La volontà di portare avanti una ricerca sul videogioco nasce, da un lato, da una curiosità legata all’enorme diffusione e permeazione sociale che questo mezzo ha raggiunto nei Paesi industrializzati e, dall’altro, dalla volontà di affrontare, e in parte diradare, le difficoltà intrinseche di analisi riguardanti un prodotto così cangiante, rapido nelle sue evoluzioni, e multiforme. Il videogioco, che come si vedrà, non si offre come un tipo di prodotto unico, bensì come una galassia o una famiglia di artefatti particolari, ancora oggi intesi in maniera confusa e oscura. Questo medium, passando attraverso tante fasi ben differenti nella sua breve seppur ricca storia, almeno dalla torsione tecnico-tecnologica verso la grafica tridimensionale in poi ha iniziato a imporre delle analisi che tenessero in conto il suo valore non solo come mezzo d’intrattenimento ma anche culturale e in qualche modo artistico. Diviene centrale, allora, cercare di capire i «meccanismi di scambio e interazione» tra il videogioco e «gli altri aspetti dell’arte» (Bittanti, 2002, p.239) e, in particolar modo, cercare di capire in che senso d’arte si possa parlare quando ci si riferisce al videogioco, ammesso che l’arte in sé possa essere un referente effettivamente degno d’attenzione. Quello che questa ricerca tenta di fare è riflettere sia sullo statuto videoludico sia sullo statuto culturale di un certo tipo di prodotti, in modo tale da poter offrire un resoconto che evidenzi alcune caratteristiche peculiari del fare esperienza e del sentirsi nel mondo. L’estetica intesa come filosofia della sensibilità e del senso è quel panorama di riferimento, quello sfondo teorico, all’interno del quale si cerca di avanzare per offrire una delineazione del nuovo medium videoludico tenendolo in stretta correlazione con le esperienze che già caratterizzano la vita ordinaria e l’incontro con i prodotti culturali e mediali. Quando si parla della cosiddetta arte (nel senso contemporaneo legato all’idea di un complesso delle arti belle), infatti, non si parla di una chimera o un miraggio, né si parla di una classe specifica di oggetti caratterizzati da alcune regole o concetti specifici a priori; quando si parla di arte, si parla dell’esperienza di tutti i giorni espressa in forme esemplari e non riducibili all’ordinarietà stessa; si parla di una riflessione sull’esperienza partendo da quella inaggirabile condizione di partenza che è l’essere nell’esperienza stessa. L’arte, da una posizione come quella che verrà esemplificata in special modo nel terzo capitolo, pare in qualche modo mettere in scena la percezione ordinaria evidenziandone il legame, non pacifico, con un orizzonte di senso attraverso un’azione creativamente marcata. Ed è proprio la questione del senso quella che forse in maniera più specifica emerge in questa ricerca e alla quale si cerca di dare seguito. Se infatti di una estetica come filosofia del senso si vuole parlare, allora, non si può non ritornare fino a Kant, soprattutto nella sua Terza critica, per vedere emergere in maniera prorompente la necessità del senso, dello sfondo di sensatezza, del dover-essere del senso inteso come necessità di comprensione di un’esperienza nella quale si è già sempre immersi e che si mostra attraverso un legame con la sensibilità, il sentire, l’aisthesis, l’estetica come modo di accesso al mondo. In tal senso, allora, la ricerca si caratterizza attraverso due fasi distinte che si coniugano nei primi due capitoli da un lato e nell’ultimo capitolo con annessa conclusione dall’altro. Il primo capitolo e il secondo capitolo sono caratterizzati dall’essere delle analisi più specifiche e in qualche modo tecniche sul videogioco; in questi capitoli si cercherà di esporre il funzionamento precipuo dei videogiochi in modo tale da sottolineare le caratteristiche che li differenziano dai media tradizionali evidenziandone i linguaggi, i funzionamenti, l’innovazione, le possibilità. Si passerà allora, nel terzo capitolo, a cercare di individuare la posizione del videogioco all’interno di un panorama, sociale e culturale di riferimento, così da inquadrarne le possibilità culturali e artistiche. Il primo capitolo è dedicato specificatamente al rapporto tra il videogioco e la finzionalità. Passando attraverso alcune teorizzazioni