La natura giuridica degli standard e la loro capacità nomo-poietica costituiscono ad oggi temi di crescente interesse per la dottrina giuridica a livello nazionale e, a fortiori, universale. Un interesse per lunghi anni non proporzionato alla magnitudine del fenomeno, che invece oggi, sostanzialmente e correttamente, appare condiviso da numerose branche del diritto e che, anche in ragione della sua stretta correlazione con la riflessione sul potere e sull’autorità, trova nella dottrina giuspubblicistica, tanto costituzionalistica quanto amministrativistica e internazionalistica, il suo naturale referente. Il presente lavoro consta di tre capitoli, suddivisi in rispettivi paragrafi, sotto-paragrafi e sotto-sezioni, e mira a realizzare tre obiettivi principali: in primo luogo, senza trascurare la prospettiva filosofico e giuridico-metodologica, a proporre una definizione di standard globale organica e non ripetitiva delle formule ad oggi positivizzate; in secondo luogo, ad analizzare i caratteri essenziali del processo di normalizzazione, mettendone in risalto le debolezze sotto il profilo della legalità e della legittimità in un sistema democratico; in terzo luogo, a costruire una tassonomia non solo dei normalizzatori, bensì degli standard globali medesimi, che non abbia soltanto fini speculativi, ma costituisca un ausilio nel discernimento della materia. Partendo da un’analisi di natura terminologica e dottrinaria sull'utilizzo della parola “technical standard” e del corrispettivo italiano “norma tecnica” (§ I.1, I.2, I.4), e senza trascurare l’evoluzione del fenomeno in termini diacronici (§ I.3), l’elaborato cerca di fornire un inquadramento giuridico e metagiuridico dell’incidenza della normalizzazione globale sulle normative regionali e nazionali. Incidenza che è stata apprezzata dalla dottrina e riconosciuta da una consistente giurisprudenza degli organismi di risoluzione delle controversie esistenti a livello internazionale e globale, specialmente in sede OMC (§ II.1-2). Nel far ciò, questo lavoro ricostruisce la casistica più comune alla stregua del diritto amministrativo globale, distinguendo la standardizzazione globale dalle altre forme più note esistenti a livello internazionale, regionale e nazionale. Analizzate le più comuni dinamiche giuridico-economiche che coinvolgono la standardizzazione a livello globale – con particolare attenzione per la crescente “concorrenza regolatoria” tra gli standard setters – questo lavoro procede all’analisi e categorizzazione dei soggetti (§ II.2) e degli strumenti (§ II.3) afferenti all’alveo della produzione degli standard, passando in rassegna i più disparati meccanismi di “positivizzazione” della normativa tecnica (es. rinvio fisso, rinvio mobile, presupposizione). Tale ricerca consente di individuare le innumerevoli possibilità espressive dell’attività di normalizzazione, ridimensionando anche l’immagine – un tempo assai diffusa in dottrina – di un soggetto normalizzatore saldamente incardinato nella pubblica amministrazione. Se infatti è vero che l’attività di normalizzazione/unificazione sottende una funzione ineludibilmente pubblicistica e che non a caso si combina con l’attività di certificazione e di accreditamento (la cd. “Quality Infrastructure”), la natura dei soggetti che vi partecipano appare sempre più difficile da classificare. Essi infatti possono sì avere natura pubblica o privata, ma in numerosi casi si contraddistinguono piuttosto per uno status ibrido, dove la funzione di certezza propria dell’attività di standardizzazione (equiparabile a un munus pubblico) è attribuita a soggetti che perseguono interessi prettamente privatistici o, in taluni casi, a soggetti che non esercitano in assoluto l’attività di normalizzazione (quelli che si sono definiti normalizzatori “non apparenti”). Sulla base delle premesse appena riepilogate, risulta evidente come gli standard, quale strumento a carattere regolatorio/normativo e di delega del potere amministrativo, presentino interrogativi non solo sotto il profilo della legalità, bensì anche sotto quello della legittimità che – si argomenta in questo scritto – possono trovare risposta attraverso forme più o meno profonde e radicate di regolazione condivisa, dove l’attività dei normalizzatori viene decodificata e integrata all’interno di procedure di carattere negoziale (§ II.4). Il terzo capitolo realizza una tassonomia degli standard globali secondo il criterio della cogenza (classificazione “ratione auctoritatis”), ovverossia della capacità degli standard a trasformarsi in regole tecniche dotate di un certo coefficiente di obbligatorietà (§ III.1). Dopo aver passato in rassegna altre possibilità di carattere classificatorio (sinteticamente, “ratione: materiae, functionis, personae, loci”) si provvede a distinguere gli standard secondo tre macro-categorie, corredate di esempi esplicativi: gli standard a cogenza diretta (§ III.2), dove è la stessa fonte normativa che crea il normalizzatore ad attribuire automaticamente valore cogente agli standard ivi prodotti (es. Trattato istitutivo dell’ICAO e relativi “SARPS”); gli standard a cogenza indiretta (§ III.3), dove è una fonte normativa esterna ad attribuire cogenza agli standard prodotti da un determinato normalizzatore (es. Trattato OMC sulle misure sanitarie e fitosanitarie in relazione agli standard della Codex Alimentarius Commission); infine, gli standard a cogenza occulta (§ III.4), di natura reputazionale o commerciale, dove la cogenza è veicolata dal costo di non adesione al modello regolatorio (ad es. standardizzazione dell’ICH per l’armonizzazione dei requisiti necessari alla registrazione dei farmaci ad uso umano). Conclusivamente, vengono proposti meccanismi legittimanti per la normalizzazione a cogenza occulta, che maggiormente sconta l’assenza di adeguate garanzie a fronte di un’attività sostanzialmente normativo-prescrittiva.

