La mia ricerca si muove sui due versanti, antico e contemporaneo, delle possibili opzioni politiche dello scetticismo nella sua variante neo-pirroniana, scelta non solo per la disponibilità delle fonti originali, nello specifico le opere di Sesto Empirico, ma anche, a dispetto delle critiche che all’agoge scettica sono state mosse attraverso i secoli, per le declinazioni etiche e pratiche positive, che ritengo si possano ricavare da un attento esame dei testi e della letteratura riguardante questo movimento di pensiero. Il primo capitolo parte da una ridefinizione del concetto stesso di scetticismo, liberandolo dalle misinterpretazioni che ne hanno sistematicamente condizionato l’uso e ricollocandolo nel suo proprio contesto storico e filosofico. Nel descrivere la natura del neo-pirronismo, i suoi scopi e il suo metodo, viene condotta un’analisi ragionata, che tocca prima i temi epistemologici al centro dell’indagine della scepsi e si focalizza poi sui suoi aspetti pratici, mettendo in luce le peculiari implicazioni comportamentali che caratterizzano la vita etica e morale del filosofo pirroniano. Il confronto serrato con i testi sestani permette di dare risposte cogenti e puntuali alle critiche e ai problemi sollevati dagli studiosi, sia riguardo la coerenza interna, che la vivibilità dello scetticismo e, nel contempo, di definire una chiara ‘filosofia dell’azione’ scettica. Il secondo capitolo, entrando nel merito della visione politica neo-pirroniana, cerca di farla emergere direttamente da alcuni lavori di Sesto Empirico: i Lineamenti Pirroniani e i due trattati Contro gli etici e Contro i retori, in un percorso che inizia con l’analisi della critica sestana alla techne peri ton bion, l’arte della vita stoica e delle sue pretese di condurre alla felicità; da tale esame Sesto sembra ricavare delle conseguenze etiche e politiche, la cui efficacia ‘normativa’ risiede nell’aderenza a valori minimali e comuni a tutti gli esseri umani. Segue la trattazione del decimo tropo di Enesidemo, nel quale emergono le contraddizioni e le inevitabili differenze nelle abitudini, nelle usanze e nelle leggi umane: il modo in cui Sesto sviluppa questo tema consente di inquadrare la vita che segue la ‘tradizione delle leggi e dei costumi’, uno dei pilastri dell’agire scettico, in un contesto non necessariamente conformistico o di conservatorismo politico, e rappresenta, inoltre, una risposta etica all’accusa dogmatica di apraxia. Sulla stessa linea viene poi affrontato un vero e proprio case-study sestano, ovvero quello di un tiranno che obblighi lo scettico a compiere azioni turpi e indicibili. La risposta del filosofo a tale situazione-limite, che si può interpretare, dal mio punto di vista, come una proposta politica scettica in senso proprio, è infine discussa e posta a confronto con diverse e contrastanti sue letture contemporanee. Il capitolo si chiude con un’ipotesi originale, che intende rintracciare nel trattato Contro i retori una concezione delle leggi e del giusto compatibile con il metodo e il fine dello scetticismo e dunque coerente con le norme della vita comune (koinos bios), che permettono allo scettico di vivere senza dogmi (adoxastos), attenendosi semplicemente ai fenomeni. Ma quest’ultima analisi è anche il trait d’union con il capitolo successivo, dedicato principalmente a Michael Oakeshott (1901-1990), il quale trae la sua unica citazione esplicita di Sesto Empirico proprio da un paragrafo di Contro i Retori, (M II 33). L’attitudine’ o ‘disposizione’ scettica del filosofo britannico è dunque al centro della parte finale del lavoro, in cui si punta a comprenderne un’eventuale ricaduta sulla sua concezione della filosofia politica, nonché a definirne il reale significato e spessore filosofico, soprattutto in riferimento all’intenso dibattito degli studiosi su tale aspetto del pensiero oakeshottiano. I primi tre paragrafi sono dedicati interamente alla visione filosofica e politica di Michael Oakeshott, di cui viene offerto un ritratto articolato a partire dal suo primo libro, Experience and its Modes, scritto nel 1933 sotto l’influenza dell’idealismo scettico di Herbert Bradley. Dalla teorizzazione della condotta umana sviluppata in On Human Conduct del 1975, si passa all’analisi dei modi di associazione tipici della nostra civiltà, la civil association e l’enterprise