altri “trattati indiani”: il Commonitorium Palladii, il De Gentibus Indiae et Bragmanibus di Palladio, il De Moribus Brachmanorum di Ambrogio e l’Epistola Alexandri ad Aristotelem. Nel secondo capitolo si è trattato dell’ampia diffusione dei topoi sullo stile di vita dei Bramani, attraverso le fonti greche, gli autori tardo-antichi, i “trattati indiani”, fino ad arrivare alle testimonianze dei Padri della Chiesa. I motivi ricorrenti nelle loro descrizioni sono stati individuati ed esaminati secondo questo schema: a) la nudità; b) la frequentazione di foreste e deserti, i ricoveri nelle caverne; c) il consumo di prodotti spontanei della terra; d) l’astinenza dalla carne; e) l’assenza di malattie e l’indifferenza verso la morte; f) le pratiche di resistenza; g) la programmazione delle nascite; h) l’inattività e la mancanza di civiltà; i) l’esercizio della filosofia; l) la divinazione, l’astrologia, le ordalie e il rapporto con il sacro. Nel terzo capitolo sono state affrontate le questioni esegetiche più rilevanti. Si è potuto constatare come la Collatio debba essere collocata nel filone dell’apologetica cristiana dei secoli II, III e IV, per la quale il bersaglio principale era il sistema delle religioni del mondo classico. Due sono stati i motivi analizzati: a) la polemica di Dindimo contro la pratica del sacrificio cruento; b) le critiche rivolte al culto politeistico. Nel quarto capitolo l’indagine si è rivolta alla fortuna del testo, come testimonianza significativa della ricezione dei topoi sui Bramani in epoca medievale. Sono stati presi in considerazione: a) l’epigramma inviato da Alcuino a Carlo Magno, con la dedica all’imperatore dei due epistolari tra Alessandro e Dindimo, e tra Seneca e Paolo; b) le notizie sui Bramani fornite da Pietro Abelardo nelle sue opere teologiche; c) i passi dei commentari di Alberto Magno all’Ethica e alla Politica di Aristotele, in cui compaiono i Bramani; d) il capitolo del Polycraticus di Giovanni di Salisbury, che ricorda l’esempio positivo dei Bramani; e) il rifacimento della Collatio nello Speculum Historiale di dello Speculum Historiale di Vincenzo di Beauvais; f) il capitolo del Polychronicon di Ranulfo di Higden, dove si trova un riadattamento dell’epistolario, nel quale tre lettere appartengono a Dindimo e due ad Alessandro. Metodologia. Nello svolgimento della ricerca è stato adottato un metodo non fondato puramente sugli strumenti della storia e della filologia, ma si è cercato di tenere conto anche della svolta degli studi antropologici e postcoloniali, della storia delle idee, e del campo storico-religioso. Questo ha costituito il reale aspetto innovativo del lavoro scientifico. Questioni sollevate. Il materiale documentario utilizzato e la bibliografia consultata sono stati selezionati ed esaminati per rispondere a queste tre principali domande: 1. In che modo la visione dell’Oriente fu sviluppata a partire dalla cultura greca? 2. Quale fu la rappresentazione dei Bramani inventata dai “trattati indiani”? 3. Come fu immaginata la società utopica di tale gruppo? Impatto. Il primo evidente risultato di questo studio consiste nella ricostruzione del contesto storico e ideologico della Collatio, nella quale hanno un ruolo determinante due componenti: a) il retaggio greco, che ha costruito i modelli culturali dell’emarginazione dei popoli altri e dell’idealizzazione di una originaria “sapienza orientale”; b) la matrice cristiana, che ha “inventato” un’immagine dei saggi indiani come protocristiani, o cristiani per natura. L’innovazione di questa indagine è emersa dalla comparazione tra i diversi approcci culturali verso la civiltà indiana in genere, e la comunità dei Bramani in particolare. Il secondo esito consistente del lavoro svolto sta nella traduzione e nell’analisi di un testo, che a tutt’oggi in Italia ancora non è conosciuto né è mai stato pubblicato integralmente.

La corrispondenza tra Alessandro e Dindimo: la costruzione dell’immagine dei Bramani / DI SERIO, Chiara. - (2020 Feb 24).

La corrispondenza tra Alessandro e Dindimo: la costruzione dell’immagine dei Bramani

