Qualsiasi riflessione sulla società del rischio e sul suo possibile superamento deve anzitutto misurarsi col fatto che l’idea di rischio, e quella complementare di sicurezza dominano l’orizzonte culturale e l’agenda del dibattito pubblico nelle società occidentali, come sostengono numerosi autori, tra i quali ricordiamo Beck , Giddens , Bauman , Sofsky . Dalle loro analisi appare ormai chiaro come non sia possibile comprendere l’attuale fase del processo di modernizzazione senza misurarsi con questi due semplici concetti: l’interesse e l’attenzione delle scienze sociali (sociologia, psicologia, scienze politiche, diritto, antropologia) verso i temi del rischio sono una semplice e per molti versi doverosa presa d’atto della loro rilevanza e della capacità di spiegare la profondità dei mutamenti in atto. Per numerosi autori, anche di diverso orientamento, esso appare come una dimensione chiave nell’interpretazione delle culture della tarda modernità (Douglas 1990 ; Giddens, :1994; Beck, 1996; Renn e Rohrmann 2000, Lupton 2003) . Esso tende sempre più chiaramente a tradurre l’incertezza in una visione distopica del futuro che, alimentandosi di immagini e mitologie apocalittiche, si presenta sempre più inquieto e minaccioso (cfr. Levitas 2000 ; Alexander e Smith, 1996) . Il rischio, infatti, è diventato una cornice interpretativa, un criterio di scelta che fonda o influenza i corsi d’azione individuali e collettivi, intervenendo nelle scelte fino a modificare profondamente la nostra vita quotidiana, che ha finito per determinare un processo circolare di cambiamento nella semantica del futuro: l’incertezza viene convertita in rischio e a sua volta in paura. Il rischio appare infatti come una dimensione sempre più pervasiva dell’azione sociale, che tende a “colonizzare” ogni aspetto della quotidianità e del nostro immaginario: dall’alimentazione alla forma fisica, dalla prevenzione delle malattie alla scelta dei mezzi di trasporto, dalle preferenze sessuali ai rapporti interpersonali, dallo smaltimento dei rifiuti fino alla gestione del risparmio si può davvero dire che non c’è aspetto della nostra vita che non implichi qualche tipo di valutazione del rischio e una presa di posizione in termini di comportamenti, atteggiamenti e manifestazioni di consenso. In quella che è stata definita come società del rischio, siamo infatti continuamente chiamati ad occuparci della gestione del rischio di qualsiasi cosa (Power 2004) . La nostra ossessione per il rischio, così come l’idea di organizzare la nostra intera esistenza intorno al bisogno di sicurezza hanno così assunto un importanza cruciale per comprendere il nostro tempo. I media rappresentano uno degli ambiti discorsivi in cui questa visione ubiqua, immanente ed incombente del rischio, tipica della nostra epoca sembra prendere forma in modo più visibile, modificando il linguaggio fino a sollecitare un mutamento dei climi d’opinione. I media rappresentano infatti la principale arena pubblica in cui avviene il processo di costruzione dei problemi sociali, che ha un carattere dinamico e competitivo e prevede che i problemi in agenda (e dunque gli attori che li propongono) si contendano spazi nelle arene istituzionali – i media in primis – che consentono di discutere un numero limitato di questioni in un determinato lasso di tempo . La realtà “costruita” dai mezzi d’informazione, lungi dall’essere un mero riflesso della realtà sociale, diventa il luogo in cui il dibattito tende a cristallizzarsi, rendendo possibili una recensione e talvolta una diagnosi dei fenomeni in atto. Se lo scopo è quello di documentare il progressivo radicamento dell’idea di rischio, la stampa può rappresentare un formidabile indicatore del clima culturale in atto. Per questo motivo sono stati considerati gli articoli pubblicati dalle cinque testate più lette in Italia: Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, La Stampa e il Sole 24 ore. Selezionando tra tutti gli articoli pubblicati nel periodo compreso tra il 1 gennaio del 2002 e il 31 dicembre 2011, è stato così possibile individuare ben 6850 articoli contenenti la parola “rischio” nel titolo, mediamente 1,88 al giorno.

Il rischio come cornice culturale dell’incertezza / Cerase, Andrea. - In: LEUSSEIN. - ISSN 1974-5818. - 6:1-2(2013), pp. 19-29.

