Obiettivo dell’elaborato è quello di analizzare le modalità con cui i partiti euroscettici comunicano la loro avversione all’Europa e alle sue policies attraverso l’utilizzo degli spot elettorali, forme brevi di comunicazione politica audiovisiva prodotte per la tv e il web, ma anche di indagare le ragioni che incoraggiano l’emergere dell’atteggiamento euroscettico. Nei diversi Stati membri, le forze euroscettiche si oppongono all’Unione in modi diversi e in relazione a tematiche differenti, e pertanto risulta spesso complesso per gli altri Paesi – ma anche per le istituzioni comunitarie – comprendere le motivazioni alla base di tale atteggiamento e le modalità con cui tali partiti intendono modificare e migliorare l’assetto europeo. Propri a causa di queste diversità, le forze euroscettiche non riescono a dar forma a una visione comune e a collaborare come unico centro di potere all’interno del Parlamento Europeo, e soprattutto finiscono per accentuare il loro carattere nazionalista. Saranno presi in esame i partiti euroscettici di quattro Stati membri dell’Unione, che hanno ottenuto il maggior numero di voti alle ultime elezioni (siano esse nazionali o europee). Come criterio di costruzione del corpus dei Paesi si è fatto ricorso allo schema per macroregioni proposto dalle Nazioni Unite. Nello specifico, l’analisi si concentra sul Front National (Francia) per l’Europa occidentale; sul Prawo i Sprawiedliwość (Polonia) per l’Europa orientale; sul Dansk Folkeparti (Danimarca) per l’Europa settentrionale; sulla Lega Nord (Italia) per l’Europa meridionale. L’analisi longitudinale sarà condotta su un arco temporale di 10 anni, dal 2008 al 2018, un periodo che è stato caratterizzato proprio da un aumento del consenso verso i partiti euroscettici sia nei Paesi “vecchi” (+2,7%) sia in quelli “nuovi” (+4,7%), come emerge dalle rilevazioni condotte da Eurobarometro. Probabilmente sull’intensificarsi del sentimento euroscettico (un fenomeno non inedito che trova spazio all’interno dell’Unione già a partire dalla ratifica del Trattato di Maastricht del 1992) ha agito la difficile crisi economica, arrivata in Europa proprio a partire dal 2008, e le conseguenti crisi sociale e politica che hanno contribuito all’affermarsi di quella che viene definita la Grande Recessione (Canterbery 2011; Kahler e Lake 2013; Rombi 2016), nonché dalla crisi migratoria sorta a seguito dei tumulti, la cosiddette Primavera Araba, verificatosi nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa a partire dalla fine del 2010. Supporta tale ipotesi il fatto che in 21 Paesi membri la il sentimento euroscettico, e quindi gli elettori euroscettici, abbiano subìto un incremento proprio nel periodo successivo al 2008. Ma ancora risale alla fase post-crisi la nascita di movimenti politici dichiaratamente avversi all’Europa soprattutto nelle macroregioni meridionali e orientali, mentre risultano ben più radicati i partiti euroscettici nelle regioni settentrionali e occidentali. Nello specifico, il corpus sarà costituito dall’insieme degli spot elettorali prodotti dai partiti euroscettici selezionati e riguardanti sia le tornate elettorali nazionali sia quelle europee, che si sono svolte a partire dal 2008 nei Paesi oggetto di studio (nel complesso sono stati analizzati 193 spot elettorali). La scelta di includere sia la dimensione nazionale sia quella sovranazionale, al di là del fatto che questo permette di ottenere un corpus numericamente più ampio e quindi maggiormente in grado di restituire un’idea sull’evoluzione delle forme di comunicazione audiovisiva di questi partiti, ci permette di realizzare uno studio sulla trasformazione e la rilevanza che la issue Europa ha acquisito anche nei programmi elettorali dei singoli partiti a livello nazionale (Leonard e Torreblanca 2014; Barbieri 2015). Una prima fase di ricerca consente di delineare le radici storiche dell’euroscetticismo, definito un “termine ombrello”, ossia un concetto sottoposto a una molteplicità di interpretazioni e di significazioni. Una condizione che ha portato al proliferare di studi e ricerche sul tema, e quindi all’affermarsi di una vasta produzione scientifica, che alimentano la difficile comprensione del fenomeno (Taggart 1998; Mudde e Kopecky 2002; Szczerbiak e Taggart 2001, 2004, 2008; Harmsen e Spiering 2004; Leconte 