Negli anni Sessanta il cinema horror italiano si cimenta nella costruzione di un immaginario fortemente caratterizzato dai canoni della letteratura gotica: castelli maledetti, vampiri, streghe, creature diaboliche e occultismo sono i protagonisti di racconti macabri e spaventosi. Dopo i successi targati Hammer e Universal alla fine degli anni Cinquanta, anche numerose produzioni italiane decidono di prendere in prestito dalla letteratura del brivido le atmosfere brumose e le ombre inquietanti che porteranno ad una definizione di alcuni stilemi del genere. In particolare, nel confronto con il repertorio classico del romanzo gotico anglosassone, emerge una linea narrativa più vicina al feuilleton italiano, come Il bacio di una morta (1889), La sepolta viva (1896) e altre opere di Carolina Invernizio. Il vero leitmotiv del genere è dato dai volti e dai corpi delle protagoniste femminili, esili e pallide ma al contempo sensuali e voluttuose. L’incarnato esangue di Barbara Steele, Daliah Lavi o Hélène Remy rimanda al soprannaturale, connotando dei caratteri di abiezione malvagia e mostruosità.
La pelle diafana del gotico italiano / Catanese, Rossella. - In: ARABESCHI. - ISSN 2282-0876. - 12:(2018), pp. 1-5.
La pelle diafana del gotico italiano
Rossella Catanese
2018
Abstract
Negli anni Sessanta il cinema horror italiano si cimenta nella costruzione di un immaginario fortemente caratterizzato dai canoni della letteratura gotica: castelli maledetti, vampiri, streghe, creature diaboliche e occultismo sono i protagonisti di racconti macabri e spaventosi. Dopo i successi targati Hammer e Universal alla fine degli anni Cinquanta, anche numerose produzioni italiane decidono di prendere in prestito dalla letteratura del brivido le atmosfere brumose e le ombre inquietanti che porteranno ad una definizione di alcuni stilemi del genere. In particolare, nel confronto con il repertorio classico del romanzo gotico anglosassone, emerge una linea narrativa più vicina al feuilleton italiano, come Il bacio di una morta (1889), La sepolta viva (1896) e altre opere di Carolina Invernizio. Il vero leitmotiv del genere è dato dai volti e dai corpi delle protagoniste femminili, esili e pallide ma al contempo sensuali e voluttuose. L’incarnato esangue di Barbara Steele, Daliah Lavi o Hélène Remy rimanda al soprannaturale, connotando dei caratteri di abiezione malvagia e mostruosità.File | Dimensione | Formato | |
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