Le esperienze belliche dello Stato della Chiesa per tutta l’età moderna sono state caratterizzate da risultati spesso in chiaroscuro. I pregiudizi antiecclesiastici della storiografia rinascimentale – in primis Francesco Guicciardini – hanno perdurato nel tempo contribuendo a rendere il quadro più complicato. Il maggior impegno politico e organizzativo dei pontifici verso i propri ordinamenti militari fu notevole durante la prima età moderna. Questo periodo è stato in anni recenti inserito nel più ampio sviluppo della storiografia militare italiana. Non altrettanta fortuna ha goduto la fase successiva. L’obiettivo della tesi è stato dunque ricostruire le vicende delle «istituzioni di difesa» pontificie tra Sei e Settecento. In primo luogo si è inteso indagare l’architettura istituzionale e le prassi burocratiche dell’amministrazione dell’esercito e la sua direzione politica da parte dei più alti organi di governo della curia romana. In secondo luogo l’attenzione si è concentrata sull’esercito regolare, esaminando l’architettura della gerarchia militare, le regole in essere per il reclutamento e l’avanzamento di grado e le forme del servizio quotidiano del corpo ufficiali. In ultimo è stato osservato quale fosse la cultura interna dell’istituzione, analizzando i progetti di creazione d’identità per gli ufficiali e i soldati e gli aspetti peculiari del servizio al papa, in particolare: i rapporti tra chierici e i militari laici e il ruolo della religione. A riguardo di questi quesiti, è sembrato opportuno orientare l’analisi seguendo un metodo consolidato nella storiografia militare italiana recente: una storia socio-istituzionale, che combinasse lo studio delle cariche politico-amministrative con l’analisi del personale militare, in particolare le forme e la percezione del proprio servizio da parte di quest’ultimo. In tal modo si sarebbero evidenziate le reciproche interrelazioni e i risultati peculiari che si svilupparono in un particolare contesto, mantenendo alta l’attenzione ad una prospettiva comparativa cosciente verso altre esperienze coeve italiane ed europee. L’analisi ha tenuto conto anche dello studio delle campagne in cui fu impegnato l’esercito, in modo da verificare alla prova delle armi il funzionamento dell’istituzione. La storiografia specialistica relativa all’esercito pontificio nel periodo considerato dal presente lavoro è assai esigua, limitandosi in larga parte a studi di tipo storico-militare pensati secondo categorie di analisi poco interessate ad inserire l’istituzione militare nel più ampio contesto della società d’ancien régime. Tenendo conto di queste premesse, il lavoro di scavo archivistico ha coinvolto in primo luogo i fondi: Soldatesche e Galere nell’Archivio di Stato di Roma e Commissariato delle Armi in Archivio Segreto Vaticano. Dopo il 1870 con l’occupazione di Roma l’archivio dell’amministrazione militare pontificia fu smembrato e diviso tra l’istituzione italiana e quella vaticana. Sono poi stati visionati altri fondi accessori per lo studio di personaggi o eventi specifici, in particolare si segnalano i principali: Fondo Carpegna e Segreteria di Stato, Soldati. Per quanto riguarda il corpo ufficiali e le forme del loro servizio, sono stati visionati i fondi: Archivio Albani nella Biblioteca Oliveriana (Pesaro), Degli Oddi della Fondazione Marini-Clarelli-Santi (Perugia) e Spada-Veralli in Archivio di Stato di Roma. Si precisa ovviamente che questa divisione è solo a titolo esemplificativo, molte carte utili per lo studio dell’istituzione sono rintracciabili negli archivi familiari e viceversa. Il presente lavoro analizza l’esercito pontificio dal 1645 al 1740, cioè dalla conclusione del conflitto di Castro, il più complesso e vasto sforzo militare compiuto dallo Stato Ecclesiastico nella prima età moderna, sino al 1740 con l’ascesa al pontificato di Benedetto XIV, quando vi furono riforme militari e un generale riassetto della nobiltà romana che modificarono il contesto precedente. La prima parte si concentra sullo studio dell’istituzione dal 1645 al 1692, utilizzando fonti note. Questa parte introduttiva si propone di descrivere le caratteristiche fondamentali degli ordinamenti difensivi e di ripercorrere dal punto di vista militare il dibattito curiale sul nepotismo e lo sviluppo del commissariato delle Armi e della segreteria di Stato, in quanto magistrature centrali deputate alla guerra. Sinora questo periodo non aveva ricevuto grande attenzione, almeno da questo punto