Superato l’approccio votato all’esaltazione della dimensione «estetica» del patrimonio culturale, tanto in Italia, quanto in altri contesti europei - come quello francese e britannico - si aprono scenari diversi nella valutazione del ruolo e del peso che il ‘fattore cultura’ assume all’interno della società contemporanea e degli ordinamenti giuridici nazionali. La necessità di assicurare, in concreto, un pari accesso alle manifestazioni, materiali ed astratte, di valore e valenza culturale, oltre che il bisogno di garantire livelli minimi di fruizione del patrimonio storico-artistico della Nazione, non solo nei confronti dei propri cittadini, ma della più ampia categoria di visitatori che un’istituzione culturale è in grado di ospitare, hanno rappresentato i principali obiettivi perseguiti dai legislatori e dalle amministrazioni nazionali europee, in particolare nell’ultimo ventennio. In quest’ottica sono state concepite le politiche di riforma dell’Amministrazione francese, dirette ad estendere il modello dell’administration déconcentrée in ambito culturale, ad implementare il dialogo tra centro e periferia, lasciando alle collectivités territoriales la possibilità di stipulare conventions de développement culturel, oltre che di costituire autonomamente enti pubblici partecipati da più soggetti locali (istituzioni ed enti autonomi) per promuovere iniziative culturali ad ampio spettro, sul modello degli établissements publics de coopération culturel (EPCC). Alla stessa necessità di dare spazio ad iniziative di diffusione e promozione culturale, secondo una logica di decentramento, risponde anche il modello di organizzazione amministrativa presente nel Regno Unito, dove oltre al Department for Digital Media Culture and Sport (DCMS), una rete capillare di organismi autonomi (Non-Departmental Public Bodies - NDPBs) operano in connessione con esso, sostenendo le attività di settore, sia da un punto di vista finanziario, che operativo, anche a supporto di istituzioni private. In Italia, la natura sostanzialmente pubblica riconosciuta ai beni facenti parte del patrimonio culturale della Nazione ha a lungo impedito il concretizzarsi di logiche di decentramento amministrativo e gestionale, pure favorevoli al raggiungimento del fine costituzionale della promozione e sviluppo della cultura. Un esempio paradigmatico può essere individuato nei musei pubblici statali, fino a tempi recenti considerati parte integrante dell’apparato amministrativo di settore, in qualità di uffici interni alla relativa soprintendenza, sostanzialmente incapaci di poter indirizzare le proprie attività ed di esserne responsabili (accountable). La riforma dei musei statali intrapresa negli ultimi anni ha in parte sanato le problematiche relative al regime precedente, benché restino ancora numerose criticità irrisolte, facenti capo in via generale al mancato riconoscimento di personalità giuridica agli stessi. Conferendo però a detti musei autonomia organizzativa, gestionale e contabile, l’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, sullo spunto di esperienze già sperimentate anche in Francia e nel Regno Unito, è stato comunque quello di inserire i medesimi all’interno di un ‘sistema’ più ampio, in grado di regolarne la governance e di collegare - più in generale - i vari istituti della cultura (pubblici e privati) presenti sul territorio nazionale, tale da integrarne la gestione.

Cultura e amministrazione. Nuovi modelli di valorizzazione delle istituzioni museali statali / Pangallozzi, MARIA CRISTINA. - (2019 Feb 11).

Cultura e amministrazione. Nuovi modelli di valorizzazione delle istituzioni museali statali

PANGALLOZZI, MARIA CRISTINA
11/02/2019

Abstract

Superato l’approccio votato all’esaltazione della dimensione «estetica» del patrimonio culturale, tanto in Italia, quanto in altri contesti europei - come quello francese e britannico - si aprono scenari diversi nella valutazione del ruolo e del peso che il ‘fattore cultura’ assume all’interno della società contemporanea e degli ordinamenti giuridici nazionali. La necessità di assicurare, in concreto, un pari accesso alle manifestazioni, materiali ed astratte, di valore e valenza culturale, oltre che il bisogno di garantire livelli minimi di fruizione del patrimonio storico-artistico della Nazione, non solo nei confronti dei propri cittadini, ma della più ampia categoria di visitatori che un’istituzione culturale è in grado di ospitare, hanno rappresentato i principali obiettivi perseguiti dai legislatori e dalle amministrazioni nazionali europee, in particolare nell’ultimo ventennio. In quest’ottica sono state concepite le politiche di riforma dell’Amministrazione francese, dirette ad estendere il modello dell’administration déconcentrée in ambito culturale, ad implementare il dialogo tra centro e periferia, lasciando alle collectivités territoriales la possibilità di stipulare conventions de développement culturel, oltre che di costituire autonomamente enti pubblici partecipati da più soggetti locali (istituzioni ed enti autonomi) per promuovere iniziative culturali ad ampio spettro, sul modello degli établissements publics de coopération culturel (EPCC). Alla stessa necessità di dare spazio ad iniziative di diffusione e promozione culturale, secondo una logica di decentramento, risponde anche il modello di organizzazione amministrativa presente nel Regno Unito, dove oltre al Department for Digital Media Culture and Sport (DCMS), una rete capillare di organismi autonomi (Non-Departmental Public Bodies - NDPBs) operano in connessione con esso, sostenendo le attività di settore, sia da un punto di vista finanziario, che operativo, anche a supporto di istituzioni private. In Italia, la natura sostanzialmente pubblica riconosciuta ai beni facenti parte del patrimonio culturale della Nazione ha a lungo impedito il concretizzarsi di logiche di decentramento amministrativo e gestionale, pure favorevoli al raggiungimento del fine costituzionale della promozione e sviluppo della cultura. Un esempio paradigmatico può essere individuato nei musei pubblici statali, fino a tempi recenti considerati parte integrante dell’apparato amministrativo di settore, in qualità di uffici interni alla relativa soprintendenza, sostanzialmente incapaci di poter indirizzare le proprie attività ed di esserne responsabili (accountable). La riforma dei musei statali intrapresa negli ultimi anni ha in parte sanato le problematiche relative al regime precedente, benché restino ancora numerose criticità irrisolte, facenti capo in via generale al mancato riconoscimento di personalità giuridica agli stessi. Conferendo però a detti musei autonomia organizzativa, gestionale e contabile, l’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, sullo spunto di esperienze già sperimentate anche in Francia e nel Regno Unito, è stato comunque quello di inserire i medesimi all’interno di un ‘sistema’ più ampio, in grado di regolarne la governance e di collegare - più in generale - i vari istituti della cultura (pubblici e privati) presenti sul territorio nazionale, tale da integrarne la gestione.
11-feb-2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1241032
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