generali sul finzionale si arriva a focalizzarsi sulla visione che lega i videogames con i giochi di far finta waltoniani. In questa fase si cerca di sottolineare, inoltre, il fondamentale rapporto tra un certo tipo di potenza e un certo tipo di atto che si presenta sia nella creazione che nella fruizione videoludica; si giunge quindi a parlare di emozioni finzionali, del rapporto tra finzionale e virtuale, e delle peculiarità della fruizione interattiva finzionale videoludica. Il secondo capitolo è dedicato in particolar modo all’analisi delle possibilità di contatto, immersione, presenza, che si danno nel caso dell’incontro con i videogiochi. Trattandosi di prodotti che permettono vari gradi di interazione ergodica, immersività, riconoscibilità, si indagano i modi nei quali il videogiocatore può essere trasportato o può più generalmente entrare in contatto materialmente con il videogioco. Si analizzeranno i concetti di immersione e presenza, si evidenzierà la differenza tra una immersività solo finzionale e una più strutturale, si cercheranno di vedere i vari tipi di relazione con l’esperienza del videogioco e si fornirà, poi, una disamina sull’avatar e le varie corporeità che si possono riscontrare in questo genere di produzioni. Il terzo capitolo è dedicato, come si accennava in apertura, a offrire una visione d’insieme che tenti di evidenziare come le caratteristiche precipue del videogioco esposte nei primi due capitoli riescano a dar conto di un possibile valore culturale e artistico dei prodotti videoludici. Partendo da una disamina sullo statuto in parte problematico della vita odierna caratterizzato da una polarizzazione tra due aspetti centrali, il controllo e il non controllo, si arriva ad affermare che un possibile percorso per “disarmare” in qualche modo la problematicità che lega il forte avanzamento tecnologico alle condizioni di vita contemporanee, possa passare attraverso le pratiche artistiche. Luoghi esemplari, questi, nei quali si offre una anticipazione estetica dell’esperienza in genere e nei quali controllo e non controllo sembrano riformularsi di volta in volta attraverso degli equilibri virtuosi. In un tale scenario si cerca di capire come riflettere su questa peculiare condizione duale della vita odierna, primo passo per poter procedere nell’operazione di disarmo, e si riconosce alla fotografia, ad esempio, la capacità di far emergere la dialettica che caratterizza questa condizione. La fotografia, come medium strettamente connesso a una logica che contrappone meccanismo e automatismo a manipolazione e creatività, si pone come luogo di riflessione per una comprensione del contemporaneo. Si ipotizza, seguendo questa linea di pensiero, che lo stesso videogioco possa portare avanti un compito simile ed essere sfruttato anch’esso, attraverso quelle peculiarità largamente esposte nei due capitoli iniziali della ricerca, allo scopo di evidenziare alcune caratteristiche della contemporaneità. Una volta segnalata in maniera preliminare l’importanza che le produzioni artistiche possono ricoprire in uno scenario di ri-comprensione del reale contemporaneo e dell’esperienza di vita in genere, si cerca di offrire una teorizzazione che esemplifichi il rapporto, e l’importanza di questo, tra arte e senso. Partendo da una visione evolutiva bio-culturale come quella presentata nel paragrafo sulla creatività di Emilio Garroni, nel quale si anticipa l’importanza che alcuni prodotti hanno di esprimere al meglio la capacità umana di distanziarsi da fini determinati, si passa alla lettura della Critica della facoltà di giudizio di Kant per ritrovare nuovamente l’importanza di questi prodotti e della capacità di distanziarsi da fini determinati o, in termini più specifici, l’importanza di una possibile conformità a scopi senza scopo. Fatto ciò, risalendo la filosofia critica kantiana attraverso le riletture garroniane, si cerca di arrivare a offrire una visione dell’importanza centrale che il senso acquisisce in questo quadro teorico sia come senso/sentimento comune sia come senso/orizzonte di senso che permette l’emergere di esperienze determinate. Nella conclusione si tenta, quindi, di capire se e come il videogioco possa trovare posto e avere una funzione all’interno di una prospettiva teorica del genere.