association, ovvero la concretizzazione socio-politica della polarità che caratterizzerebbe l’autocoscienza individuale, ovvero quella fra self-enactment e self-disclosure, rispecchiandosi ancora in un’analoga tensione a livello dello stato, espressa nelle forme della nomocrazia e della teleocrazia. Se l’analisi di Oakeshott può apparire astratta, è però l’espressione di un’esigenza descrittiva che parte sempre dal riconoscimento della contingenza e della temporalità dei vissuti umani, che si manifesta in una multiforme esperienza riflessiva, dalla quale non possono mai essere isolati gli aspetti affettivi, emotivi, legati ai bisogni naturali e culturali del soggetto, colto nella sua singolarità e libertà ‘assoluta’ originaria, un individuo che costruisce le forme del suo mutevole Lebenswelt in contesti relazionali e storici che non possono mai essere assolutizzati nelle forme delle filosofie e delle teorie prescrittive, etiche, politiche o metafisiche che siano. Il quarto paragrafo sviluppa il problema dello scetticismo di Oakeshott, a partire dalla letteratura primaria e secondaria: per portare a termine la mia analisi e verificare se l’idea di un’ascendenza di Sesto Empirico su Oakeshott ha un qualche fondamento, viene esplorata l’ipotesi di una linea diretta che colleghi il filosofo greco a Montaigne, e Montaigne a Hobbes, entrambi i quali hanno influenzato fortemente Oakeshott, le cui posizioni sono legate all’idealismo ‘scettico’ di Francis Herbert Bradley. Dopo aver messo in luce le numerose assonanze che sembrano chiaramente sentirsi fra i due pensatori, la ricerca si chiude con una riflessione sulla spendibilità politica di uno scetticismo che, declinato secondo queste linee teoriche e pratiche, potrebbe svolgere nella vita pubblica un importante ruolo di correttivo, non dottrinario e anti-dogmatico, capace di mettere in guardia sui rischi delle visioni ‘fondamentaliste’ di qualsiasi provenienza, ma anche di indirizzare concretamente e realisticamente le scelte della prassi politica.
Senza dogmi. L’opzione politica degli scetticismi antichi e contemporanei / Mastrantonio, Paola. - (2020 Feb 26).
Senza dogmi. L’opzione politica degli scetticismi antichi e contemporanei
MASTRANTONIO, PAOLA
26/02/2020
Abstract
La mia ricerca si muove sui due versanti, antico e contemporaneo, delle possibili opzioni politiche dello scetticismo nella sua variante neo-pirroniana, scelta non solo per la disponibilità delle fonti originali, nello specifico le opere di Sesto Empirico, ma anche, a dispetto delle critiche che all’agoge scettica sono state mosse attraverso i secoli, per le declinazioni etiche e pratiche positive, che ritengo si possano ricavare da un attento esame dei testi e della letteratura riguardante questo movimento di pensiero. Il primo capitolo parte da una ridefinizione del concetto stesso di scetticismo, liberandolo dalle misinterpretazioni che ne hanno sistematicamente condizionato l’uso e ricollocandolo nel suo proprio contesto storico e filosofico. Nel descrivere la natura del neo-pirronismo, i suoi scopi e il suo metodo, viene condotta un’analisi ragionata, che tocca prima i temi epistemologici al centro dell’indagine della scepsi e si focalizza poi sui suoi aspetti pratici, mettendo in luce le peculiari implicazioni comportamentali che caratterizzano la vita etica e morale del filosofo pirroniano. Il confronto serrato con i testi sestani permette di dare risposte cogenti e puntuali alle critiche e ai problemi sollevati dagli studiosi, sia riguardo la coerenza interna, che la vivibilità dello scetticismo e, nel contempo, di definire una chiara ‘filosofia dell’azione’ scettica. Il secondo capitolo, entrando nel merito della visione politica neo-pirroniana, cerca di farla emergere direttamente da alcuni lavori di Sesto Empirico: i Lineamenti Pirroniani e i due trattati Contro gli etici e Contro i retori, in un percorso che inizia con l’analisi della critica sestana alla techne peri ton bion, l’arte della vita stoica e delle sue pretese di condurre alla felicità; da tale esame Sesto sembra ricavare delle conseguenze etiche e politiche, la cui efficacia ‘normativa’ risiede nell’aderenza a valori minimali e comuni a tutti gli esseri umani. Segue la trattazione del decimo tropo di Enesidemo, nel quale emergono le contraddizioni e le inevitabili differenze nelle abitudini, nelle