Nel contesto della valutazione della personalità con scale self-report, il termine faking si riferisce ai tentativi messi in atto dagli individui di alterare le risposte agli item di un test al fine di costruire e comunicare un’immagine di sé non veritiera, funzionale al raggiungimento di scopi personali (che spesso confliggono con il processo misurativo). Le scale Lie sono una delle strategie di rilevazione del faking più diffuse e si basano sull’ipotesi che quest’ultimo possa essere equiparato a un fenomeno lineare/quasi-lineare quantificabile attraverso l’accumulazione “indiziaria” dei suoi effetti sulle risposte specifiche agli item Lie. Il superamento di una soglia di attenzione di natura normativa determina la presa di decisione in merito all’attendibilità delle risposte in generale. Due recenti studi hanno affrontato il problema da una prospettiva diversa. Kuncel e Borneman (2007) e Kuncel e Tellegen (2009) hanno mostrato: (a) che il faking può verificarsi a livello delle singole opzioni likert degli item; (b) e che la sua natura può essere intrinsecamente non lineare. Queste due proprietà si traducono in matrici di risposte caratterizzate da “idiosincrasie” numeriche che possono fungere da marcatori dei comportamenti distorsivi se studiate nella loro individualità, ma che vengono “oscurate” dal meccanismo aggregativo dei punteggi di scala. Con il presente lavoro abbiamo tentato di sviluppare una tecnica innovativa per la rilevazione del faking attraverso l’analisi dei pattern di risposta agli item. Al fine di raggiungere tale scopo, ci siamo posti due domande splorative: (1) è possibile impiegare gli algoritmi di machine learning (ML) per rilevare la presenza di faking? (2) I classificatori ML possono sostituire efficacemente le scale Lie? Per rispondere alle precedenti domande, abbiamo realizzato due studi empirici; nel primo, è stato impiegato il questionario di personalità BFQ2 (Caprara, Barbaranelli, Borgogni & Vecchione, 2007) con un campione di studenti universitari, nel secondo il Psychopathic Personality Inventory - Revised (PPIR; Lilienfeld e Widows, 2005) con un campione di studenti universitari e uno di pazienti psichiatrici. Relativamente al secondo lavoro, la decisione di adottare il PPIR è scaturita dalla constatazione — suffragata dalla letteratura — che gli individui con personalità psicopatica possono esibire condotte distorsive e manipolatorie e dunque gli strumenti self-report atti a misurarne l’organizzazione caratterologica rappresentano un buon “banco di prova” per qualunque tecnica di rilevazione del faking. L’impostazione generale di entrambi i lavori ha previsto le seguenti fasi: (1) manipolazione diretta del faking al fine di ottenere un dataset di profili di personalità sia attendibili che distorti (honest vs fake); (2) implementazione di due o più algoritmi ML in grado di rilevare la presenza di faking o nei punteggi di scala o nei pattern di risposta; (3) comparazione del miglior algoritmo ML (scelto tra quelli implementati al punto precedente) con il classificatore di riferimento (CBC) basato sui punteggi delle scale Lie e relativi cutoff normativi. I risultati delle due indagini empiriche hanno confermato l’efficacia dei classificatori ML: la loro performance nel rilevare i cosiddetti faker si è rivelata superiore a quella conseguibile con le sole scale Lie. Quando le prestazioni sono state valutate in termini di previsioni errate, i classificatori ML si sono rivelati, ancora un volta, migliori delle tecniche basate sulle scale di controllo. Nonostante alcune limitazioni dovute alla manipolazione diretta dei comportamenti distorsivi e ai campioni di partecipanti sbilanciati in termini di età e genere, l’approccio qui proposto consentirebbe di ridurre la lunghezza dei questionari self-report di personalità eliminando gli item delle scale di controllo. Forse anche in modo più interessante, tale approccio potrebbe essere usato per “aggiungere” un meccanismo di rilevazione del faking ai self-report che sono sprovvisti di strategie per la detezione degli stili di risposta distorsivi.

Investigazione di alcuni fenomeni di response bias nei questionari self-report mediante algoritmi di apprendimento automatico / Calanna, Pierpaolo. - (2020 Jan 23).