Standard tecnici globali: natura giuridica, livelli di cogenza e profili tassonomici / DE ROSA, Mario. - (2019 Feb 11).

Standard tecnici globali: natura giuridica, livelli di cogenza e profili tassonomici

DE ROSA, MARIO
11/02/2019

Abstract

La natura giuridica degli standard e la loro capacità nomo-poietica costituiscono ad oggi temi di crescente interesse per la dottrina giuridica a livello nazionale e, a fortiori, universale. Un interesse per lunghi anni non proporzionato alla magnitudine del fenomeno, che invece oggi, sostanzialmente e correttamente, appare condiviso da numerose branche del diritto e che, anche in ragione della sua stretta correlazione con la riflessione sul potere e sull’autorità, trova nella dottrina giuspubblicistica, tanto costituzionalistica quanto amministrativistica e internazionalistica, il suo naturale referente. Il presente lavoro consta di tre capitoli, suddivisi in rispettivi paragrafi, sotto-paragrafi e sotto-sezioni, e mira a realizzare tre obiettivi principali: in primo luogo, senza trascurare la prospettiva filosofico e giuridico-metodologica, a proporre una definizione di standard globale organica e non ripetitiva delle formule ad oggi positivizzate; in secondo luogo, ad analizzare i caratteri essenziali del processo di normalizzazione, mettendone in risalto le debolezze sotto il profilo della legalità e della legittimità in un sistema democratico; in terzo luogo, a costruire una tassonomia non solo dei normalizzatori, bensì degli standard globali medesimi, che non abbia soltanto fini speculativi, ma costituisca un ausilio nel discernimento della materia. Partendo da un’analisi di natura terminologica e dottrinaria sull'utilizzo della parola “technical standard” e del corrispettivo italiano “norma tecnica” (§ I.1, I.2, I.4), e senza trascurare l’evoluzione del fenomeno in termini diacronici (§ I.3), l’elaborato cerca di fornire un inquadramento giuridico e metagiuridico dell’incidenza della normalizzazione globale sulle normative regionali e nazionali. Incidenza che è stata apprezzata dalla dottrina e riconosciuta da una consistente giurisprudenza degli organismi di risoluzione delle controversie esistenti a livello internazionale e globale, specialmente in sede OMC (§ II.1-2). Nel far ciò, questo lavoro ricostruisce la casistica più comune alla stregua del diritto amministrativo globale, distinguendo la standardizzazione globale dalle altre forme più note esistenti a livello internazionale, regionale e nazionale. Analizzate le più comuni dinamiche giuridico-economiche che coinvolgono la standardizzazione a livello globale – con particolare attenzione per la crescente “concorrenza regolatoria” tra gli standard setters – questo lavoro procede all’analisi e categorizzazione dei soggetti (§ II.2) e degli strumenti (§ II.3) afferenti all’alveo della produzione degli standard, passando in rassegna i più disparati meccanismi di “positivizzazione” della normativa tecnica (es. rinvio fisso, rinvio mobile, presupposizione). Tale ricerca consente di individuare le innumerevoli possibilità espressive dell’attività di