La dissertazione investiga la figura dell’architetto danese Kay Otto Fisker (1893-1965). È una figura poco conosciuta nel contesto architettonico italiano, e di cui si parla poco, o per nulla, nelle università italiane. Così il testo esplica la sua crescita professionale e gli architetti che ebbe come riferimento e i quali contribuirono alla formazione di un proprio metodo progettuale mediante il quale, per tutta la sua carriera, definì il processo pratico e teorico del suo fare architettura e che tramandò, come professore, agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Copenhagen. Si individua una selezione di progetti, suddivisi per tipologia, attraverso i quali viene esposta una lettura critica che permette di individuare temi e ricerche ricorrenti nel processo creativo di Kay Otto Fisker, un processo creativo che pone le radici nella tradizione danese e nell’attenzione riposta nel disegnare un’architettura monumentale democratica atta a costruire luoghi quotidiani di qualità per i cittadini. Kay Otto Fisker ricoprì un ruolo fondamentale e diede un contributo significativo nello sviluppo del linguaggio architettonico danese. Fu in grado di codificare i caratteri tradizionali dell’architettura del proprio paese, e traducendo il funzionalismo che affluiva dagli altri paesi europei, riuscì ad offrire una rielaborazione architettonica sapiente e pensata. L’attenzione che riponeva verso i temi dell’architettura, non si esaurivano esclusivamente nella ricerca formale, capace di adattarsi al contesto urbano nella Danimarca degli anni ’20, ma si ampliava in una ricerca teorica capace di rispondere alle reali esigenze della società. Motivo per cui, molti dei suoi progetti furono di edilizia residenziale popolare. Nelle opere di Kay Fisker è possibile rintracciare una sensibilità profonda che è riposta nella cura e premura che accompagnavano i tratti di matita guidati dalla sua mano esperta lasciata scivolare sui fogli di carta. Perseguiva il buon disegno atto a materializzare quella precisa ed idonea conformazione di un puntuale ambiente, cercando di trovare i caratteri più opportuni per raggiungere il disegno definitivo capace di definire la corretta misura di una corte come quella di una camera. La giusta Misura ricercata nell’attento studio delle proporzioni degli elementi di un organismo architettonico. Leggendo l’architettura costruita di Kay Fisker si registra l’indissolubile relazione che incardina tutte le sue opere tra dimensione collettiva e dimensione familiare. Su entrambe profuse enorme attenzione. Osservando le opere di chi prima di lui progettò tali ambienti e ridisegnando la morfologia nella sua più profonda essenza, egli cercò sempre di sperimentare con il fine di cogliere quella atmosfera in cui aleggiavano le qualità ottimali per una vita carica di tutte quelle scene quotidiane che definiscono il palinsesto su cui un buon architetto stabilisce la trama compositiva progettuale del suo fare. Per rendere più comprensibile la figura di Kay Fisker, viene ricostruito il contesto in cui vive e lo scenario dei riferimenti che l’architetto ha costruito per se. Sia per quanto riguarda la ricerca formale che porterà avanti per tutta la sua carriera, sia le ricerche ideologiche e tipologiche che lo porteranno a disegnare, instancabilmente, varie ipotesi per lo stesso progetto, con lo scopo di confrontare le diverse idee ed elaborare quella più sostanziosa.

Kay Otto Fisker. Monumentalità del quotidiano / Quagliotto, Samuel. - (2019 Sep 25).

Kay Otto Fisker. Monumentalità del quotidiano

QUAGLIOTTO, SAMUEL
25/09/2019

Abstract

La dissertazione investiga la figura dell’architetto danese Kay Otto Fisker (1893-1965). È una figura poco conosciuta nel contesto architettonico italiano, e di cui si parla poco, o per nulla, nelle università italiane. Così il testo esplica la sua crescita professionale e gli architetti che ebbe come riferimento e i quali contribuirono alla formazione di un proprio metodo progettuale mediante il quale, per tutta la sua carriera, definì il processo pratico e teorico del suo fare architettura e che tramandò, come professore, agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Copenhagen. Si individua una selezione di progetti, suddivisi per tipologia, attraverso i quali viene esposta una lettura critica che permette di individuare temi e ricerche ricorrenti nel processo creativo di Kay Otto Fisker, un processo creativo che pone le radici nella tradizione danese e nell’attenzione riposta nel disegnare un’architettura monumentale democratica atta a costruire luoghi quotidiani di qualità per i cittadini. Kay Otto Fisker ricoprì un ruolo fondamentale e diede un contributo significativo nello sviluppo del linguaggio architettonico danese. Fu in grado di codificare i caratteri tradizionali dell’architettura del proprio paese, e traducendo il funzionalismo che affluiva dagli altri paesi europei, riuscì ad offrire una rielaborazione architettonica sapiente e pensata. L’attenzione che riponeva verso i temi dell’architettura, non si esaurivano esclusivamente nella ricerca formale, capace di adattarsi al contesto urbano nella Danimarca degli anni ’20, ma si ampliava in una ricerca teorica capace di rispondere alle reali esigenze della società. Motivo per cui, molti dei suoi progetti furono di edilizia residenziale popolare. Nelle opere di Kay Fisker è possibile rintracciare una sensibilità profonda che è riposta nella cura e premura che accompagnavano i tratti di matita guidati dalla sua mano esperta lasciata scivolare sui fogli di carta. Perseguiva il buon disegno atto a materializzare quella precisa ed idonea conformazione di un puntuale ambiente, cercando di trovare i caratteri più opportuni per raggiungere il disegno definitivo capace di definire la corretta misura di una corte come quella di una camera. La giusta Misura ricercata nell’attento studio delle proporzioni degli elementi di un organismo architettonico. Leggendo l’architettura costruita di Kay Fisker si registra l’indissolubile relazione che incardina tutte le sue opere tra dimensione collettiva e dimensione familiare. Su entrambe profuse enorme attenzione. Osservando le opere di chi prima di lui progettò tali ambienti e ridisegnando la morfologia nella sua più profonda essenza, egli cercò sempre di sperimentare con il fine di cogliere quella atmosfera in cui aleggiavano le qualità ottimali per una vita carica di tutte quelle scene quotidiane che definiscono il palinsesto su cui un buon architetto stabilisce la trama compositiva progettuale del suo fare. Per rendere più comprensibile la figura di Kay Fisker, viene ricostruito il contesto in cui vive e lo scenario dei riferimenti che l’architetto ha costruito per se. Sia per quanto riguarda la ricerca formale che porterà avanti per tutta la sua carriera, sia le ricerche ideologiche e tipologiche che lo porteranno a disegnare, instancabilmente, varie ipotesi per lo stesso progetto, con lo scopo di confrontare le diverse idee ed elaborare quella più sostanziosa.
25-set-2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1328549
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