Investigazione di alcuni fenomeni di response bias nei questionari self-report mediante algoritmi di apprendimento automatico

CALANNA, PIERPAOLO
23/01/2020

Abstract

Nel contesto della valutazione della personalità con scale self-report, il termine faking si riferisce ai tentativi messi in atto dagli individui di alterare le risposte agli item di un test al fine di costruire e comunicare un’immagine di sé non veritiera, funzionale al raggiungimento di scopi personali (che spesso confliggono con il processo misurativo). Le scale Lie sono una delle strategie di rilevazione del faking più diffuse e si basano sull’ipotesi che quest’ultimo possa essere equiparato a un fenomeno lineare/quasi-lineare quantificabile attraverso l’accumulazione “indiziaria” dei suoi effetti sulle risposte specifiche agli item Lie. Il superamento di una soglia di attenzione di natura normativa determina la presa di decisione in merito all’attendibilità delle risposte in generale. Due recenti studi hanno affrontato il problema da una prospettiva diversa. Kuncel e Borneman (2007) e Kuncel e Tellegen (2009) hanno mostrato: (a) che il faking può verificarsi a livello delle singole opzioni likert degli item; (b) e che la sua natura può essere intrinsecamente non lineare. Queste due proprietà si traducono in matrici di risposte caratterizzate da “idiosincrasie” numeriche che possono fungere da marcatori dei comportamenti distorsivi se studiate nella loro individualità, ma che vengono “oscurate” dal meccanismo aggregativo dei punteggi di scala. Con il presente lavoro abbiamo tentato di sviluppare una tecnica innovativa per la rilevazione del faking attraverso l’analisi dei pattern di risposta agli item. Al fine di raggiungere tale scopo, ci siamo posti due domande splorative: (1) è possibile impiegare gli algoritmi di machine learning (ML) per rilevare la presenza di faking? (2) I classificatori ML possono sostituire efficacemente le scale Lie? Per rispondere alle precedenti domande, abbiamo realizzato due studi empirici; nel primo, è stato impiegato il questionario di personalità BFQ2 (Caprara, Barbaranelli, Borgogni & Vecchione, 2007) con un campione di studenti universitari, nel secondo il Psychopathic Personality Inventory - Revised (PPIR; Lilienfeld e Widows, 2005) con un campione di studenti universitari e uno di pazienti psichiatrici. Relativamente al secondo lavoro, la decisione di adottare il PPIR è scaturita dalla constatazione — suffragata dalla letteratura — che gli individui con personalità psicopatica possono esibire condotte distorsive e manipolatorie e dunque gli strumenti self-report atti a misurarne l’organizzazione caratterologica rappresentano un buon “banco di prova” per qualunque tecnica di rilevazione del faking. L’impostazione generale di entrambi i lavori ha previsto le seguenti fasi: (1) manipolazione diretta del faking al fine di ottenere un dataset di profili di personalità sia attendibili che distorti (honest vs fake); (2) implementazione di due o più algoritmi ML in grado di rilevare la presenza di faking o nei punteggi di scala o nei pattern di risposta; (3) comparazione del miglior algoritmo ML (scelto tra quelli implementati al punto precedente) con il classificatore di riferimento (CBC) basato sui punteggi delle scale Lie e relativi cutoff normativi. I risultati delle due indagini empiriche hanno confermato l’efficacia dei classificatori ML: la loro performance nel rilevare i cosiddetti faker si è rivelata superiore a quella conseguibile con le sole scale Lie. Quando le prestazioni sono state valutate in termini di previsioni errate, i classificatori ML si sono rivelati, ancora un volta, migliori delle tecniche basate sulle scale di controllo. Nonostante alcune limitazioni dovute alla manipolazione diretta dei comportamenti distorsivi e ai campioni di partecipanti sbilanciati in termini di età e genere, l’approccio qui proposto consentirebbe di ridurre la lunghezza dei questionari self-report di personalità eliminando gli item delle scale di controllo. Forse anche in modo più interessante, tale approccio potrebbe essere usato per “aggiungere” un meccanismo di rilevazione del faking ai self-report che sono sprovvisti di strategie per la detezione degli stili di risposta distorsivi.
23-gen-2020
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1348128
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