Questo lavoro nasce con l’obiettivo di comprendere se all’interno delle organizzazioni pubbliche italiane esiste oggi una sensibilità diffusa verso le categorie a rischio di discriminazione e quali sono le strategie di prevenzione e intervento più diffuse. Nello specifico, la ricerca vuole indagare attraverso quali pratiche di comunicazione e inclusione partecipativa si realizza la gestione e la valorizzazione delle differenze all’interno delle amministrazioni italiane più avanzate. Il fattore all’origine di questa esigenza è la tendenza della società a farsi culturalmente sempre più composita e problematica in conseguenza ai grandi cambiamenti in corso, quali la globalizzazione, le migrazioni e la ridefinizione di alcuni confini legati al genere, all’età, all’orientamento sessuale e alle abilità. Il problema è strategico. Qualunque sia la loro missione, le organizzazioni non possono evitare di fronteggiare questo cambio di paradigma e creare un nuovo rapporto di fiducia non solo con i pubblici di riferimento ma anche con i propri dipendenti. Le stesse amministrazioni pubbliche sono inevitabilmente travolte da queste trasformazioni e allo stesso tempo sono deputate a governarle. Le istituzioni, infatti, dovrebbero porsi quali attori strategici nelle azioni di contrasto alle discriminazioni, data la loro duplice veste di promotrici di politiche e di datrici di lavoro. Pertanto, sebbene la maggior parte degli studi in ambito di inclusione riguardi il mondo aziendale, risulta fondamentale comprendere anche come la Pubblica Amministrazione italiana affronti la compresenza di culture diverse e se stia sviluppando o meno politiche specifiche per facilitare l’inserimento e la crescita di dipendenti con caratteristiche specifiche sempre più eterogenee. Questo tipo di indagine richiama l’ambito disciplinare che a livello internazionale è noto come Diversity Management e si concentra sulle peculiarità che il movimento, nato negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta del Novecento e poi diffusosi in Europa, assume oggi nel contesto italiano. Non ci riferiamo semplicemente alla comprensione dei suoi usi e significati, quanto alla questione socioculturale da cui muove l’approccio al diversity nel nostro Paese, dove acquista le specifiche di un problema comunicativo, nella fattispecie di tipo interculturale. Concretamente, dunque, questa ricerca si propone di rispondere alle seguenti domande: esiste una tradizione di diversity in ambito pubblico italiano? Qual è il grado di attenzione riservato dalle istituzioni del nostro Paese a queste tematiche? Quali sono le strategie di intervento più diffuse? Come la comunicazione istituzionale favorisce lo sviluppo delle diversità nelle organizzazioni? Il disegno di ricerca si articola in tre fasi principali in risposta agli obiettivi sopra indicati. Data la novità del tema e la scarsità di esperienze, per individuare una via di entrata al campo di studio, si è partiti dalla mappatura della “Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro”, la dichiarazione di intenti siglata in Italia da enti pubblici e privati a favore della promozione della diversità e delle pari opportunità negli ambienti di lavoro. Per sviluppare la conoscenza del diversity in ambito pubblico, si sono quindi condotte 25 interviste lunghe a testimoni privilegiati, ovvero esperti e studiosi del fenomeno. Successivamente, si sono selezionati e analizzati tre casi studio (Ministero dello Sviluppo Economico, Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Comune di Trieste) individuati tra le istituzioni aderenti alla Carta italiana della Diversità, con l’obiettivo di osservare le pratiche di comunicazione e di gestione del personale concretamente sviluppate. Provando a sintetizzare i risultati ottenuti, l’analisi di scenario evidenzia come, nonostante il notevole interesse manifestato in Italia negli ultimi anni, testimoniato dai numerosi convegni e dibattiti legislativi sull’argomento, in ambito pubblico vi sia ancora una certa distanza tra la teoria e le politiche di inclusione effettivamente promosse. Inoltre, gli interventi programmati sono spesso di tipo episodico e isolati, ovvero non raccordati al piano strategico complessivo. Non si rileva poi nessuna particolare differenza fra le diverse tipologie di istituzioni esplorate, in tutte le quali prevale una scarsa consapevolezza circa la valenza rivestita da queste iniziative, il più delle volte ideate solo per adeguarsi alla prescrizione normativa di turno. Si è poi realizzata una rassegna critica delle tendenze più diffuse a livello pubblico in ambito di diversity emerse attraverso l’analisi delle interviste realizzate con gli esperti del settore. Tra gli aspetti principali figurano l’esigenza di un forte commitment da parte della dirigenza, l’assenza di un sistema di valutazione efficace di queste politiche di inclusione e la necessità di investire sulla formazione, sia sulle attività di sensibilizzazione interne alle organizzazioni sia su quelle da promuovere in ambito scolastico e accademico, in particolare pensando a nuovi corsi universitari finalizzati alla creazione di figure specifiche deputate alla gestione della diversità. Quanto agli esiti dell’ultima azione condotta, ovvero lo studio dei casi selezionati al fine di recuperare degli elementi utili a ricostruire i fattori che possano favorire o ostacolare l’affermazione di politiche di diversity in ambito istituzionale, va segnalato il ruolo fondamentale che assumono le attività di comunicazione, che possiamo declinare in quattro ambiti. Il primo è quello dello sviluppo di un sistema relazionale tra i diversi attori in gioco, ovvero tra i vertici e gli altri livelli organizzativi, che, contrariamente a quanto risulta dalla nostra ricerca, dovrebbero collaborare nel raggiungimento degli obiettivi strategici. Il secondo è quello della conoscenza. È indispensabile che tutti gli uffici interni all’amministrazione comunichino tra di loro per “ufficializzare” quelle che sono le peculiarità, i problemi da includere, superando l’inclinazione comune ad occultarli emersa nel nostro studio. La terza componente essenziale della dimensione comunicativa è quella della condivisione. Sebbene in alcuni casi sia già stato avviato, bisognerebbe ulteriormente promuovere un continuo dialogo non solo tra le istituzioni e i propri dipendenti ma tra le amministrazioni stesse per attivare dei momenti concreti di confronto sulla diversità. La quarta e ultima sfera individuata riguarda la comunicazione esterna che ogni ente sviluppa nei confronti della propria comunità. Rivolgersi a quest’ultima considerando solo l’utente tipo significa ormai escludere un’ampia fetta di persone, magari semplicemente perché di cultura e lingua diversa rispetto a quella nazionale. Appare quindi fondamentale per le istituzioni che vogliano provare a integrare la diversità nella declinazione dei propri contenuti riconoscerla tra i valori guida della propria azione.