Videogiochi ed estetica come filosofia della sensibilità e del senso / Riolo, MANUEL MAXIMILIAN. - (2020 Feb 28).

Videogiochi ed estetica come filosofia della sensibilità e del senso

RIOLO, MANUEL MAXIMILIAN
28/02/2020

Abstract

La volontà di portare avanti una ricerca sul videogioco nasce, da un lato, da una curiosità legata all’enorme diffusione e permeazione sociale che questo mezzo ha raggiunto nei Paesi industrializzati e, dall’altro, dalla volontà di affrontare, e in parte diradare, le difficoltà intrinseche di analisi riguardanti un prodotto così cangiante, rapido nelle sue evoluzioni, e multiforme. Il videogioco, che come si vedrà, non si offre come un tipo di prodotto unico, bensì come una galassia o una famiglia di artefatti particolari, ancora oggi intesi in maniera confusa e oscura. Questo medium, passando attraverso tante fasi ben differenti nella sua breve seppur ricca storia, almeno dalla torsione tecnico-tecnologica verso la grafica tridimensionale in poi ha iniziato a imporre delle analisi che tenessero in conto il suo valore non solo come mezzo d’intrattenimento ma anche culturale e in qualche modo artistico. Diviene centrale, allora, cercare di capire i «meccanismi di scambio e interazione» tra il videogioco e «gli altri aspetti dell’arte» (Bittanti, 2002, p.239) e, in particolar modo, cercare di capire in che senso d’arte si possa parlare quando ci si riferisce al videogioco, ammesso che l’arte in sé possa essere un referente effettivamente degno d’attenzione. Quello che questa ricerca tenta di fare è riflettere sia sullo statuto videoludico sia sullo statuto culturale di un certo tipo di prodotti, in modo tale da poter offrire un resoconto che evidenzi alcune caratteristiche peculiari del fare esperienza e del sentirsi nel mondo. L’estetica intesa come filosofia della sensibilità e del senso è quel panorama di riferimento, quello sfondo teorico, all’interno del quale si cerca di avanzare per offrire una delineazione del nuovo medium videoludico tenendolo in stretta correlazione con le esperienze che già caratterizzano la vita ordinaria e l’incontro con i prodotti culturali e mediali. Quando si parla della cosiddetta arte (nel senso contemporaneo legato all’idea di un complesso delle arti belle), infatti, non si parla di una chimera o un miraggio, né si parla di una classe specifica di oggetti caratterizzati da alcune regole o concetti specifici a priori; quando si parla di arte, si parla dell’esperienza di tutti i giorni espressa in forme esemplari e non riducibili all’ordinarietà stessa; si parla di una riflessione sull’esperienza partendo da quella inaggirabile condizione di partenza che è l’essere nell’esperienza stessa. L’arte, da una posizione come quella che verrà esemplificata in special modo nel terzo capitolo, pare in qualche modo mettere in scena la percezione ordinaria evidenziandone il legame, non pacifico, con un orizzonte di senso attraverso un’azione creativamente marcata. Ed è proprio la questione del senso quella che forse in maniera più specifica emerge in questa ricerca e alla quale si cerca di dare seguito. Se infatti di una estetica come filosofia del senso si vuole parlare, allora, non si può non ritornare fino a Kant, soprattutto nella sua Terza critica, per vedere emergere in maniera prorompente la necessità del senso, dello sfondo di sensatezza, del dover-essere del senso inteso come necessità di comprensione di un’esperienza nella quale si è già sempre immersi e che si mostra attraverso un legame con la sensibilità, il sentire, l’aisthesis, l’estetica come modo di accesso al mondo. In tal senso, allora, la ricerca si caratterizza attraverso due fasi distinte che si coniugano nei primi due capitoli da un lato e nell’ultimo capitolo con annessa conclusione dall’altro. Il primo capitolo e il secondo capitolo sono caratterizzati dall’essere delle analisi più specifiche e in qualche modo tecniche sul videogioco; in questi capitoli si cercherà di esporre il funzionamento precipuo dei videogiochi in modo tale da sottolineare le caratteristiche che li differenziano dai media tradizionali evidenziandone i linguaggi, i funzionamenti, l’innovazione, le possibilità. Si passerà allora, nel terzo capitolo, a cercare di individuare la posizione del videogioco all’interno di un panorama, sociale e culturale di riferimento, così da inquadrarne le possibilità culturali e artistiche. Il primo capitolo è dedicato specificatamente al rapporto tra il videogioco e la finzionalità. Passando attraverso alcune teorizzazioni generali sul finzionale si arriva a focalizzarsi