di vista, e gli ampi studi sul nepotismo avevano lasciato relativamente in ombra tali aspetti dello stesso. Nel 1692 furono abolite tutte le cariche militari apicali tradizionalmente detenute dai parenti dei pontefici, nell’ambito di una più generale riforma di Innocenzo XII che intendeva abolire il nepotismo in quanto istituzione. Da questa data si proceduto all’analisi della composizione dell’esercito e delle mutazioni che questa riforma innescò sia sul piano burocratico, sia nel corpo ufficiali. In particolare sono state esaminate anche le campagne e la politica di neutralità armata dei pontefici, sino alle influenze che altri ordinamenti ebbero sull’esercito. A questo riguardo, si è osservato come vi fosse da parte romana la volontà precisa di adottare forme e prassi derivate dall’esercito francese coevo. In secondo luogo si è ricostruita la guerra di Comacchio, non per ripercorrere in dettaglio gli avvenimenti del conflitto che oppose l’imperatore a papa Clemente XI – già trattati in altre sedi – ma per osservare sul campo come i mutamenti dell’istituzione sotto il controllo esclusivo dei chierici e i loro ufficiali abbiano funzionato. La terza parte si occupa di osservare il tracollo dell’esercito tra il 1709 e il 1740 durante la guerra di successione polacca, in cui il papato effettivamente rinunciò allo strumento militare come mezzo della politica internazionale, relegando la propria istituzione a compiti di polizia e di «decoro del principe». In ultimo sono state ricostruite in dettaglio con uno studio prosopografico le carriere degli ufficiali pontifici, dal colonnello sino al grado di tenente generale, e le caratteristiche peculiari del servizio al papa, ossia il ruolo della religione all’interno degli ordinamenti e il rapporto tra chierici e nobili laici, esaminandone le caratteristiche e le differenze in termini di cultura professionale. Quest’ultima comparazione assume particolare rilevanza mettendo a confronto un’identità culturale antica e radicata, come era quella curiale, ed una cultura professionale militare in formazione. Quanto ai risultati, in primo luogo la ricerca ha permesso di ricostruire i numeri dell’esercito regolare, stabilendo figure precise dei soldati e degli ufficiali in tempo di pace e durante i conflitti, inoltre ha precisato il costo e le retribuzioni per le varie cariche. I presenti nelle guarnigioni oscillarono tra i 5-6.000 uomini in servizio fino al 1709, per poi scendere progressivamente nel corso del secolo sino ad un minimo di 3.500. In tempo della guerra di Comacchio il papato riuscì a mettere in campo circa 16.000 uomini. Le spese si mantennero a circa un terzo delle entrate dello Stato, al netto del costo del debito. Questi sviluppi sono stati comparati con quelli coevi nei principati italiani, evidenziandone similitudini e peculiarità rispetto agli ordinamenti pontifici. In secondo luogo si è delineato il funzionamento dell’istituzione e delle forme del servizio: i rapporti tra le diverse magistrature curiali, in particolare le tensioni tra il commissario delle Armi e il Segretario di Stato. Si è notata l’ampia incidenza dei dibattiti interni sui concetti di merito individuale e grazia, l’influenza del nepotismo nella formazione dei ranghi, gli strumenti burocratici approntati per selezionare il personale militare. Si è riscontrata l’affermazione dell’anzianità di servizio come metodo per le promozioni e le precedenze tra parigrado. Anche se le relazioni clientelari e il sistema di cooptazione rimasero in essere, esse assunsero forme diverse, soprattutto come premiazione di meriti personali e familiari. Di particolare interesse è stato osservare la richiesta da parte pontificia di vere e proprie consulenze a nobili francesi su questi punti e su come organizzare la gerarchia e gli avanzamenti. In ultimo, si è riscontrata la presenza di una continuata cultura di servizio al pontefice da parte della nobiltà provinciale dello Stato della Chiesa. Essi dopo aver servito in qualche esercito europeo, tornavano nello Stato per investire a Roma e in patria il credito dell’esperienza militare acquisita all’estero come una forma di distinzione e maggiore prestigio. La presenza di parenti dei pontefici fu molto ridotta e a differenza del periodo precedente non erano nominati a cariche apicali, ma soggetti alle stesse strutture di carriera come gli altri.

Le Armi del papa. L'esercito pontificio tra burocrazia curiale e nobiltà (1645-1740) / Giangolini, Luca. - (2019 Jan 21).