Cultural Diversity Management. Le istituzioni pubbliche italiane di fronte alle sfide della diversità culturale / Mauro, Giuseppe. - (2020 Feb 28).

Cultural Diversity Management. Le istituzioni pubbliche italiane di fronte alle sfide della diversità culturale

MAURO, GIUSEPPE
28/02/2020

Abstract

Questo lavoro nasce con l’obiettivo di comprendere se all’interno delle organizzazioni pubbliche italiane esiste oggi una sensibilità diffusa verso le categorie a rischio di discriminazione e quali sono le strategie di prevenzione e intervento più diffuse. Nello specifico, la ricerca vuole indagare attraverso quali pratiche di comunicazione e inclusione partecipativa si realizza la gestione e la valorizzazione delle differenze all’interno delle amministrazioni italiane più avanzate. Il fattore all’origine di questa esigenza è la tendenza della società a farsi culturalmente sempre più composita e problematica in conseguenza ai grandi cambiamenti in corso, quali la globalizzazione, le migrazioni e la ridefinizione di alcuni confini legati al genere, all’età, all’orientamento sessuale e alle abilità. Il problema è strategico. Qualunque sia la loro missione, le organizzazioni non possono evitare di fronteggiare questo cambio di paradigma e creare un nuovo rapporto di fiducia non solo con i pubblici di riferimento ma anche con i propri dipendenti. Le stesse amministrazioni pubbliche sono inevitabilmente travolte da queste trasformazioni e allo stesso tempo sono deputate a governarle. Le istituzioni, infatti, dovrebbero porsi quali attori strategici nelle azioni di contrasto alle discriminazioni, data la loro duplice veste di promotrici di politiche e di datrici di lavoro. Pertanto, sebbene la maggior parte degli studi in ambito di inclusione riguardi il mondo aziendale, risulta fondamentale comprendere anche come la Pubblica Amministrazione italiana affronti la compresenza di culture diverse e se stia sviluppando o meno politiche specifiche per facilitare l’inserimento e la crescita di dipendenti con caratteristiche specifiche sempre più eterogenee. Questo tipo di indagine richiama l’ambito disciplinare che a livello internazionale è noto come Diversity Management e si concentra sulle peculiarità che il movimento, nato negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta del Novecento e poi diffusosi in Europa, assume oggi nel contesto italiano. Non ci riferiamo semplicemente alla comprensione dei suoi usi e significati, quanto alla questione socioculturale da cui muove l’approccio al diversity nel nostro Paese, dove acquista le specifiche di un problema comunicativo, nella fattispecie di tipo interculturale. Concretamente, dunque, questa ricerca si propone di rispondere alle seguenti domande: esiste una tradizione di diversity in ambito pubblico italiano? Qual è il grado di attenzione riservato dalle istituzioni del nostro Paese a queste tematiche? Quali sono le strategie di intervento più diffuse? Come la comunicazione istituzionale favorisce lo sviluppo delle diversità nelle organizzazioni? Il disegno di ricerca si articola in tre fasi principali in risposta agli obiettivi sopra indicati. Data la novità del tema e la scarsità di esperienze, per individuare una via di entrata al campo di studio, si è partiti dalla mappatura della “Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro”, la dichiarazione di intenti siglata in Italia da enti pubblici e privati a favore della promozione della diversità e delle pari opportunità negli ambienti di lavoro. Per sviluppare la conoscenza del diversity in ambito pubblico, si sono quindi condotte 25 interviste lunghe a testimoni privilegiati, ovvero esperti e studiosi del