Dal progetto storico della città, passando per l’esperienza dell’architettura moderna, fino a considerare il progetto urbano contemporaneo, il “tipo” come traccia che genera e governa simbolicamente e materialmente la composizione degli spazi abitati, sembra scomparso. Le categorie di tipo e tipologia hanno sempre attraversato tradizionalmente le trasformazioni della cultura del progetto, ma dal momento in cui la crisi del “disegno della città” è coinciso con la crisi dei modelli sociali, economici e culturali, le “regole”, in apparenza rigide e astratte del tipo, sono sembrate inutilizzabili perché conseguenza di un passato ideologico fallito nelle premesse e nei risultati. Eppure basterebbe rammendare che il “tipo architettonico” non è un oggetto ma “una struttura formale” di natura concettuale che riunisce famiglie di “cose” con le stesse condizioni essenziali. Ed è questa la ragione per cui il tipo, come il progetto, ci ricorda Carlo Martì Arìs, rifiuta qualsiasi ordine chiuso e si basa sulla trasformazione permanente del sistema in cui opera reagendo con la tecnica, con le funzioni, con lo stile, con il carattere collettivo e il momento individuale del “fatto architettonico”. Tuttavia queste considerazioni non spiegano perché l’attualità della ricerca nel campo dell’architettura nell’era dell’”interazione multimediale” non sia sufficientemente sollecitata a scoprire attraverso quali mutazioni concettuali si presentano i “nuovi tipi”, mentre, invece, si mostra più interessata a cogliere in astratto gli effetti sui “nuovi modi di progettare” attraverso le formule della partecipazione e dell’aggregazione della “rete”. Il saggio che segue è pertanto un “cronaca breve” sulla critica intorno all’”idea del tipo” nel solco della tradizione della composizione della città, per poi esaminare come le trasformazioni culturali indotte dai movimenti Radical e Postmoderno abbiano superato l’idea del “tipo” come strumento per la forma della città. Movimenti approdati prima alla liquefazione della forma nei seducenti processi creativi indotti dall’”Età dell’elettronica” e, dopo, in ordine di tempo, nella suggestione libertaria di un ”Architettura Open Source” in deficit però quasi totale di identità. E’ un racconto senza tesi da dimostrare quanto invece un esercizio critico sulla necessità che al “tipo” si riconosca ancora un diritto di sopravvivenza intellettuale per guidare lo sviluppo dei nostri spazi abitati
Il tempo del tipo nello spazio del design / Cristallo, Vincenzo. - In: OP. CIT.. - ISSN 0030-3305. - 159:159(2017), pp. 40-53.
Il tempo del tipo nello spazio del design
Vincenzo Cristallo
2017
Abstract
Dal progetto storico della città, passando per l’esperienza dell’architettura moderna, fino a considerare il progetto urbano contemporaneo, il “tipo” come traccia che genera e governa simbolicamente e materialmente la composizione degli spazi abitati, sembra scomparso. Le categorie di tipo e tipologia hanno sempre attraversato tradizionalmente le trasformazioni della cultura del progetto, ma dal momento in cui la crisi del “disegno della città” è coinciso con la crisi dei modelli sociali, economici e culturali, le “regole”, in apparenza rigide e astratte del tipo, sono sembrate inutilizzabili perché conseguenza di un passato ideologico fallito nelle premesse e nei risultati. Eppure basterebbe rammendare che il “tipo architettonico” non è un oggetto ma “una struttura formale” di natura concettuale che riunisce famiglie di “cose” con le stesse condizioni essenziali. Ed è questa la ragione per cui il tipo, come il progetto, ci ricorda Carlo Martì Arìs, rifiuta qualsiasi ordine chiuso e si basa sulla trasformazione permanente del sistema in cui opera reagendo con la tecnica, con le funzioni, con lo stile, con il carattere collettivo e il momento individuale del “fatto architettonico”. Tuttavia queste considerazioni non spiegano perché l’attualità della ricerca nel campo dell’architettura nell’era dell’”interazione multimediale” non sia sufficientemente sollecitata a scoprire attraverso quali mutazioni concettuali si presentano i “nuovi tipi”, mentre, invece, si mostra più interessata a cogliere in astratto gli effetti sui “nuovi modi di progettare” attraverso le formule della partecipazione e dell’aggregazione della “rete”. Il saggio che segue è pertanto un “cronaca breve” sulla critica intorno all’”idea del tipo” nel solco della tradizione della composizione della città, per poi esaminare come le trasformazioni culturali indotte dai movimenti Radical e Postmoderno abbiano superato l’idea del “tipo” come strumento per la forma della città. Movimenti approdati prima alla liquefazione della forma nei seducenti processi creativi indotti dall’”Età dell’elettronica” e, dopo, in ordine di tempo, nella suggestione libertaria di un ”Architettura Open Source” in deficit però quasi totale di identità. E’ un racconto senza tesi da dimostrare quanto invece un esercizio critico sulla necessità che al “tipo” si riconosca ancora un diritto di sopravvivenza intellettuale per guidare lo sviluppo dei nostri spazi abitatiFile | Dimensione | Formato | |
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