Il rischio come cornice culturale dell’incertezza

cerase
2013

Abstract

Qualsiasi riflessione sulla società del rischio e sul suo possibile superamento deve anzitutto misurarsi col fatto che l’idea di rischio, e quella complementare di sicurezza dominano l’orizzonte culturale e l’agenda del dibattito pubblico nelle società occidentali, come sostengono numerosi autori, tra i quali ricordiamo Beck , Giddens , Bauman , Sofsky . Dalle loro analisi appare ormai chiaro come non sia possibile comprendere l’attuale fase del processo di modernizzazione senza misurarsi con questi due semplici concetti: l’interesse e l’attenzione delle scienze sociali (sociologia, psicologia, scienze politiche, diritto, antropologia) verso i temi del rischio sono una semplice e per molti versi doverosa presa d’atto della loro rilevanza e della capacità di spiegare la profondità dei mutamenti in atto. Per numerosi autori, anche di diverso orientamento, esso appare come una dimensione chiave nell’interpretazione delle culture della tarda modernità (Douglas 1990 ; Giddens, :1994; Beck, 1996; Renn e Rohrmann 2000, Lupton 2003) . Esso tende sempre più chiaramente a tradurre l’incertezza in una visione distopica del futuro che, alimentandosi di immagini e mitologie apocalittiche, si presenta sempre più inquieto e minaccioso (cfr. Levitas 2000 ; Alexander e Smith, 1996) . Il rischio, infatti, è diventato una cornice interpretativa, un criterio di scelta che fonda o influenza i corsi d’azione individuali e collettivi, intervenendo nelle scelte fino a modificare profondamente la nostra vita quotidiana, che ha finito per determinare un processo circolare di cambiamento nella semantica del futuro: l’incertezza viene convertita in rischio e a sua volta in paura. Il rischio appare infatti come una dimensione sempre più pervasiva dell’azione sociale, che tende a “colonizzare” ogni aspetto della quotidianità e del nostro immaginario: dall’alimentazione alla forma fisica, dalla prevenzione delle malattie alla scelta dei mezzi di trasporto, dalle preferenze sessuali ai rapporti interpersonali, dallo smaltimento dei rifiuti fino alla gestione del risparmio si può davvero dire che non c’è aspetto della nostra vita che non implichi qualche tipo di valutazione del rischio e una presa di posizione in termini di comportamenti, atteggiamenti e manifestazioni di consenso. In quella che è stata definita come società del rischio, siamo infatti continuamente chiamati ad occuparci della gestione del rischio di qualsiasi cosa (Power 2004) . La nostra ossessione per il rischio, così come l’idea di organizzare la nostra intera esistenza intorno al bisogno di sicurezza hanno così assunto un importanza cruciale per comprendere il nostro tempo. I media rappresentano uno degli ambiti discorsivi in cui questa visione ubiqua, immanente ed incombente del rischio, tipica della nostra epoca sembra prendere forma in modo più visibile, modificando il linguaggio fino a sollecitare un mutamento dei climi d’opinione. I media rappresentano infatti la principale arena pubblica in cui avviene il processo di costruzione dei problemi sociali, che ha un carattere dinamico e competitivo e prevede che i problemi in agenda (e dunque gli attori che li propongono) si contendano spazi nelle arene istituzionali – i media in primis – che consentono di discutere un numero limitato di questioni in un determinato lasso di tempo . La realtà “costruita” dai mezzi d’informazione, lungi dall’essere un mero riflesso della realtà sociale, diventa il luogo in cui il dibattito tende a cristallizzarsi, rendendo possibili una recensione e talvolta una diagnosi dei fenomeni in atto. Se lo scopo è quello di documentare il progressivo radicamento dell’idea di rischio, la stampa può rappresentare un formidabile indicatore del clima culturale in atto. Per questo motivo sono stati considerati gli articoli pubblicati dalle cinque testate più lette in Italia: Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, La Stampa e il Sole 24 ore. Selezionando tra tutti gli articoli pubblicati nel periodo compreso tra il 1 gennaio del 2002 e il 31 dicembre 2011, è stato così possibile individuare ben 6850 articoli contenenti la parola “rischio” nel titolo, mediamente 1,88 al giorno.
2013
rischio; sociologia del rischio; culture della modernità; modernizzazione
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Il rischio come cornice culturale dell’incertezza / Cerase, Andrea. - In: LEUSSEIN. - ISSN 1974-5818. - 6:1-2(2013), pp. 19-29.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1291459
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