2010). Nei primi anni Novanta, gli studi si concentrano principalmente sulla costruzione dell’identità europea, spesso legata al processo di integrazione e di sostegno al progetto europeo; ma, alla fine del secolo scorso, gli studi si sono focalizzati esplicitamente sulla definizione e classificazione dell’euroscetticismo e sulle ragioni della sua crescita. La definizione principale – che è anche la più utilizzata nella letteratura – è stata teorizzata da Taggart e Szczerbiak (2004), ma essa non sembra riflettere la complessità del fenomeno. Infatti, essi identificano due tipologie: l’euroscetticismo soft, ossia un’opposizione verso specifiche policies, e un euroscetticismo hard, che invece si riferisce a un’opposizione di principio all’attuale forma di integrazione dell’Unione. Per contrastare i limiti di questa definiziona, altri ricercatori hanno provato a definire il concetto in modo diverso: ad esempio, Mudde e Kopecky (2002) identificano quattro tipi di atteggiamento verso l’Europa che permettono di classificare i partiti euroscettici; un’altra definizione emerge dalle riflessioni di Lubbers e Scheepers (2005), che identificano invece un euroscetticismo politico e uno strumentale. La successiva ricerca di sfondo permette di indagare l’affermarsi e l’evolversi dello spot in ambito politico, partendo dalla rilevanza che ha assunto a partire da quella che viene definita la terza fase della comunicazione politica (Blumler e Kavanagh 1999), o era post-moderna (Norris 2000), nella quale assumono particolare rilevanza gli strumenti e le strategie proprie del marketing politico. A tal fine, nel lavoro proposto è presente una ricognizione teorica di quelle che sono le strategie del marketing politico, delle caratteristiche fondamentali della political advertising e, in particolare, dello spot politico, ponendo l’attenzione sulla sua differente evoluzione, sugli elementi costitutivi e sui generi maggiormente utilizzati nelle strategie di campagna dalle forze politiche in campo. Inoltre, sono passati in rassegna i generi della comunicazione breve audiovisiva, i cambiamenti nelle modalità di diffusione dovuti soprattutto all’avvento della Rete, le trasformazioni nella costruzione dei messaggi veicolati dovute all’affermarsi di fenomeni come la professionalizzazione, la spettacolarizzazione e la personalizzazione (Kaid 1981; Diamond e Bates 1992; Pezzini 2001; Novelli 2012). Si è scelto di analizzare gli spot elettori perché questi prodotti sono realizzati direttamente dai partiti politici, quindi non sono influenzati dal sistema dei media (come avviene per i discorsi dei leader politici nei talk show televisivi o nei telegiornali), e inoltre questi messaggi si focalizzano su quelli che sono considerati i temi più importanti e rilevanti da parte dei partiti politici, e che talvolta risultano essere anche i temi più importanti nell’agenda di campagna. Dopo un’analisi storico-politica dei partiti selezionati, del contesto nazionale in cui si inseriscono e degli elementi caratterizzanti le tornate elettorati prese in esame, sugli spot relativi ai diversi partiti euroscettici oggetto di analisi saranno condotte due tipologie di analisi: un’analisi del contenuto, tipica degli studi statunitensi, che con l’utilizzo di una scheda di rilevazione pre-impostata permetterà di individuare il tono positive o negative, i generi maggiormente utilizzati, il grado di personalizzazione, le tematiche affrontate e la valutazione dell’Unione Europea; un’analisi di tipo semiotico per poter scorgere i significati e i simboli dei diversi elementi estetici che costituiscono i messaggi audiovisivi. L’utilizzo sincretico di queste due tipologie di analisi, che sarà realizzata attraverso l’inserimento nel codebook di variabili riconducibili all’approccio semiotico, darà non solo la possibilità di individuare le modalità con cui i Paesi euroscettici provano a diffondere l’ostilità verso l’Unione e di raccogliere prove sull’effettiva crescita dell’euroscetticismo nell’epoca contemporanea, ma anche di definire le tipologie di partito che più di altri presentano chiari atteggiamenti di opposizione all’Unione e/o alle sue politiche di integrazione.
Comunicare l’euroscetticismo. Analisi degli spot elettorali dei partiti euroscettici dal 2008 al 2018 / Stolfi, Melissa. - (2019 Feb 21).
Comunicare l’euroscetticismo. Analisi degli spot elettorali dei partiti euroscettici dal 2008 al 2018
STOLFI, MELISSA
21/02/2019
Abstract
Obiettivo dell’elaborato è quello di analizzare le modalità con cui i partiti euroscettici comunicano la loro avversione all’Europa e alle sue policies attraverso l’utilizzo degli spot elettorali, forme brevi di comunicazione politica audiovisiva prodotte per la tv e il web, ma anche di indagare le ragioni che incoraggiano l’emergere dell’atteggiamento euroscettico. Nei diversi Stati membri, le forze euroscettiche si oppongono all’Unione in modi diversi e in relazione a tematiche differenti, e pertanto risulta spesso complesso per gli altri Paesi – ma anche per le istituzioni comunitarie – comprendere le motivazioni alla base di tale atteggiamento e le modalità con cui tali partiti intendono modificare e migliorare l’assetto europeo. Propri a causa di queste diversità, le forze euroscettiche non riescono a dar forma a una visione comune e a collaborare come unico centro di potere all’interno del Parlamento Europeo, e soprattutto finiscono per accentuare il loro carattere nazionalista. Saranno presi in esame i partiti euroscettici di quattro Stati membri dell’Unione, che hanno ottenuto il maggior numero di voti alle ultime elezioni (siano esse nazionali o europee). Come criterio di costruzione del corpus dei Paesi si è fatto ricorso allo schema per macroregioni proposto dalle Nazioni Unite. Nello specifico, l’analisi si concentra sul Front National (Francia) per l’Europa occidentale; sul Prawo i Sprawiedliwość (Polonia) per l’Europa orientale; sul Dansk Folkeparti (Danimarca) per l’Europa settentrionale; sulla Lega Nord (Italia) per l’Europa meridionale. L’analisi longitudinale sarà condotta su un arco temporale di 10 anni, dal 2008 al 2018, un periodo che è stato caratterizzato proprio da un aumento del consenso verso i partiti euroscettici sia nei Paesi “vecchi” (+2,7%) sia in quelli “nuovi” (+4,7%), come emerge dalle rilevazioni condotte da Eurobarometro. Probabilmente sull’intensificarsi del sentimento euroscettico (un fenomeno non inedito che trova spazio all’interno dell’Unione già a partire dalla ratifica del Trattato di Maastricht del 1992) ha agito la difficile crisi economica, arrivata in Europa proprio a partire dal 2008, e le conseguenti crisi sociale e politica che hanno contribuito all’affermarsi di quella che viene definita la Grande Recessione (Canterbery 2011; Kahler e Lake 2013; Rombi 2016), nonché dalla crisi migratoria sorta a seguito dei tumulti, la cosiddette Primavera Araba, verificatosi nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa a partire dalla fine del 2010. Supporta tale ipotesi il fatto che in 21 Paesi membri la il sentimento euroscettico, e quindi gli elettori euroscettici, abbiano subìto un incremento proprio nel periodo successivo al 2008. Ma ancora risale alla fase post-crisi la nascita di movimenti politici dichiaratamente avversi all’Europa soprattutto nelle macroregioni meridionali e orientali, mentre risultano ben più radicati i partiti euroscettici nelle regioni settentrionali e occidentali. Nello specifico, il corpus sarà costituito dall’insieme degli spot elettorali prodotti dai partiti euroscettici selezionati e riguardanti sia le tornate elettorali nazionali sia quelle europee, che si sono svolte a partire dal 2008 nei Paesi oggetto di studio (nel complesso sono stati analizzati 193 spot elettorali). La scelta di includere sia la dimensione nazionale sia quella sovranazionale, al di là del fatto che questo permette di ottenere un corpus numericamente più ampio e quindi maggiormente in grado di restituire un’idea sull’evoluzione delle forme di comunicazione audiovisiva di questi partiti, ci permette di realizzare uno studio sulla trasformazione e la rilevanza che la issue Europa ha acquisito anche nei programmi elettorali dei singoli partiti a livello nazionale (Leonard e Torreblanca 2014; Barbieri 2015). Una prima fase di ricerca consente di delineare le radici storiche dell’euroscetticismo, definito un “termine ombrello”, ossia un concetto sottoposto a una molteplicità di interpretazioni e di significazioni. Una condizione che ha portato al proliferare di studi e ricerche sul tema, e quindi all’affermarsi di una vasta produzione scientifica, che alimentano la difficile comprensione del fenomeno (Taggart 1998; Mudde e Kopecky 2002; Szczerbiak e Taggart 2001, 2004, 2008; Harmsen e Spiering 2004; Leconte 2010). Nei primi anni Novanta, gli studi si concentrano principalmente sulla costruzione dell’identità europea, spesso legata al processo di integrazione e di sostegno al progetto europeo; ma, alla fine del secolo scorso, gli studi si sono focalizzati esplicitamente sulla definizione e classificazione dell’euroscetticismo e sulle ragioni della sua crescita. La definizione principale – che è anche la più utilizzata nella letteratura – è stata teorizzata da Taggart e Szczerbiak (2004), ma essa non sembra riflettere la complessità del fenomeno. Infatti, essi identificano due tipologie: l’euroscetticismo soft, ossia un’opposizione verso specifiche policies, e un euroscetticismo hard, che invece si riferisce a un’opposizione di principio all’attuale forma di integrazione dell’Unione. Per contrastare i limiti di questa definiziona, altri ricercatori hanno provato a definire il concetto in modo diverso: ad esempio, Mudde e Kopecky (2002) identificano quattro tipi di atteggiamento verso l’Europa che permettono di classificare i partiti euroscettici; un’altra definizione emerge dalle riflessioni di Lubbers e Scheepers (2005), che identificano invece un euroscetticismo politico e uno strumentale. La successiva ricerca di sfondo permette di indagare l’affermarsi e l’evolversi dello spot in ambito politico, partendo dalla rilevanza che ha assunto a partire da quella che viene definita la terza fase della comunicazione politica (Blumler e Kavanagh 1999), o era post-moderna (Norris 2000), nella quale assumono particolare rilevanza gli strumenti e le strategie proprie del marketing politico. A tal fine, nel lavoro proposto è presente una ricognizione teorica di quelle che sono le strategie del marketing politico, delle caratteristiche fondamentali della political advertising e, in particolare, dello spot politico, ponendo l’attenzione sulla sua differente evoluzione, sugli elementi costitutivi e sui generi maggiormente utilizzati nelle strategie di campagna dalle forze politiche in campo. Inoltre, sono passati in rassegna i generi della comunicazione breve audiovisiva, i cambiamenti nelle modalità di diffusione dovuti soprattutto all’avvento della Rete, le trasformazioni nella costruzione dei messaggi veicolati dovute all’affermarsi di fenomeni come la professionalizzazione, la spettacolarizzazione e la personalizzazione (Kaid 1981; Diamond e Bates 1992; Pezzini 2001; Novelli 2012). Si è scelto di analizzare gli spot elettori perché questi prodotti sono realizzati direttamente dai partiti politici, quindi non sono influenzati dal sistema dei media (come avviene per i discorsi dei leader politici nei talk show televisivi o nei telegiornali), e inoltre questi messaggi si focalizzano su quelli che sono considerati i temi più importanti e rilevanti da parte dei partiti politici, e che talvolta risultano essere anche i temi più importanti nell’agenda di campagna. Dopo un’analisi storico-politica dei partiti selezionati, del contesto nazionale in cui si inseriscono e degli elementi caratterizzanti le tornate elettorati prese in esame, sugli spot relativi ai diversi partiti euroscettici oggetto di analisi saranno condotte due tipologie di analisi: un’analisi del contenuto, tipica degli studi statunitensi, che con l’utilizzo di una scheda di rilevazione pre-impostata permetterà di individuare il tono positive o negative, i generi maggiormente utilizzati, il grado di personalizzazione, le tematiche affrontate e la valutazione dell’Unione Europea; un’analisi di tipo semiotico per poter scorgere i significati e i simboli dei diversi elementi estetici che costituiscono i messaggi audiovisivi. L’utilizzo sincretico di queste due tipologie di analisi, che sarà realizzata attraverso l’inserimento nel codebook di variabili riconducibili all’approccio semiotico, darà non solo la possibilità di individuare le modalità con cui i Paesi euroscettici provano a diffondere l’ostilità verso l’Unione e di raccogliere prove sull’effettiva crescita dell’euroscetticismo nell’epoca contemporanea, ma anche di definire le tipologie di partito che più di altri presentano chiari atteggiamenti di opposizione all’Unione e/o alle sue politiche di integrazione.File | Dimensione | Formato | |
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