La filosofia di Spinoza si fonda interamente sui binomi libertà-necessità, diritto-etica, teologia-politica. Tali concetti, che nello sviluppo conoscitivo appaiono contrapporsi, alla conclusione del percorso etico si manifestano come vere e proprie endiadi. L’emancipazione dalle passioni mette l’uomo di fronte alla sua profonda natura sociale; l’essere uomo si svolge attraverso regole certe e determinate e la scelta razionale del male minore lo conduce alla sua intima essenza di soggetto vincolato a leggi immutabili della socialità, in cui risiede la sua assoluta felicità. La libertà dell’uomo consiste perciò nel comportarsi spontaneamente secondo la propria natura sociale, che è necessità etica di natura. L’uomo è una sorta di macchina con proprie regole di funzionamento; ciò che conduce alla sua felicità, capace di durare all’infinito, è l’assoluta apertura agli altri che, quindi, non può che essere conforme a ragione. Il diritto, nella sua valenza di potere di fatto, finalizzato alla piena affermazione di sé, procede dall’irrazionale uso della forza dello stato di natura, per giungere al momento della giuridicità nella societas, fino ad approdare al momento etico della massimizzazione della potenza e della felicità di ogni membro della comunità. Il diritto è relazione di potenza e nello stato di natura è solo in astratto potere illimitato perché in concreto esso può essere annichilito da qualsiasi altro soggetto dotato di maggiore forza. Nella comunità retta da un diritto comune i diritti dei singoli si presentano invece, per definizione, limitati, ma sono dotati di un’efficacia maggiore, in quanto garantiti dal pactum. Il diritto e la potenza dei singoli divengono massimi solo quando si rende massima anche la felicità di tutti i soggetti della relazione: quella tra gli individui e tra gli individui e la societas. Nella visione spinoziana ciò è possibile solo quando tutti i membri della comunità intraprendono un percorso di conoscenza della propria profonda natura sociale, attraverso un processo di sublimazione delle passioni. La Teologia nel momento immaginativo si fonda su un’idea di un Dio trascendente, con una volontà e desideri antropomorfi; i comandi divini mirano alla coesistenza pacifica tra gli uomini, ma li rendono schiavi di regole eteronome. La comprensione di sè come essere sociale e la visione dell’uomo come parte di una serie di infinite relazioni, in cui si realizza il divino, rende la comprensione di Dio processo culminante della politica, intesa come ricerca di unità di tutti gli uomini, che si rendono liberi assoggettandosi alla legge che si danno essi stessi. Democrazia e condivisione dell’iter etico di superamento delle passioni rendono giusto il diritto, e trasformano la societas da comunità retta dal dover essere della norma giuridica alla completa spontaneità dell’essere etico. L’azione conforme a socialità, in quanto atto non condizionato, rende l’uomo simile a Dio e l’unità pacifica degli uomini nella societas, retta dalle sole leggi meccaniche e non giuridiche dell’etica, diviene la Civitas Dei. Conoscere Dio significa comprendere, perciò, l’uomo e le leggi del suo essere sociale che rendono la moltitudine un unico individuo. Il senso infallibile che consente il riconoscimento del vero è la comprensione dell’esistenza di una felicità duratura proiettata verso l’infinito, che può essere tale solo se condivisa dall’intera comunità degli uomini. Ragione ed esperienza si integrano nella ricerca filosofica. Vedere il giusto può non essere sufficiente per porre in essere azioni ad esso conformi; è necessario percepire la felicità che da esso deriva perché esso sia appetibile e, infine, perché divenga oggetto di ricerca di per sé stesso. Spinoza non può, quindi, essere costretto nelle maglie di un puro razionalismo; egli è il filosofo dell’uomo, della capacità di scomporre le passioni e di superarle solo con la ragione, ma anche attraverso l’esperimento del bene e del male, razionalizzando l’esperienza. Il percorso conoscitivo spinoziano ha il suo culmine nell’intuizione, che è conoscenza immediata e, quindi, priva di un percorso di valutazione razionale. Spinoza è, per questi motivi, contemporaneamente il filosofo dell’esperienza, della ragione e dell’intuizione. La ricerca della giustizia è, in conclusione, un problema etico, individuale e collettivo: solo l’intima conoscenza di sé, può condurre la societas a darsi un diritto giusto. Solo se un valore è condiviso, nell’ottica spinoziana, questo si afferma e diviene diritto; perché il diritto possa essere percepito come assolutamente giusto è necessario che i valori che ne stanno alla base trovino una diffusione tra la totalità dei cives, e ciò è possibile solo individuando le leggi immutabili della sua socialità che sono, in fondo, anche quelle della sua felicità. La condizione perché l’uomo possa intraprendere questo iter etico-conoscitivo è la libertà di pensiero; solo attraverso una libera speculazione possono superarsi i comandi della religione che costringono la società in una pace apparente. L’uomo che realizza la compiuta conoscenza di sé non ha più bisogno del diritto, conosce Dio e realizza la sua unità con l’intera umanità e la Natura. L’uomo spinoziano è un uomo che si sente felicemente libero; libero dalle passioni e dal senso del dovere, guidato solo dallo spontaneo essere etico.

Diritto e giustizia nel pensiero di Benedetto Spinoza / Traettino, Raffaele. - (2019 Dec 03).