usanze e nelle leggi umane: il modo in cui Sesto sviluppa questo tema consente di inquadrare la vita che segue la ‘tradizione delle leggi e dei costumi’, uno dei pilastri dell’agire scettico, in un contesto non necessariamente conformistico o di conservatorismo politico, e rappresenta, inoltre, una risposta etica all’accusa dogmatica di apraxia. Sulla stessa linea viene poi affrontato un vero e proprio case-study sestano, ovvero quello di un tiranno che obblighi lo scettico a compiere azioni turpi e indicibili. La risposta del filosofo a tale situazione-limite, che si può interpretare, dal mio punto di vista, come una proposta politica scettica in senso proprio, è infine discussa e posta a confronto con diverse e contrastanti sue letture contemporanee. Il capitolo si chiude con un’ipotesi originale, che intende rintracciare nel trattato Contro i retori una concezione delle leggi e del giusto compatibile con il metodo e il fine dello scetticismo e dunque coerente con le norme della vita comune (koinos bios), che permettono allo scettico di vivere senza dogmi (adoxastos), attenendosi semplicemente ai fenomeni. Ma quest’ultima analisi è anche il trait d’union con il capitolo successivo, dedicato principalmente a Michael Oakeshott (1901-1990), il quale trae la sua unica citazione esplicita di Sesto Empirico proprio da un paragrafo di Contro i Retori, (M II 33). L’attitudine’ o ‘disposizione’ scettica del filosofo britannico è dunque al centro della parte finale del lavoro, in cui si punta a comprenderne un’eventuale ricaduta sulla sua concezione della filosofia politica, nonché a definirne il reale significato e spessore filosofico, soprattutto in riferimento all’intenso dibattito degli studiosi su tale aspetto del pensiero oakeshottiano. I primi tre paragrafi sono dedicati interamente alla visione filosofica e politica di Michael Oakeshott, di cui viene offerto un ritratto articolato a partire dal suo primo libro, Experience and its Modes, scritto nel 1933 sotto l’influenza dell’idealismo scettico di Herbert Bradley. Dalla teorizzazione della condotta umana sviluppata in On Human Conduct del 1975, si passa all’analisi dei modi di associazione tipici della nostra civiltà, la civil association e l’enterprise association, ovvero la concretizzazione socio-politica della polarità che caratterizzerebbe l’autocoscienza individuale, ovvero quella fra self-enactment e self-disclosure, rispecchiandosi ancora in un’analoga tensione a livello dello stato, espressa nelle forme della nomocrazia e della teleocrazia. Se l’analisi di Oakeshott può apparire astratta, è però l’espressione di un’esigenza descrittiva che parte sempre dal riconoscimento della contingenza e della temporalità dei vissuti umani, che si manifesta in una multiforme esperienza riflessiva, dalla quale non possono mai essere isolati gli aspetti affettivi, emotivi, legati ai bisogni naturali e culturali del soggetto, colto nella sua singolarità e libertà ‘assoluta’ originaria, un individuo che costruisce le forme del suo mutevole Lebenswelt in contesti relazionali e storici che non possono mai essere assolutizzati nelle forme delle filosofie e delle teorie prescrittive, etiche, politiche o metafisiche che siano. Il quarto paragrafo sviluppa il problema dello scetticismo di Oakeshott, a partire dalla letteratura primaria e secondaria: per portare a termine la mia analisi e verificare se l’idea di un’ascendenza di Sesto Empirico su Oakeshott ha un qualche fondamento, viene esplorata l’ipotesi di una linea diretta che colleghi il filosofo greco a Montaigne, e Montaigne a Hobbes, entrambi i quali hanno influenzato fortemente Oakeshott, le cui posizioni sono legate all’idealismo ‘scettico’ di Francis Herbert Bradley. Dopo aver messo in luce le numerose assonanze che sembrano chiaramente sentirsi fra i due pensatori, la ricerca si chiude con una riflessione sulla spendibilità politica di uno scetticismo che, declinato secondo queste linee teoriche e pratiche, potrebbe svolgere nella vita pubblica un importante ruolo di correttivo, non dottrinario e anti-dogmatico, capace di mettere in guardia sui rischi delle visioni ‘fondamentaliste’ di qualsiasi provenienza, ma anche di indirizzare concretamente e realisticamente le scelte della prassi politica.File | Dimensione | Formato | |
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