L’ambiguità contenuta dai termini utilizzati dal Legislatore nella normativa in tema di riattribuzione anagrafica di sesso sin dalla sua originaria formulazione ha favorito dubbi interpretativi, che alimentano ancora oggi dibattiti dottrinari e giurisprudenziali. Di indubbio rilievo risulta la tematica relativa alla obbligatorietà o meno di procedere all’intervento chirurgico demolitivo/ricostruttivo e sul punto anche i recenti orientamenti dei Giudici di merito appaiono tutt’altro che univoci. Si sta facendo strada, peraltro da epoca non recente, una corrente tuttora minoritaria che – in una interpretazione costituzionalmente orientata della Legge n. 164 del 1982 e del successivo Decreto Legislativo n. 150 del 2011 – considera l’intervento chirurgico necessario soltanto nella misura in cui occorra assicurare al soggetto transessuale uno stabile equilibrio psicofisico. In particolare, secondo tale impostazione, la rettifica anagrafica del sesso sarebbe possibile anche soltanto a seguito del solo accertamento dell’appartenenza psichica all’altro sesso e non più per il tramite obbligato della rettifica corporale similmente a quanto avviene in altri Paesi europei (primo tra tutti la Germania). Gli Autori, partendo da spunti dottrinari, analizzano le recenti sentenze di merito e le differenti tesi ivi sostenute.
La necessità dell’intervento chirurgico ai fini della riattribuzione chirurgica del sesso e l’interpretazione costituzionalmente orientata della tutela della salute: l’ondivago andamento della giurisprudenza di merito / Farina, Debora; Raimondo, Carmelo; Castrica, Fabio; Mancarella, Paola; Gatto, Vittorio. - In: MINERVA MEDICOLEGALE. - ISSN 0026-4849. - 136:1-2(2016), pp. 1-7.
La necessità dell’intervento chirurgico ai fini della riattribuzione chirurgica del sesso e l’interpretazione costituzionalmente orientata della tutela della salute: l’ondivago andamento della giurisprudenza di merito
Debora FARINA;Carmelo RAIMONDO;Fabio CASTRICA;Paola MANCARELLA;Vittorio GATTOUltimo
2016
Abstract
L’ambiguità contenuta dai termini utilizzati dal Legislatore nella normativa in tema di riattribuzione anagrafica di sesso sin dalla sua originaria formulazione ha favorito dubbi interpretativi, che alimentano ancora oggi dibattiti dottrinari e giurisprudenziali. Di indubbio rilievo risulta la tematica relativa alla obbligatorietà o meno di procedere all’intervento chirurgico demolitivo/ricostruttivo e sul punto anche i recenti orientamenti dei Giudici di merito appaiono tutt’altro che univoci. Si sta facendo strada, peraltro da epoca non recente, una corrente tuttora minoritaria che – in una interpretazione costituzionalmente orientata della Legge n. 164 del 1982 e del successivo Decreto Legislativo n. 150 del 2011 – considera l’intervento chirurgico necessario soltanto nella misura in cui occorra assicurare al soggetto transessuale uno stabile equilibrio psicofisico. In particolare, secondo tale impostazione, la rettifica anagrafica del sesso sarebbe possibile anche soltanto a seguito del solo accertamento dell’appartenenza psichica all’altro sesso e non più per il tramite obbligato della rettifica corporale similmente a quanto avviene in altri Paesi europei (primo tra tutti la Germania). Gli Autori, partendo da spunti dottrinari, analizzano le recenti sentenze di merito e le differenti tesi ivi sostenute.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.