fenomeno. Successivamente, si sono selezionati e analizzati tre casi studio (Ministero dello Sviluppo Economico, Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Comune di Trieste) individuati tra le istituzioni aderenti alla Carta italiana della Diversità, con l’obiettivo di osservare le pratiche di comunicazione e di gestione del personale concretamente sviluppate. Provando a sintetizzare i risultati ottenuti, l’analisi di scenario evidenzia come, nonostante il notevole interesse manifestato in Italia negli ultimi anni, testimoniato dai numerosi convegni e dibattiti legislativi sull’argomento, in ambito pubblico vi sia ancora una certa distanza tra la teoria e le politiche di inclusione effettivamente promosse. Inoltre, gli interventi programmati sono spesso di tipo episodico e isolati, ovvero non raccordati al piano strategico complessivo. Non si rileva poi nessuna particolare differenza fra le diverse tipologie di istituzioni esplorate, in tutte le quali prevale una scarsa consapevolezza circa la valenza rivestita da queste iniziative, il più delle volte ideate solo per adeguarsi alla prescrizione normativa di turno. Si è poi realizzata una rassegna critica delle tendenze più diffuse a livello pubblico in ambito di diversity emerse attraverso l’analisi delle interviste realizzate con gli esperti del settore. Tra gli aspetti principali figurano l’esigenza di un forte commitment da parte della dirigenza, l’assenza di un sistema di valutazione efficace di queste politiche di inclusione e la necessità di investire sulla formazione, sia sulle attività di sensibilizzazione interne alle organizzazioni sia su quelle da promuovere in ambito scolastico e accademico, in particolare pensando a nuovi corsi universitari finalizzati alla creazione di figure specifiche deputate alla gestione della diversità. Quanto agli esiti dell’ultima azione condotta, ovvero lo studio dei casi selezionati al fine di recuperare degli elementi utili a ricostruire i fattori che possano favorire o ostacolare l’affermazione di politiche di diversity in ambito istituzionale, va segnalato il ruolo fondamentale che assumono le attività di comunicazione, che possiamo declinare in quattro ambiti. Il primo è quello dello sviluppo di un sistema relazionale tra i diversi attori in gioco, ovvero tra i vertici e gli altri livelli organizzativi, che, contrariamente a quanto risulta dalla nostra ricerca, dovrebbero collaborare nel raggiungimento degli obiettivi strategici. Il secondo è quello della conoscenza. È indispensabile che tutti gli uffici interni all’amministrazione comunichino tra di loro per “ufficializzare” quelle che sono le peculiarità, i problemi da includere, superando l’inclinazione comune ad occultarli emersa nel nostro studio. La terza componente essenziale della dimensione comunicativa è quella della condivisione. Sebbene in alcuni casi sia già stato avviato, bisognerebbe ulteriormente promuovere un continuo dialogo non solo tra le istituzioni e i propri dipendenti ma tra le amministrazioni stesse per attivare dei momenti concreti di confronto sulla diversità. La quarta e ultima sfera individuata riguarda la comunicazione esterna che ogni ente sviluppa nei confronti della propria comunità. Rivolgersi a quest’ultima considerando solo l’utente tipo significa ormai escludere un’ampia fetta di persone, magari semplicemente perché di cultura e lingua diversa rispetto a quella nazionale. Appare quindi fondamentale per le istituzioni che vogliano provare a integrare la diversità nella declinazione dei propri contenuti riconoscerla tra i valori guida della propria azione.
28-feb-2020
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