normalizzazione, ridimensionando anche l’immagine – un tempo assai diffusa in dottrina – di un soggetto normalizzatore saldamente incardinato nella pubblica amministrazione. Se infatti è vero che l’attività di normalizzazione/unificazione sottende una funzione ineludibilmente pubblicistica e che non a caso si combina con l’attività di certificazione e di accreditamento (la cd. “Quality Infrastructure”), la natura dei soggetti che vi partecipano appare sempre più difficile da classificare. Essi infatti possono sì avere natura pubblica o privata, ma in numerosi casi si contraddistinguono piuttosto per uno status ibrido, dove la funzione di certezza propria dell’attività di standardizzazione (equiparabile a un munus pubblico) è attribuita a soggetti che perseguono interessi prettamente privatistici o, in taluni casi, a soggetti che non esercitano in assoluto l’attività di normalizzazione (quelli che si sono definiti normalizzatori “non apparenti”). Sulla base delle premesse appena riepilogate, risulta evidente come gli standard, quale strumento a carattere regolatorio/normativo e di delega del potere amministrativo, presentino interrogativi non solo sotto il profilo della legalità, bensì anche sotto quello della legittimità che – si argomenta in questo scritto – possono trovare risposta attraverso forme più o meno profonde e radicate di regolazione condivisa, dove l’attività dei normalizzatori viene decodificata e integrata all’interno di procedure di carattere negoziale (§ II.4). Il terzo capitolo realizza una tassonomia degli standard globali secondo il criterio della cogenza (classificazione “ratione auctoritatis”), ovverossia della capacità degli standard a trasformarsi in regole tecniche dotate di un certo coefficiente di obbligatorietà (§ III.1). Dopo aver passato in rassegna altre possibilità di carattere classificatorio (sinteticamente, “ratione: materiae, functionis, personae, loci”) si provvede a distinguere gli standard secondo tre macro-categorie, corredate di esempi esplicativi: gli standard a cogenza diretta (§ III.2), dove è la stessa fonte normativa che crea il normalizzatore ad attribuire automaticamente valore cogente agli standard ivi prodotti (es. Trattato istitutivo dell’ICAO e relativi “SARPS”); gli standard a cogenza indiretta (§ III.3), dove è una fonte normativa esterna ad attribuire cogenza agli standard prodotti da un determinato normalizzatore (es. Trattato OMC sulle misure sanitarie e fitosanitarie in relazione agli standard della Codex Alimentarius Commission); infine, gli standard a cogenza occulta (§ III.4), di natura reputazionale o commerciale, dove la cogenza è veicolata dal costo di non adesione al modello regolatorio (ad es. standardizzazione dell’ICH per l’armonizzazione dei requisiti necessari alla registrazione dei farmaci ad uso umano). Conclusivamente, vengono proposti meccanismi legittimanti per la normalizzazione a cogenza occulta, che maggiormente sconta l’assenza di adeguate garanzie a fronte di un’attività sostanzialmente normativo-prescrittiva.
11-feb-2019
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