L’analisi di Hannah Arendt è articolata e rigorosa tanto da costituire, al di là della indefettibilità di ogni suo elemento, un paradigma teorico con il quale tutti si sono dovuti confrontare. Ha di certo contribuito in maniera importante al dibattito e alla comprensione della tragedia ebraica e alla riflessione filosofico-morale sulla responsabilità dei singoli rispetto alle vicende collettive dentro le quali vengono a trovarsi. Nel presente lavoro si analizza altresì la teoria arendtiana della partecipazione, dello spazio pubblico e della democrazia, che costituisce una delle tesi in campo nel dibattito teorico sulla democrazia e sul concetto di politica tra le più incisive e influenti. Sebbene estrema e forse anche utopistica, la proposta della Arendt ha una forza di suggestione che è probabilmente determinata dalla propria radicalità ma, ancor più, dalla propria coerenza con i presupposti ontologici e teoretici che esibisce. Nel primo capitolo ci si è concentrati sulla celebre ricostruzione che la Arendt ha fatto del Totalitarismo. La maniera in cui Hannah Arendt definisce la libertà politica, la politica, determina la sua rilettura della storia della filosofia europea che secondo lei è caratterizzata prevalentemente dalla tensione metafisica e dalla tensione alla prescrittività. Da Platone in poi i filosofi hanno pensato che la politica dovesse riguardare il rispetto e l’applicazione di principi assoluti, incontestabili ed eterni. Come è noto, Arendt ritiene che i regimi totalitari siano un’esperienza che in parte è provocata da questa dinamica interna alla tradizione speculativa europea, che ha teso a soffocare la dimensione della libertà (politica) sin dai suoi albori. Nel secondo capitolo si è inteso sviluppare questa idea centrale del pensiero arendtiano, per cui i regimi totalitari non sono conseguenza di un parossismo politico, cioè non sono l’esito di una politicizzazione estremistica. Proprio per quello che è la politica, secondo Arendt, il dispotismo pervasivo e ideologico delle dittature totalitarie ne è la negazione. Il totalitarismo ha proliferato eliminando la politica. E allora nel secondo capitolo si svolgerà articolatamente l’esplicitazione della teoria politica arendtiana, così poco sistematica e in cui l’agire politico è posto come l’azione per mezzo della quale le singolarità umane possono (hanno la potenzialità e opportunità di) tessere trame di vita non scontate e determinate da cause esterne. Nel terzo capitolo si sono sviluppati alcuni temi che spiegano meglio il fondamento teorico delle tesi arendtiane e ne mostrano la forte coerenza con l’intera concezione teoretica della Arendt, che elabora la propria visione della politica e del suo significato per l’individuo umano in seguito a un corpo a corpo con le questioni metafisiche e con la Storia della speculazione filosofica. La Arendt configura l’impegno politico come una vocazione esistenziale per l’umano e non tanto una scelta. Una vocazione che attiene alla propria strutturale condizione di essere gettato nel fluire del tempo e di essere unico portatore di una propria identità. Da questi concetti sono state percorse alcune strade per ulteriori spunti di riflessione (la questione del rapporto tra le generazioni umane e il vasto campo della questione femminile).

Un'idea radicale di cittadinanza. Il pensiero politico di Hannah Arendt / Mazzaglia, Chiara. - (2019 Dec 03).

Un'idea radicale di cittadinanza. Il pensiero politico di Hannah Arendt

MAZZAGLIA, CHIARA
03/12/2019

Abstract

L’analisi di Hannah Arendt è articolata e rigorosa tanto da costituire, al di là della indefettibilità di ogni suo elemento, un paradigma teorico con il quale tutti si sono dovuti confrontare. Ha di certo contribuito in maniera importante al dibattito e alla comprensione della tragedia ebraica e alla riflessione filosofico-morale sulla responsabilità dei singoli rispetto alle vicende collettive dentro le quali vengono a trovarsi. Nel presente lavoro si analizza altresì la teoria arendtiana della partecipazione, dello spazio pubblico e della democrazia, che costituisce una delle tesi in campo nel dibattito teorico sulla democrazia e sul concetto di politica tra le più incisive e influenti. Sebbene estrema e forse anche utopistica, la proposta della Arendt ha una forza di suggestione che è probabilmente determinata dalla propria radicalità ma, ancor più, dalla propria coerenza con i presupposti ontologici e teoretici che esibisce. Nel primo capitolo ci si è concentrati sulla celebre ricostruzione che la Arendt ha fatto del Totalitarismo. La maniera in cui Hannah Arendt definisce la libertà politica, la politica, determina la sua rilettura della storia della filosofia europea che secondo lei è caratterizzata prevalentemente dalla tensione metafisica e dalla tensione alla prescrittività. Da Platone in poi i filosofi hanno pensato che la politica dovesse riguardare il rispetto e l’applicazione di principi assoluti, incontestabili ed eterni. Come è noto, Arendt ritiene che i regimi totalitari siano un’esperienza che in parte è provocata da questa dinamica interna alla tradizione speculativa europea, che ha teso a soffocare la dimensione della libertà (politica) sin dai suoi albori. Nel secondo capitolo si è inteso sviluppare questa idea centrale del pensiero arendtiano, per cui i regimi totalitari non sono conseguenza di un parossismo politico, cioè non sono l’esito di una politicizzazione estremistica. Proprio per quello che è la politica, secondo Arendt, il dispotismo pervasivo e ideologico delle dittature totalitarie ne è la negazione. Il totalitarismo ha proliferato eliminando la politica. E allora nel secondo capitolo si svolgerà articolatamente l’esplicitazione della teoria politica arendtiana, così poco sistematica e in cui l’agire politico è posto come l’azione per mezzo della quale le singolarità umane possono (hanno la potenzialità e opportunità di) tessere trame di vita non scontate e determinate da cause esterne. Nel terzo capitolo si sono sviluppati alcuni temi che spiegano meglio il fondamento teorico delle tesi arendtiane e ne mostrano la forte coerenza con l’intera concezione teoretica della Arendt, che elabora la propria visione della politica e del suo significato per l’individuo umano in seguito a un corpo a corpo con le questioni metafisiche e con la Storia della speculazione filosofica. La Arendt configura l’impegno politico come una vocazione esistenziale per l’umano e non tanto una scelta. Una vocazione che attiene alla propria strutturale condizione di essere gettato nel fluire del tempo e di essere unico portatore di una propria identità. Da questi concetti sono state percorse alcune strade per ulteriori spunti di riflessione (la questione del rapporto tra le generazioni umane e il vasto campo della questione femminile).
3-dic-2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1340969
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