DI SERIO, CHIARA
24/02/2020

Abstract

Oggetto della ricerca. Nell’ambito delle rappresentazioni stereotipate del mondo orientale, costituite dalla letteratura proveniente dalle tradizioni greca, cristiana e medievale sull’India e sui suoi abitanti, si colloca la Collatio Alexandri et Dindimi, come testimonianza significativa della costruzione simbolica di un ritratto convenzionale dei saggi indiani. Essa ha costituito il fulcro di questa ricerca. Si tratta della corrispondenza apocrifa tra Alessandro Magno e Dindimo il re dei Bramani, un documento latino di epoca tardo-antica, datato agli inizi del V secolo d. C., scritto da un anonimo autore cristiano. Essa è composta da cinque lettere, di cui la prima, la terza e la quinta sono attribuite ad Alessandro, e le altre due al bramano Dindimo. L’epistolario, che rientra negli scritti minori afferenti al corpus latino del Romanzo di Alessandro, era circolato per vari secoli come documento indipendente. La ricostruzione della complessa trasmissione del testo mostra come della Collatio esistano altre due versioni differenti, una databile al X secolo, presente nel solo manoscritto di Bamberga Hist. 3 (precedentemente E. III. 14), l’altra interpolata nelle recensioni J1, J2 e J3 dell’Historia de preliis di Leone Arciprete, di cui le prime due appartengono all’XI secolo, la terza al XIII. Nel corso del Medioevo vi furono numerosi rifacimenti di tale corrispondenza, che venne variamente riutilizzata e inserita, spesso con notevoli modificazioni testuali, nelle cronografie e nelle enciclopedie di letterati ed eruditi, come Giovanni di Salisbury, Vincenzo di Beauvais, o Ranulfo di Higden. La Collatio fa parte del gruppo dei cosiddetti “trattati indiani” – secondo la definizione di G. Cary –, che per la maggior parte illustrano i costumi dei Bramani. Descrizione. Nel primo capitolo, innanzi tutto, è stata ricostruita la storia della trasmissione della Collatio, che costituisce una rielaborazione dell’episodio dell’incontro di Alessandro con i gimnosofisti. Sono state presentate poi le vicende testuali degli altri “trattati indiani”: il Commonitorium Palladii, il De Gentibus Indiae et Bragmanibus di Palladio, il De Moribus Brachmanorum di Ambrogio e l’Epistola Alexandri ad Aristotelem. Nel secondo capitolo si è trattato dell’ampia diffusione dei topoi sullo stile di vita dei Bramani, attraverso le fonti greche, gli autori tardo-antichi, i “trattati indiani”, fino ad arrivare alle testimonianze dei Padri della Chiesa. I motivi ricorrenti nelle loro descrizioni sono stati individuati ed esaminati secondo questo schema: a) la nudità; b) la frequentazione di foreste e deserti, i ricoveri nelle caverne; c) il consumo di prodotti spontanei della terra; d) l’astinenza dalla carne; e) l’assenza di malattie e l’indifferenza verso la morte; f) le pratiche di resistenza; g) la programmazione delle nascite; h) l’inattività e la mancanza di civiltà; i) l’esercizio della filosofia; l) la divinazione, l’astrologia, le ordalie e il rapporto con il sacro. Nel terzo capitolo sono state affrontate le questioni esegetiche più rilevanti. Si è potuto constatare come la Collatio debba essere collocata nel filone dell’apologetica cristiana dei secoli II, III e IV, per la quale il bersaglio principale era il sistema delle religioni del mondo classico. Due sono stati i motivi analizzati: a) la polemica di Dindimo contro la pratica del sacrificio cruento; b) le critiche rivolte al culto politeistico. Nel quarto capitolo l’indagine si è rivolta alla fortuna del testo, come testimonianza significativa della ricezione dei topoi sui Bramani in epoca medievale. Sono stati presi in considerazione: a) l’epigramma inviato da Alcuino a Carlo Magno, con la dedica all’imperatore dei due epistolari tra Alessandro e Dindimo, e tra Seneca e Paolo; b) le notizie sui Bramani fornite da Pietro Abelardo nelle sue opere teologiche; c) i passi dei commentari di Alberto Magno all’Ethica e alla Politica di Aristotele, in cui compaiono i Bramani; d) il capitolo del Polycraticus di Giovanni di Salisbury, che ricorda l’esempio positivo dei Bramani; e) il rifacimento della Collatio nello Speculum Historiale di dello Speculum Historiale di Vincenzo di Beauvais; f) il capitolo del Polychronicon di Ranulfo di Higden, dove si trova un riadattamento dell’epistolario, nel quale tre lettere appartengono a Dindimo e due ad Alessandro. Metodologia. Nello svolgimento della ricerca è stato adottato un metodo non fondato puramente sugli strumenti della storia e della filologia, ma si è cercato di tenere conto anche della svolta degli studi antropologici e postcoloniali, della storia delle idee, e del campo storico-religioso. Questo ha costituito il reale aspetto innovativo del lavoro scientifico. Questioni sollevate. Il materiale documentario utilizzato e la bibliografia consultata sono stati selezionati ed esaminati per rispondere a queste tre principali domande: 1. In che modo la visione dell’Oriente fu sviluppata a partire dalla cultura greca? 2. Quale fu la rappresentazione dei Bramani inventata dai “trattati indiani”? 3. Come fu immaginata la società utopica di tale gruppo? Impatto. Il primo evidente risultato di questo studio consiste nella ricostruzione del contesto storico e ideologico della Collatio, nella quale hanno un ruolo determinante due componenti: a) il retaggio greco, che ha costruito i modelli culturali dell’emarginazione dei popoli altri e dell’idealizzazione di una originaria “sapienza orientale”; b) la matrice cristiana, che ha “inventato” un’immagine dei saggi indiani come protocristiani, o cristiani per natura. L’innovazione di questa indagine è emersa dalla comparazione tra i diversi approcci culturali verso la civiltà indiana in genere, e la comunità dei Bramani in particolare. Il secondo esito consistente del lavoro svolto sta nella traduzione e nell’analisi di un testo, che a tutt’oggi in Italia ancora non è conosciuto né è mai stato pubblicato integralmente.
24-feb-2020
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