Diritto e giustizia nel pensiero di Benedetto Spinoza

TRAETTINO, RAFFAELE
03/12/2019

Abstract

La filosofia di Spinoza si fonda interamente sui binomi libertà-necessità, diritto-etica, teologia-politica. Tali concetti, che nello sviluppo conoscitivo appaiono contrapporsi, alla conclusione del percorso etico si manifestano come vere e proprie endiadi. L’emancipazione dalle passioni mette l’uomo di fronte alla sua profonda natura sociale; l’essere uomo si svolge attraverso regole certe e determinate e la scelta razionale del male minore lo conduce alla sua intima essenza di soggetto vincolato a leggi immutabili della socialità, in cui risiede la sua assoluta felicità. La libertà dell’uomo consiste perciò nel comportarsi spontaneamente secondo la propria natura sociale, che è necessità etica di natura. L’uomo è una sorta di macchina con proprie regole di funzionamento; ciò che conduce alla sua felicità, capace di durare all’infinito, è l’assoluta apertura agli altri che, quindi, non può che essere conforme a ragione. Il diritto, nella sua valenza di potere di fatto, finalizzato alla piena affermazione di sé, procede dall’irrazionale uso della forza dello stato di natura, per giungere al momento della giuridicità nella societas, fino ad approdare al momento etico della massimizzazione della potenza e della felicità di ogni membro della comunità. Il diritto è relazione di potenza e nello stato di natura è solo in astratto potere illimitato perché in concreto esso può essere annichilito da qualsiasi altro soggetto dotato di maggiore forza. Nella comunità retta da un diritto comune i diritti dei singoli si presentano invece, per definizione, limitati, ma sono dotati di un’efficacia maggiore, in quanto garantiti dal pactum. Il diritto e la potenza dei singoli divengono massimi solo quando si rende massima anche la felicità di tutti i soggetti della relazione: quella tra gli individui e tra gli individui e la societas. Nella visione spinoziana ciò è possibile solo quando tutti i membri della comunità intraprendono un percorso di conoscenza della propria profonda natura sociale, attraverso un processo di sublimazione delle passioni. La Teologia nel momento immaginativo si fonda su un’idea di un Dio trascendente, con una volontà e desideri antropomorfi; i comandi divini mirano alla coesistenza pacifica tra gli uomini, ma li rendono schiavi di regole eteronome. La comprensione di sè come essere sociale e la visione dell’uomo come parte di una serie di infinite relazioni, in cui si realizza il divino, rende la comprensione di Dio processo culminante della politica, intesa come ricerca di unità di tutti gli uomini, che si rendono liberi assoggettandosi alla legge che si danno essi stessi. Democrazia e condivisione dell’iter etico di superamento delle passioni rendono giusto il diritto, e trasformano la societas da comunità retta dal dover essere della norma giuridica alla completa spontaneità dell’essere etico. L’azione conforme a socialità, in quanto atto non condizionato, rende l’uomo simile a Dio e l’unità pacifica degli uomini nella societas, retta dalle sole leggi meccaniche e non giuridiche dell’etica, diviene la Civitas Dei. Conoscere Dio significa comprendere, perciò, l’uomo e le leggi del suo essere sociale che rendono la moltitudine un unico individuo. Il senso infallibile che consente il riconoscimento del vero è la comprensione dell’esistenza di una felicità duratura proiettata verso l’infinito, che può essere tale solo se condivisa dall’intera comunità degli uomini. Ragione ed esperienza si integrano nella ricerca filosofica. Vedere il giusto può non essere sufficiente per porre in essere azioni ad esso conformi; è necessario percepire la felicità che da esso deriva perché esso sia appetibile e, infine, perché divenga oggetto di ricerca di per sé stesso. Spinoza non può, quindi, essere costretto nelle maglie di un puro razionalismo; egli è il filosofo dell’uomo, della capacità di scomporre le passioni e di superarle solo con la ragione, ma anche attraverso l’esperimento del bene e del male, razionalizzando l’esperienza. Il percorso conoscitivo spinoziano ha il suo culmine nell’intuizione, che è conoscenza immediata e, quindi, priva di un percorso di valutazione razionale. Spinoza è, per questi motivi, contemporaneamente il filosofo dell’esperienza, della ragione e dell’intuizione. La ricerca della giustizia è, in conclusione, un problema etico, individuale e collettivo: solo l’intima conoscenza di sé, può condurre la societas a darsi un diritto giusto. Solo se un valore è condiviso, nell’ottica spinoziana, questo si afferma e diviene diritto; perché il diritto possa essere percepito come assolutamente giusto è necessario che i valori che ne stanno alla base trovino una diffusione tra la totalità dei cives, e ciò è possibile solo individuando le leggi immutabili della sua socialità che sono, in fondo, anche quelle della sua felicità. La condizione perché l’uomo possa intraprendere questo iter etico-conoscitivo è la libertà di pensiero; solo attraverso una libera speculazione possono superarsi i comandi della religione che costringono la società in una pace apparente. L’uomo che realizza la compiuta conoscenza di sé non ha più bisogno del diritto, conosce Dio e realizza la sua unità con l’intera umanità e la Natura. L’uomo spinoziano è un uomo che si sente felicemente libero; libero dalle passioni e dal senso del dovere, guidato solo dallo spontaneo essere etico.
3-dic-2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1341904
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