Le Armi del papa. L'esercito pontificio tra burocrazia curiale e nobiltà (1645-1740)

GIANGOLINI, LUCA
21/01/2019

Abstract

Le esperienze belliche dello Stato della Chiesa per tutta l’età moderna sono state caratterizzate da risultati spesso in chiaroscuro. I pregiudizi antiecclesiastici della storiografia rinascimentale – in primis Francesco Guicciardini – hanno perdurato nel tempo contribuendo a rendere il quadro più complicato. Il maggior impegno politico e organizzativo dei pontifici verso i propri ordinamenti militari fu notevole durante la prima età moderna. Questo periodo è stato in anni recenti inserito nel più ampio sviluppo della storiografia militare italiana. Non altrettanta fortuna ha goduto la fase successiva. L’obiettivo della tesi è stato dunque ricostruire le vicende delle «istituzioni di difesa» pontificie tra Sei e Settecento. In primo luogo si è inteso indagare l’architettura istituzionale e le prassi burocratiche dell’amministrazione dell’esercito e la sua direzione politica da parte dei più alti organi di governo della curia romana. In secondo luogo l’attenzione si è concentrata sull’esercito regolare, esaminando l’architettura della gerarchia militare, le regole in essere per il reclutamento e l’avanzamento di grado e le forme del servizio quotidiano del corpo ufficiali. In ultimo è stato osservato quale fosse la cultura interna dell’istituzione, analizzando i progetti di creazione d’identità per gli ufficiali e i soldati e gli aspetti peculiari del servizio al papa, in particolare: i rapporti tra chierici e i militari laici e il ruolo della religione. A riguardo di questi quesiti, è sembrato opportuno orientare l’analisi seguendo un metodo consolidato nella storiografia militare italiana recente: una storia socio-istituzionale, che combinasse lo studio delle cariche politico-amministrative con l’analisi del personale militare, in particolare le forme e la percezione del proprio servizio da parte di quest’ultimo. In tal modo si sarebbero evidenziate le reciproche interrelazioni e i risultati peculiari che si svilupparono in un particolare contesto, mantenendo alta l’attenzione ad una prospettiva comparativa cosciente verso altre esperienze coeve italiane ed europee. L’analisi ha tenuto conto anche dello studio delle campagne in cui fu impegnato l’esercito, in modo da verificare alla prova delle armi il funzionamento dell’istituzione. La storiografia specialistica relativa all’esercito pontificio nel periodo considerato dal presente lavoro è assai esigua, limitandosi in larga parte a studi di tipo storico-militare pensati secondo categorie di analisi poco interessate ad inserire l’istituzione militare nel più ampio contesto della società d’ancien régime. Tenendo conto di queste premesse, il lavoro di scavo archivistico ha coinvolto in primo luogo i fondi: Soldatesche e Galere nell’Archivio di Stato di Roma e Commissariato delle Armi in Archivio Segreto Vaticano. Dopo il 1870 con l’occupazione di Roma l’archivio dell’amministrazione militare pontificia fu smembrato e diviso tra l’istituzione italiana e quella vaticana. Sono poi stati visionati altri fondi accessori per lo studio di personaggi o eventi specifici, in particolare si segnalano i principali: Fondo Carpegna e Segreteria di Stato, Soldati. Per quanto riguarda il corpo ufficiali e le forme del loro servizio, sono stati visionati i fondi: Archivio Albani nella Biblioteca Oliveriana (Pesaro), Degli Oddi della Fondazione Marini-Clarelli-Santi (Perugia) e Spada-Veralli in Archivio di Stato di Roma. Si precisa ovviamente che questa divisione è solo a titolo esemplificativo, molte carte utili per lo studio dell’istituzione sono rintracciabili negli archivi familiari e viceversa. Il presente lavoro analizza l’esercito pontificio dal 1645 al 1740, cioè dalla conclusione del conflitto di Castro, il più complesso e vasto sforzo militare compiuto dallo Stato Ecclesiastico nella prima età moderna, sino al 1740 con l’ascesa al pontificato di Benedetto XIV, quando vi furono riforme militari e un generale riassetto della nobiltà romana che modificarono il contesto precedente. La prima parte si concentra sullo studio dell’istituzione dal 1645 al 1692, utilizzando fonti note. Questa parte introduttiva si propone di descrivere le caratteristiche fondamentali degli ordinamenti difensivi e di ripercorrere dal punto di vista militare il dibattito curiale sul nepotismo e lo sviluppo del commissariato delle Armi e della segreteria di Stato, in quanto magistrature centrali deputate alla