La misura del potenziale ossidativo (PO) è generalmente considerata come un indice predittivo della capacità del PM di generare specie reattive dell'ossigeno (ROS) negli organismi biologici. In letteratura sono riportati numerosi studi effettuati mediante l’impiego di diversi saggi acellulari per la determinazione del PO. Tali studi presentano diverse incongruenze, indicando la necessità di approfondire la verifica della selettività di questi saggi rispetto alle singole componenti del PM. In questo lavoro, i tre metodi più utilizzati in letteratura (ditiotreitolo-DTT, acido ascorbico-AA e 2',7'-diclorofluoresceina-DCFH; Fang et al., 2016, Huang et al., 2016) sono stati applicati a campioni di particolato chimicamente caratterizzati, al fine di valutare la loro risposta ai contributi delle singole sorgenti emissive. La prima fase del lavoro ha riguardato l’ottimizzazione delle procedure analitiche delle tre metodiche di misura del PO, al fine di rendere i tre metodi compatibili con le procedure analitiche utilizzate per la caratterizzazione chimica dei campioni (elementi, ioni, WSOC). I metodi sono quindi stati applicati a polveri non supportate di origine diversa (suolo, polvere stradale, polvere derivante dall’abrasione dei freni, sabbia desertica, ceneri derivanti da combustione di biomasse) e a campioni di PM10 e PM2.5 raccolti in un sito urbano di traffico (Roma) e in un sito industriale (Ferrara). Ciascun saggio ha mostrato una diversa sensibilità nei confronti delle specie ossidanti: il metodo DTT è risultato più sensibile alle sostanze organiche ed ai contributi combustivi, mentre il metodo AA ha mostrato maggiore sensibilità rispetto a polveri ricche di metalli e metalloidi. Il metodo DCFH, che coinvolge una reazione enzimatica, ha fornito risultati di più difficile interpretazione, probabilmente a causa della presenza nelle polveri di inibitori enzimatici. I valori di PO misurati ai due siti sono risultati confrontabili, nonostante le notevoli differenze nella composizione chimica delle polveri. L’applicazione dei metodi a filtri campionati con impattore multistadio ha permesso di confermare la diversa sensibilità dei metodi rispetto a classi di sorgenti con diverso profilo dimensionale
Applicazione di tre diversi metodi di misura del potenziale ossidativo in area urbana ed industriale / Canepari, S.; Simonetti, G.; Perrino, C.. - (2018), pp. 1-84. (Intervento presentato al convegno VIIII Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico tenutosi a Matera).
Applicazione di tre diversi metodi di misura del potenziale ossidativo in area urbana ed industriale
S. Canepari;G. Simonetti;
2018
Abstract
La misura del potenziale ossidativo (PO) è generalmente considerata come un indice predittivo della capacità del PM di generare specie reattive dell'ossigeno (ROS) negli organismi biologici. In letteratura sono riportati numerosi studi effettuati mediante l’impiego di diversi saggi acellulari per la determinazione del PO. Tali studi presentano diverse incongruenze, indicando la necessità di approfondire la verifica della selettività di questi saggi rispetto alle singole componenti del PM. In questo lavoro, i tre metodi più utilizzati in letteratura (ditiotreitolo-DTT, acido ascorbico-AA e 2',7'-diclorofluoresceina-DCFH; Fang et al., 2016, Huang et al., 2016) sono stati applicati a campioni di particolato chimicamente caratterizzati, al fine di valutare la loro risposta ai contributi delle singole sorgenti emissive. La prima fase del lavoro ha riguardato l’ottimizzazione delle procedure analitiche delle tre metodiche di misura del PO, al fine di rendere i tre metodi compatibili con le procedure analitiche utilizzate per la caratterizzazione chimica dei campioni (elementi, ioni, WSOC). I metodi sono quindi stati applicati a polveri non supportate di origine diversa (suolo, polvere stradale, polvere derivante dall’abrasione dei freni, sabbia desertica, ceneri derivanti da combustione di biomasse) e a campioni di PM10 e PM2.5 raccolti in un sito urbano di traffico (Roma) e in un sito industriale (Ferrara). Ciascun saggio ha mostrato una diversa sensibilità nei confronti delle specie ossidanti: il metodo DTT è risultato più sensibile alle sostanze organiche ed ai contributi combustivi, mentre il metodo AA ha mostrato maggiore sensibilità rispetto a polveri ricche di metalli e metalloidi. Il metodo DCFH, che coinvolge una reazione enzimatica, ha fornito risultati di più difficile interpretazione, probabilmente a causa della presenza nelle polveri di inibitori enzimatici. I valori di PO misurati ai due siti sono risultati confrontabili, nonostante le notevoli differenze nella composizione chimica delle polveri. L’applicazione dei metodi a filtri campionati con impattore multistadio ha permesso di confermare la diversa sensibilità dei metodi rispetto a classi di sorgenti con diverso profilo dimensionaleFile | Dimensione | Formato | |
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