Il rapporto tra il classico concetto di controllo del territorio e i modelli di espansione del fenomeno mafioso in aree non tradizionali è da tempo oggetto di interesse e dibattito all’interno della letteratura. In particolare, (anche ma non solo) sotto questo profilo il contesto romano si presenta laboratorio di nuove e peculiari dinamiche. Sul territorio urbano della capitale, infatti, vi è un controllo definito misto (dalla Chiesa, 2015): a un modello più tradizionale, che replica le forme della classica signoria territoriale (esercitato in particolare dalle organizzazioni mafiose autoctone), si affianca un minor radicamento delle mafie tradizionali (con l’eccezione di alcuni clan di camorra nell’area di Roma sud e della famiglia Triassi legata a Cosa nostra e operante a Ostia) e il nuovo modello ibrido della cosiddetta “Mafia capitale”. Tale complessità di forme e strutture supera quella che si può ritrovare in aree urbane altrettanto diversificate dal punto di vista criminale, come ad esempio Milano. Il presente lavoro vuole però interrogarsi in particolare sulla possibile definizione di una nuova forma di controllo, definibile attraverso il dominio di ambienti organizzativi (quale un sistema di cooperative) o amministrativi (come un comune o un assessorato). L’organizzazione di Buzzi e Carminati, infatti, affianca una riconosciuta presenza di presidi stabili in alcune aree della città (si pensi al bar di Vigna Stelluti e di corso Francia, basi operative e luoghi di incontro pubblici), al dominio in alcuni specifici contesti della società romana. Possono, infatti, essere individuati ambienti nei quali l’organizzazione è riuscita a imporsi come struttura di vertice, esercitando il proprio potere per determinare equilibri e dinamiche, cercando di controllare tutte le risorse attive che potevano produrre profitti al loro interno. Se gli edifici nei contesti tradizionali sono case (all’interno delle quali viene esercitato un controllo delle stesse famiglie), i luoghi di “Mafia capitale” sono gli spazi istituzionali, intesi come segmenti ambientali nei quali viene applicato un controllo sulla popolazione che vi lavora o il frequenta, in molti casi più numerosa di alcuni capoluoghi di provincia.
Per una teoria del controllo del territorio: Mafia capitale e le nuove morfologie del controllo mafioso / Meli, Ilaria. - (2017). (Intervento presentato al convegno XXXII Congresso geografico Italiano tenutosi a Rome; Italy).
Per una teoria del controllo del territorio: Mafia capitale e le nuove morfologie del controllo mafioso
Ilaria Meli
2017
Abstract
Il rapporto tra il classico concetto di controllo del territorio e i modelli di espansione del fenomeno mafioso in aree non tradizionali è da tempo oggetto di interesse e dibattito all’interno della letteratura. In particolare, (anche ma non solo) sotto questo profilo il contesto romano si presenta laboratorio di nuove e peculiari dinamiche. Sul territorio urbano della capitale, infatti, vi è un controllo definito misto (dalla Chiesa, 2015): a un modello più tradizionale, che replica le forme della classica signoria territoriale (esercitato in particolare dalle organizzazioni mafiose autoctone), si affianca un minor radicamento delle mafie tradizionali (con l’eccezione di alcuni clan di camorra nell’area di Roma sud e della famiglia Triassi legata a Cosa nostra e operante a Ostia) e il nuovo modello ibrido della cosiddetta “Mafia capitale”. Tale complessità di forme e strutture supera quella che si può ritrovare in aree urbane altrettanto diversificate dal punto di vista criminale, come ad esempio Milano. Il presente lavoro vuole però interrogarsi in particolare sulla possibile definizione di una nuova forma di controllo, definibile attraverso il dominio di ambienti organizzativi (quale un sistema di cooperative) o amministrativi (come un comune o un assessorato). L’organizzazione di Buzzi e Carminati, infatti, affianca una riconosciuta presenza di presidi stabili in alcune aree della città (si pensi al bar di Vigna Stelluti e di corso Francia, basi operative e luoghi di incontro pubblici), al dominio in alcuni specifici contesti della società romana. Possono, infatti, essere individuati ambienti nei quali l’organizzazione è riuscita a imporsi come struttura di vertice, esercitando il proprio potere per determinare equilibri e dinamiche, cercando di controllare tutte le risorse attive che potevano produrre profitti al loro interno. Se gli edifici nei contesti tradizionali sono case (all’interno delle quali viene esercitato un controllo delle stesse famiglie), i luoghi di “Mafia capitale” sono gli spazi istituzionali, intesi come segmenti ambientali nei quali viene applicato un controllo sulla popolazione che vi lavora o il frequenta, in molti casi più numerosa di alcuni capoluoghi di provincia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.