Le attività che si sono svolte a partire dai primi anni Novanta all’interno dei poligoni di tiro militari - situati principalmente in Sardegna - hanno provocato pesanti ricadute ambientali sui territori occupati dalle servitù militari e sulle zone limitrofe. Numerosi decessi e casi di malattia, riconducibili a patologie tumorali, si sono verificati negli ultimi vent’anni tra gli appartenenti alle forze armate che hanno operato all’interno dei poligoni; similmente, è stata riscontrata una crescente incidenza di linfomi e leucemie tra i pastori e gli allevatori di aziende agricole situate in prossimità dei poligoni e tra la popolazione civile dei comuni adiacenti (Escalaplano, Villaputzu, Muravera, Perdasdefogu). Frequenti anche i casi di malformazioni negli animali: quello più noto è l’agnello «a due teste», nato nel 2003. Il sospetto che all’interno dei poligoni italiani siano state impiegate armi con munizionamento all’uranio impoverito e al torio e che le polveri provocate dalle esplosioni abbiano contaminato esseri umani e interi ecosistemi, ha comportato una lenta e faticosa acquisizione di consapevolezza, pesantemente ostacolata dal sistema di reticenza instaurato dalle autorità militari, le quali hanno impedito per molto tempo che tali avvenimenti diventassero di pubblico dominio. In questo frangente la perentoria denuncia, da parte delle associazioni di cittadini, delle attività dannose e ai limiti del lecito che si sono svolte per decenni nei poligoni, suffragata da una consistente e attendibile produzione documentaria e dalle relazioni di esperti del settore, è stata di primaria importanza ai fini dell’avvio di inchieste parlamentari e procedimenti giudiziari. Le risultanze della quarta Commissione parlamentare d’inchiesta sulla presenza di uranio, torio e altri materiali altamente tossici nei poligoni italiani, sottolineano in modo inequivocabile l’entità del problema. Il contributo proposto, oltre a richiamare l’attenzione su un grave disastro ambientale – il quale, seppure paragonabile per proporzioni e conseguenze a quello avvenuto nella cosiddetta “Terra dei fuochi”, risulta di scarso impatto mediatico - intende indagare sul ruolo svolto dalla cittadinanza e sulle forme di azione perseguibili in una circostanza nella quale le responsabilità non sono riconducibili alla criminalità organizzata e alle mafie locali, ma sembrano direttamente chiamare in causa un organismo dello Stato, il Ministero della Difesa.

Servitù militari, ambiente e territorio. Associazionismo civico e politiche di sostenibilità socio-ambientale in presenza di attività militari ad elevato impatto territoriale / Volpi, Daniela. - (2018). (Intervento presentato al convegno III CONFERENZA NAZIONALE DOTTORANDE E DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI tenutosi a ROMA).

Servitù militari, ambiente e territorio. Associazionismo civico e politiche di sostenibilità socio-ambientale in presenza di attività militari ad elevato impatto territoriale

DANIELA VOLPI
2018

Abstract

Le attività che si sono svolte a partire dai primi anni Novanta all’interno dei poligoni di tiro militari - situati principalmente in Sardegna - hanno provocato pesanti ricadute ambientali sui territori occupati dalle servitù militari e sulle zone limitrofe. Numerosi decessi e casi di malattia, riconducibili a patologie tumorali, si sono verificati negli ultimi vent’anni tra gli appartenenti alle forze armate che hanno operato all’interno dei poligoni; similmente, è stata riscontrata una crescente incidenza di linfomi e leucemie tra i pastori e gli allevatori di aziende agricole situate in prossimità dei poligoni e tra la popolazione civile dei comuni adiacenti (Escalaplano, Villaputzu, Muravera, Perdasdefogu). Frequenti anche i casi di malformazioni negli animali: quello più noto è l’agnello «a due teste», nato nel 2003. Il sospetto che all’interno dei poligoni italiani siano state impiegate armi con munizionamento all’uranio impoverito e al torio e che le polveri provocate dalle esplosioni abbiano contaminato esseri umani e interi ecosistemi, ha comportato una lenta e faticosa acquisizione di consapevolezza, pesantemente ostacolata dal sistema di reticenza instaurato dalle autorità militari, le quali hanno impedito per molto tempo che tali avvenimenti diventassero di pubblico dominio. In questo frangente la perentoria denuncia, da parte delle associazioni di cittadini, delle attività dannose e ai limiti del lecito che si sono svolte per decenni nei poligoni, suffragata da una consistente e attendibile produzione documentaria e dalle relazioni di esperti del settore, è stata di primaria importanza ai fini dell’avvio di inchieste parlamentari e procedimenti giudiziari. Le risultanze della quarta Commissione parlamentare d’inchiesta sulla presenza di uranio, torio e altri materiali altamente tossici nei poligoni italiani, sottolineano in modo inequivocabile l’entità del problema. Il contributo proposto, oltre a richiamare l’attenzione su un grave disastro ambientale – il quale, seppure paragonabile per proporzioni e conseguenze a quello avvenuto nella cosiddetta “Terra dei fuochi”, risulta di scarso impatto mediatico - intende indagare sul ruolo svolto dalla cittadinanza e sulle forme di azione perseguibili in una circostanza nella quale le responsabilità non sono riconducibili alla criminalità organizzata e alle mafie locali, ma sembrano direttamente chiamare in causa un organismo dello Stato, il Ministero della Difesa.
2018
III CONFERENZA NAZIONALE DOTTORANDE E DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI
04 Pubblicazione in atti di convegno::04d Abstract in atti di convegno
Servitù militari, ambiente e territorio. Associazionismo civico e politiche di sostenibilità socio-ambientale in presenza di attività militari ad elevato impatto territoriale / Volpi, Daniela. - (2018). (Intervento presentato al convegno III CONFERENZA NAZIONALE DOTTORANDE E DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI tenutosi a ROMA).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1196450
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