sulla visione che lega i videogames con i giochi di far finta waltoniani. In questa fase si cerca di sottolineare, inoltre, il fondamentale rapporto tra un certo tipo di potenza e un certo tipo di atto che si presenta sia nella creazione che nella fruizione videoludica; si giunge quindi a parlare di emozioni finzionali, del rapporto tra finzionale e virtuale, e delle peculiarità della fruizione interattiva finzionale videoludica. Il secondo capitolo è dedicato in particolar modo all’analisi delle possibilità di contatto, immersione, presenza, che si danno nel caso dell’incontro con i videogiochi. Trattandosi di prodotti che permettono vari gradi di interazione ergodica, immersività, riconoscibilità, si indagano i modi nei quali il videogiocatore può essere trasportato o può più generalmente entrare in contatto materialmente con il videogioco. Si analizzeranno i concetti di immersione e presenza, si evidenzierà la differenza tra una immersività solo finzionale e una più strutturale, si cercheranno di vedere i vari tipi di relazione con l’esperienza del videogioco e si fornirà, poi, una disamina sull’avatar e le varie corporeità che si possono riscontrare in questo genere di produzioni. Il terzo capitolo è dedicato, come si accennava in apertura, a offrire una visione d’insieme che tenti di evidenziare come le caratteristiche precipue del videogioco esposte nei primi due capitoli riescano a dar conto di un possibile valore culturale e artistico dei prodotti videoludici. Partendo da una disamina sullo statuto in parte problematico della vita odierna caratterizzato da una polarizzazione tra due aspetti centrali, il controllo e il non controllo, si arriva ad affermare che un possibile percorso per “disarmare” in qualche modo la problematicità che lega il forte avanzamento tecnologico alle condizioni di vita contemporanee, possa passare attraverso le pratiche artistiche. Luoghi esemplari, questi, nei quali si offre una anticipazione estetica dell’esperienza in genere e nei quali controllo e non controllo sembrano riformularsi di volta in volta attraverso degli equilibri virtuosi. In un tale scenario si cerca di capire come riflettere su questa peculiare condizione duale della vita odierna, primo passo per poter procedere nell’operazione di disarmo, e si riconosce alla fotografia, ad esempio, la capacità di far emergere la dialettica che caratterizza questa condizione. La fotografia, come medium strettamente connesso a una logica che contrappone meccanismo e automatismo a manipolazione e creatività, si pone come luogo di riflessione per una comprensione del contemporaneo. Si ipotizza, seguendo questa linea di pensiero, che lo stesso videogioco possa portare avanti un compito simile ed essere sfruttato anch’esso, attraverso quelle peculiarità largamente esposte nei due capitoli iniziali della ricerca, allo scopo di evidenziare alcune caratteristiche della contemporaneità. Una volta segnalata in maniera preliminare l’importanza che le produzioni artistiche possono ricoprire in uno scenario di ri-comprensione del reale contemporaneo e dell’esperienza di vita in genere, si cerca di offrire una teorizzazione che esemplifichi il rapporto, e l’importanza di questo, tra arte e senso. Partendo da una visione evolutiva bio-culturale come quella presentata nel paragrafo sulla creatività di Emilio Garroni, nel quale si anticipa l’importanza che alcuni prodotti hanno di esprimere al meglio la capacità umana di distanziarsi da fini determinati, si passa alla lettura della Critica della facoltà di giudizio di Kant per ritrovare nuovamente l’importanza di questi prodotti e della capacità di distanziarsi da fini determinati o, in termini più specifici, l’importanza di una possibile conformità a scopi senza scopo. Fatto ciò, risalendo la filosofia critica kantiana attraverso le riletture garroniane, si cerca di arrivare a offrire una visione dell’importanza centrale che il senso acquisisce in questo quadro teorico sia come senso/sentimento comune sia come senso/orizzonte di senso che permette l’emergere di esperienze determinate. Nella conclusione si tenta, quindi, di capire se e come il videogioco possa trovare posto e avere una funzione all’interno di una prospettiva teorica del genere.
28-feb-2020
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Tesi_dottorato_Riolo.pdf

Open Access dal 01/03/2021

Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 1.86 MB
Formato Adobe PDF
1.86 MB Adobe PDF

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1359377
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact