I fenomeni di proliferazione diffusa degli insediamenti e le modalità intensive di sfruttamento delle risorse territoriali stanno progressivamente determinando la perdita del rapporto tra centri storici e contesto urbano-territoriale, che insieme ai cambiamenti d’uso, all’obsolescenza dei sistemi della mobilità, ai vuoti urbani esito delle trasformazioni dei modelli di produzione, determinano la necessità di nuove strategie di riequilibrio territoriale. Per quei centri storici minori, che vivono fenomeni di abbandono da parte della popolazione originaria, di aumento dell’età media insediata e fragilizzazione delle economie e dei luoghi, la varietà dei beni culturali è frutto di caratteri identitari ancora ben individuabili, forme e significati che vanno preservati. In una concezione più ampia della nozione di patrimonio culturale si ritiene possano ascriversi a pieno titolo le reti ferroviarie minori, con particolare riferimento a quelle con caratteri storici, sia nelle opere sia nei percorsi. Il carattere di abbandono o sottoutilizzo in cui verte una quantità sempre maggiore di linee secondarie, frutto dei processi di liberalizzazione e di politiche di mobilità inique, che hanno prodotto enormi costi sociali in termini di esclusione, mancanza di accessibilità ai beni e servizi primari, disuguaglianza territoriale e marginalità nei confronti delle grandi aree urbane (SNAI, 2014), si traduce oggi in un’opportunità di rigenerazione delle linee, fili interrotti che conducono a opere di forte pregio e identità, stazioni, viadotti, ponti, case cantoniere, elementi da risignificare in una prospettiva di rilancio dei centri storici minori verso una inversione dell’attuale carattere marginale di tali realtà.

Centri storici minori e patrimonio ferroviario in abbandono: le opportunità di rigenerazione / Amato, Chiara; Bevilacqua, Giulia. - In: PLANUM. - ISSN 1723-0993. - (2018), pp. 103-107.

Centri storici minori e patrimonio ferroviario in abbandono: le opportunità di rigenerazione

Chiara Amato
Co-primo
;
Giulia Bevilacqua
Co-primo
2018

Abstract

I fenomeni di proliferazione diffusa degli insediamenti e le modalità intensive di sfruttamento delle risorse territoriali stanno progressivamente determinando la perdita del rapporto tra centri storici e contesto urbano-territoriale, che insieme ai cambiamenti d’uso, all’obsolescenza dei sistemi della mobilità, ai vuoti urbani esito delle trasformazioni dei modelli di produzione, determinano la necessità di nuove strategie di riequilibrio territoriale. Per quei centri storici minori, che vivono fenomeni di abbandono da parte della popolazione originaria, di aumento dell’età media insediata e fragilizzazione delle economie e dei luoghi, la varietà dei beni culturali è frutto di caratteri identitari ancora ben individuabili, forme e significati che vanno preservati. In una concezione più ampia della nozione di patrimonio culturale si ritiene possano ascriversi a pieno titolo le reti ferroviarie minori, con particolare riferimento a quelle con caratteri storici, sia nelle opere sia nei percorsi. Il carattere di abbandono o sottoutilizzo in cui verte una quantità sempre maggiore di linee secondarie, frutto dei processi di liberalizzazione e di politiche di mobilità inique, che hanno prodotto enormi costi sociali in termini di esclusione, mancanza di accessibilità ai beni e servizi primari, disuguaglianza territoriale e marginalità nei confronti delle grandi aree urbane (SNAI, 2014), si traduce oggi in un’opportunità di rigenerazione delle linee, fili interrotti che conducono a opere di forte pregio e identità, stazioni, viadotti, ponti, case cantoniere, elementi da risignificare in una prospettiva di rilancio dei centri storici minori verso una inversione dell’attuale carattere marginale di tali realtà.
2018
social exclusion; integration; heritage; fragile territories
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Centri storici minori e patrimonio ferroviario in abbandono: le opportunità di rigenerazione / Amato, Chiara; Bevilacqua, Giulia. - In: PLANUM. - ISSN 1723-0993. - (2018), pp. 103-107.
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