Il processo che portò la Chiesa a solennizzare la celebrazione del culto collettivo dei morti ebbe il suo compimento tra XI e XII secolo. Riguardo alla genesi e all’affermazione della commemorazione della memoria di tutti i fedeli defunti, possono essere individuati una data, un luogo e un artefice: intorno al 1030 nell’abbazia di Cluny l’abate Odilone di Mercoeur, quinto abate della celebre abbazia borgognona, istituì alla data del due novembre - il giorno successivo alla festa di Ognissanti - la commemorazione solenne dei defunti: «commemoratio omnium fidelium defunctorum». L’iniziativa dell’abate di Cluny si è rivelata decisiva e ha fissato una lunga tradizione della cristianità occidentale, particolarmente coltivata nel mondo monastico. Particolarmente sensibile all’istituzione di un legame spirituale tra i viventi e i defunti, che fondi l’identità della comunità nella quale l’operato dei vivi si basa sulla memoria dei morti, Cluny, con l’abbaziato di Odilone, compie un passaggio successivo recuperando in senso spirituale tutti i morti in seno all’Ecclesia, e nell’estensione a tutti i fedeli morti dimostra la sua vocazione a concepirsi come Ecclesia universale. Nelle Vitae di Odilone si forma e attraverso di esse si diffonde un racconto di origine che contribuì al successo della commemorazione di tutti i defunti e tale celebrazione, grazie al suo carattere particolare, concernente il suo stretto legame con la celebrazione di Ognissanti, soppiantò rapidamente un po’ dovunque le commemorazioni collettive dei defunti che già esistevano. La scrittura agiografica ha svolto un ruolo importante di definizione e promozione che, soprattutto attraverso l’intervento autorevole e convinto di Pier Damiani - che, è bene ricordare, si era recato a Cluny e aveva accettato di riscrivere la Vita Odilonis in qualità di rappresentante del pontefice romano - ha contribuito a assicurare il successo di un “rito d’istituzione” che non ha avuto certamente un ruolo marginale all’interno del processo che ha condotto la Chiesa a farsi “l’intermediario obbligato” tra i vivi e i morti, acquisendo un controllo e un potere sociale preminente nell’ambito di una società in cui i rapporti tra i vivi e idefunti sono stati centrali al punto che è stata definita come una “société seigneuriale fondée sur les morts”.
Riti e agiografia. L’istituzione della festa dei defunti nelle Vitae di Odilone di Cluny / Longo, Umberto. - In: BULLETTINO DELL'ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO. - ISSN 1127-6096. - STAMPA. - 103:(2000), pp. 163-200.
Riti e agiografia. L’istituzione della festa dei defunti nelle Vitae di Odilone di Cluny
LONGO, UMBERTO
2000
Abstract
Il processo che portò la Chiesa a solennizzare la celebrazione del culto collettivo dei morti ebbe il suo compimento tra XI e XII secolo. Riguardo alla genesi e all’affermazione della commemorazione della memoria di tutti i fedeli defunti, possono essere individuati una data, un luogo e un artefice: intorno al 1030 nell’abbazia di Cluny l’abate Odilone di Mercoeur, quinto abate della celebre abbazia borgognona, istituì alla data del due novembre - il giorno successivo alla festa di Ognissanti - la commemorazione solenne dei defunti: «commemoratio omnium fidelium defunctorum». L’iniziativa dell’abate di Cluny si è rivelata decisiva e ha fissato una lunga tradizione della cristianità occidentale, particolarmente coltivata nel mondo monastico. Particolarmente sensibile all’istituzione di un legame spirituale tra i viventi e i defunti, che fondi l’identità della comunità nella quale l’operato dei vivi si basa sulla memoria dei morti, Cluny, con l’abbaziato di Odilone, compie un passaggio successivo recuperando in senso spirituale tutti i morti in seno all’Ecclesia, e nell’estensione a tutti i fedeli morti dimostra la sua vocazione a concepirsi come Ecclesia universale. Nelle Vitae di Odilone si forma e attraverso di esse si diffonde un racconto di origine che contribuì al successo della commemorazione di tutti i defunti e tale celebrazione, grazie al suo carattere particolare, concernente il suo stretto legame con la celebrazione di Ognissanti, soppiantò rapidamente un po’ dovunque le commemorazioni collettive dei defunti che già esistevano. La scrittura agiografica ha svolto un ruolo importante di definizione e promozione che, soprattutto attraverso l’intervento autorevole e convinto di Pier Damiani - che, è bene ricordare, si era recato a Cluny e aveva accettato di riscrivere la Vita Odilonis in qualità di rappresentante del pontefice romano - ha contribuito a assicurare il successo di un “rito d’istituzione” che non ha avuto certamente un ruolo marginale all’interno del processo che ha condotto la Chiesa a farsi “l’intermediario obbligato” tra i vivi e i morti, acquisendo un controllo e un potere sociale preminente nell’ambito di una società in cui i rapporti tra i vivi e idefunti sono stati centrali al punto che è stata definita come una “société seigneuriale fondée sur les morts”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.