In questo lavoro l'autore propone un contributo tratto dalla sua lezione, tenuta ad Arezzo il 16 maggio 2019, sulla figura di Agostino Pirella e sulle connessioni con Basaglia e altri protagonisti della storia postmaniacale. L'autore tratta un tema controverso e poco amato dal movimento “antipsichiatrico”, quello della diagnosi, per restituirle senso e sensibilità. “Le diagnosi psichiatriche”, scriveva Basaglia, “hanno assunto un valore ormai categoriale, nel senso che corrispondono a un etichettamento, oltre il quale non c’è più possibilità d’azione o di sbocco. Nel momento in cui lo psichiatra si trova faccia a faccia con il suo interlocutore (il ‘malato mentale’) sa di poter contare su un bagaglio di conoscenze tecniche con le quali – partendo dai sintomi – sarà in grado di ricostruire il fantasma di una malattia; avendo, tuttavia, la netta percezione che – non appena ne avrà formulata la diagnosi – l’uomo sfuggirà ai suoi occhi, perché definitivamente codificato in un ruolo che ne sancisce soprattutto un nuovo status sociale” (1967a, p. 381). La diagnosi è molto di più di un etichetta. Il processo diagnostico deve rivolgersi alla valutazione dell’intera gamma del funzionamento dell'individuo: personalità, capacità mentali, sintomi e loro vissuto soggettivo. E non si può dimenticare la sua sua dimensione clinica, nel senso che ogni diagnosi deve essere utile ai professionisti della salute mentale per pianificare trattamenti mirati ed efficaci, tarati sulle specificità del paziente.
Ritrovare il senso della diagnosi / Lingiardi, Vittorio. - In: AUT AUT. - ISSN 0005-0601. - 385:(2020), pp. 132-148.
Ritrovare il senso della diagnosi
Vittorio, Lingiardi
2020
Abstract
In questo lavoro l'autore propone un contributo tratto dalla sua lezione, tenuta ad Arezzo il 16 maggio 2019, sulla figura di Agostino Pirella e sulle connessioni con Basaglia e altri protagonisti della storia postmaniacale. L'autore tratta un tema controverso e poco amato dal movimento “antipsichiatrico”, quello della diagnosi, per restituirle senso e sensibilità. “Le diagnosi psichiatriche”, scriveva Basaglia, “hanno assunto un valore ormai categoriale, nel senso che corrispondono a un etichettamento, oltre il quale non c’è più possibilità d’azione o di sbocco. Nel momento in cui lo psichiatra si trova faccia a faccia con il suo interlocutore (il ‘malato mentale’) sa di poter contare su un bagaglio di conoscenze tecniche con le quali – partendo dai sintomi – sarà in grado di ricostruire il fantasma di una malattia; avendo, tuttavia, la netta percezione che – non appena ne avrà formulata la diagnosi – l’uomo sfuggirà ai suoi occhi, perché definitivamente codificato in un ruolo che ne sancisce soprattutto un nuovo status sociale” (1967a, p. 381). La diagnosi è molto di più di un etichetta. Il processo diagnostico deve rivolgersi alla valutazione dell’intera gamma del funzionamento dell'individuo: personalità, capacità mentali, sintomi e loro vissuto soggettivo. E non si può dimenticare la sua sua dimensione clinica, nel senso che ogni diagnosi deve essere utile ai professionisti della salute mentale per pianificare trattamenti mirati ed efficaci, tarati sulle specificità del paziente.File | Dimensione | Formato | |
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