L’atto simbolico con cui inizia la Primavera araba è il suicidio di Mohamed Bouazizi, un giovane diplomato disoccupato, costretto a lavorare come commerciante ambulante che il 17 dicembre 2010 si dà fuoco davanti al Comune nella città di Sidi Bouzid. Fin da subito si viene a creare una profonda solidarietà che nel giro di pochi giorni, si trasforma in una vera e propria rivolta contro le comuni condizioni di sfruttamento, povertà, precarietà, disoccupazione. Il regime risponde duramente: gli episodi di repressione culminano con la morte di 25 persone nel ”week-end nero” tra l’8 e il 9 gennaio 2011. La violenza della polizia ha come effetto l’espansione a macchia di leopardo della protesta, che si allarga man mano in tutta la Tunisia fino a giungere nella capitale,Tunisi, dove nelle banlieue scoppiano violenti scontri con le forze del regime. Il Presidente Ben Ali, impaurito da tutto ciò, pronuncia il 13 gennaio un discorso in cui promette libertà di stampa e di espressione, lavoro e democrazia. Ma è troppo tardi. Il 14 gennaio 60mila persone sono di nuovo in piazza: quello steso pomeriggio, la fuga del Presidente sancisce la fine del regime. In tutto questo gioca un ruolo determinante l’esercito, che si rifiuta di sparare sulla folla e fraternizza con i manifestanti, mentre restano duri gli scontri con la polizia fedele al regime e con le milizie presidenziali. Viene dichiarato lo stato d’ emergenza. In attesa di elezioni viene varato un governo di Unità Nazionale presieduto da Mohamed Ghannouchi, ex capo di governo nel regime di Ben Ali, accompagnato da esponenti dell’opposizione parlamentare ed extraparlamentare. Ma migliaia di persone in tutto il paese manifestano contro la presenza di ministri dei Governi di Ben Ali nel governo di transizione e chiedono anche l’abolizione dell’RCD (partito benalista). Il 27 febbraio 2011, dopo che un corteo è degenerato in scontri con la polizia, provocando la morte di 5 persone, Ghannouchi annuncia le sue dimissioni. Il 3 marzo viene fissata, come data per le elezioni della nuova Assemblea Costituente, il 24 ottobre. La Rivoluzione dei gelsomini (come la Primavera araba in generale) deve essere letta come l’espressione di rivolta di intere generazioni, che partendo da condizioni comuni di esistenza – una vita precaria, elevata disoccupazione, violenze istituzionali, pressioni psicologiche, frustrazione del presente, assenza di futuro – hanno pensato possibile una realtà di diritti, di occupazione, di emancipazione, di costruzione d’un processo democratico nel loro paese. Questo sentimento comune, come sostenevano i giornali, parlando di “trionfo della democrazia”, era palpabile il giorno delle elezioni per l’ Assemblea Costituente, il 24 ottobre. Il voto ha visto la vittoria del partito islamista el-Nahdha, a danno dei partiti di sinistra come il PDP o il Polo Democratico, che non hanno saputo presentare un fronte unitario.

MEDIA E MONDO ARABO dalle Torri gemelli alla Primavera araba / Miftari, Alda; Laura, Migno; Codelupi, Matteo; Matteo, Galluzzi. - (2012).

MEDIA E MONDO ARABO dalle Torri gemelli alla Primavera araba

Alda Miftari;CODELUPI, MATTEO;
2012

Abstract

L’atto simbolico con cui inizia la Primavera araba è il suicidio di Mohamed Bouazizi, un giovane diplomato disoccupato, costretto a lavorare come commerciante ambulante che il 17 dicembre 2010 si dà fuoco davanti al Comune nella città di Sidi Bouzid. Fin da subito si viene a creare una profonda solidarietà che nel giro di pochi giorni, si trasforma in una vera e propria rivolta contro le comuni condizioni di sfruttamento, povertà, precarietà, disoccupazione. Il regime risponde duramente: gli episodi di repressione culminano con la morte di 25 persone nel ”week-end nero” tra l’8 e il 9 gennaio 2011. La violenza della polizia ha come effetto l’espansione a macchia di leopardo della protesta, che si allarga man mano in tutta la Tunisia fino a giungere nella capitale,Tunisi, dove nelle banlieue scoppiano violenti scontri con le forze del regime. Il Presidente Ben Ali, impaurito da tutto ciò, pronuncia il 13 gennaio un discorso in cui promette libertà di stampa e di espressione, lavoro e democrazia. Ma è troppo tardi. Il 14 gennaio 60mila persone sono di nuovo in piazza: quello steso pomeriggio, la fuga del Presidente sancisce la fine del regime. In tutto questo gioca un ruolo determinante l’esercito, che si rifiuta di sparare sulla folla e fraternizza con i manifestanti, mentre restano duri gli scontri con la polizia fedele al regime e con le milizie presidenziali. Viene dichiarato lo stato d’ emergenza. In attesa di elezioni viene varato un governo di Unità Nazionale presieduto da Mohamed Ghannouchi, ex capo di governo nel regime di Ben Ali, accompagnato da esponenti dell’opposizione parlamentare ed extraparlamentare. Ma migliaia di persone in tutto il paese manifestano contro la presenza di ministri dei Governi di Ben Ali nel governo di transizione e chiedono anche l’abolizione dell’RCD (partito benalista). Il 27 febbraio 2011, dopo che un corteo è degenerato in scontri con la polizia, provocando la morte di 5 persone, Ghannouchi annuncia le sue dimissioni. Il 3 marzo viene fissata, come data per le elezioni della nuova Assemblea Costituente, il 24 ottobre. La Rivoluzione dei gelsomini (come la Primavera araba in generale) deve essere letta come l’espressione di rivolta di intere generazioni, che partendo da condizioni comuni di esistenza – una vita precaria, elevata disoccupazione, violenze istituzionali, pressioni psicologiche, frustrazione del presente, assenza di futuro – hanno pensato possibile una realtà di diritti, di occupazione, di emancipazione, di costruzione d’un processo democratico nel loro paese. Questo sentimento comune, come sostenevano i giornali, parlando di “trionfo della democrazia”, era palpabile il giorno delle elezioni per l’ Assemblea Costituente, il 24 ottobre. Il voto ha visto la vittoria del partito islamista el-Nahdha, a danno dei partiti di sinistra come il PDP o il Polo Democratico, che non hanno saputo presentare un fronte unitario.
2012
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