guerra. Sinora questo periodo non aveva ricevuto grande attenzione, almeno da questo punto di vista, e gli ampi studi sul nepotismo avevano lasciato relativamente in ombra tali aspetti dello stesso. Nel 1692 furono abolite tutte le cariche militari apicali tradizionalmente detenute dai parenti dei pontefici, nell’ambito di una più generale riforma di Innocenzo XII che intendeva abolire il nepotismo in quanto istituzione. Da questa data si proceduto all’analisi della composizione dell’esercito e delle mutazioni che questa riforma innescò sia sul piano burocratico, sia nel corpo ufficiali. In particolare sono state esaminate anche le campagne e la politica di neutralità armata dei pontefici, sino alle influenze che altri ordinamenti ebbero sull’esercito. A questo riguardo, si è osservato come vi fosse da parte romana la volontà precisa di adottare forme e prassi derivate dall’esercito francese coevo. In secondo luogo si è ricostruita la guerra di Comacchio, non per ripercorrere in dettaglio gli avvenimenti del conflitto che oppose l’imperatore a papa Clemente XI – già trattati in altre sedi – ma per osservare sul campo come i mutamenti dell’istituzione sotto il controllo esclusivo dei chierici e i loro ufficiali abbiano funzionato. La terza parte si occupa di osservare il tracollo dell’esercito tra il 1709 e il 1740 durante la guerra di successione polacca, in cui il papato effettivamente rinunciò allo strumento militare come mezzo della politica internazionale, relegando la propria istituzione a compiti di polizia e di «decoro del principe». In ultimo sono state ricostruite in dettaglio con uno studio prosopografico le carriere degli ufficiali pontifici, dal colonnello sino al grado di tenente generale, e le caratteristiche peculiari del servizio al papa, ossia il ruolo della religione all’interno degli ordinamenti e il rapporto tra chierici e nobili laici, esaminandone le caratteristiche e le differenze in termini di cultura professionale. Quest’ultima comparazione assume particolare rilevanza mettendo a confronto un’identità culturale antica e radicata, come era quella curiale, ed una cultura professionale militare in formazione. Quanto ai risultati, in primo luogo la ricerca ha permesso di ricostruire i numeri dell’esercito regolare, stabilendo figure precise dei soldati e degli ufficiali in tempo di pace e durante i conflitti, inoltre ha precisato il costo e le retribuzioni per le varie cariche. I presenti nelle guarnigioni oscillarono tra i 5-6.000 uomini in servizio fino al 1709, per poi scendere progressivamente nel corso del secolo sino ad un minimo di 3.500. In tempo della guerra di Comacchio il papato riuscì a mettere in campo circa 16.000 uomini. Le spese si mantennero a circa un terzo delle entrate dello Stato, al netto del costo del debito. Questi sviluppi sono stati comparati con quelli coevi nei principati italiani, evidenziandone similitudini e peculiarità rispetto agli ordinamenti pontifici. In secondo luogo si è delineato il funzionamento dell’istituzione e delle forme del servizio: i rapporti tra le diverse magistrature curiali, in particolare le tensioni tra il commissario delle Armi e il Segretario di Stato. Si è notata l’ampia incidenza dei dibattiti interni sui concetti di merito individuale e grazia, l’influenza del nepotismo nella formazione dei ranghi, gli strumenti burocratici approntati per selezionare il personale militare. Si è riscontrata l’affermazione dell’anzianità di servizio come metodo per le promozioni e le precedenze tra parigrado. Anche se le relazioni clientelari e il sistema di cooptazione rimasero in essere, esse assunsero forme diverse, soprattutto come premiazione di meriti personali e familiari. Di particolare interesse è stato osservare la richiesta da parte pontificia di vere e proprie consulenze a nobili francesi su questi punti e su come organizzare la gerarchia e gli avanzamenti. In ultimo, si è riscontrata la presenza di una continuata cultura di servizio al pontefice da parte della nobiltà provinciale dello Stato della Chiesa. Essi dopo aver servito in qualche esercito europeo, tornavano nello Stato per investire a Roma e in patria il credito dell’esperienza militare acquisita all’estero come una forma di distinzione e maggiore prestigio. La presenza di parenti dei pontefici fu molto ridotta e a differenza del periodo precedente non erano nominati a cariche apicali, ma soggetti alle stesse strutture di carriera come gli altri.
21-gen-2019
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