Il fumo non è una cattiva abitudine, ma una vera e propria patologia da dipendenza, una condizione che può e deve essere arginata e adeguatamente curata. Il fumo di tabacco è la prima causa di morte evitabile in occidente, ma le cure per affrontarlo rappresentano l’ultima voce negli investimenti nel nostro Sistema Sanitario. Con questa riflessione si è aperto il XIII Congresso Nazionale Società Italiana di Tabaccologia, a Bologna, il 16-17 novembre 2017. I dati scientifici sono chiari, la prevalenza di fumatori in Italia è ancora alta, soprattutto tra i giovani, e l’opinione pubblica e la stampa spesso sottovalutano il fenomeno. Infatti, molti non si rendono conto che si tratta di una dipendenza, e quindi di una malattia (codificata nell’ICD 9 e nel DSM IV) e usano parole ambigue e fuorvianti, come “vizio” e “abitudine”, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità invece definisce il problema con le parole “Tobacco Epidemic” e Robert Proctor, nel suo, celeberrimo libro, parla dell’olocausto dorato (“The Golden Holocaust”). I servizi per il tabagismo, censiti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia sono 366 di cui 307 presenti in stutture sanitarie del SSN. Sono ancora troppo pochi per intervenire sugli 11,7 milioni di fumatori, ma soprattutto sono poco conosciuti sia dai fumatori che da parte degli operatori sanitari, come i medici di medicina generale e i medici ospedalieri. Inoltre, in Italia circa il 33% dei Medici di Famiglia fuma, dato ben al di sopra della media della popolazione generale e molto più alto di altri paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra dove la percentuale è del 4%. In queste condizioni non sorprende che molti medici considerino con una sorta di indulgenza il problema dipendenza da fumo. Bisogna quindi colmare due gap: il vuoto culturale degli operatori della salute e quello dei fumatori.
Scenari dell'epidemia del tabagismo: nuovi rischi e strategie terapeutiche / Cattaruzza, Maria Sofia. - In: BOLLETTINO NOTIZIARIO DELL'ORDINE DEI MEDICI DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA. - ISSN 2281-4744. - A. XLIX:3(2018), pp. 25-27.
Scenari dell'epidemia del tabagismo: nuovi rischi e strategie terapeutiche
Maria Sofia CattaruzzaPrimo
2018
Abstract
Il fumo non è una cattiva abitudine, ma una vera e propria patologia da dipendenza, una condizione che può e deve essere arginata e adeguatamente curata. Il fumo di tabacco è la prima causa di morte evitabile in occidente, ma le cure per affrontarlo rappresentano l’ultima voce negli investimenti nel nostro Sistema Sanitario. Con questa riflessione si è aperto il XIII Congresso Nazionale Società Italiana di Tabaccologia, a Bologna, il 16-17 novembre 2017. I dati scientifici sono chiari, la prevalenza di fumatori in Italia è ancora alta, soprattutto tra i giovani, e l’opinione pubblica e la stampa spesso sottovalutano il fenomeno. Infatti, molti non si rendono conto che si tratta di una dipendenza, e quindi di una malattia (codificata nell’ICD 9 e nel DSM IV) e usano parole ambigue e fuorvianti, come “vizio” e “abitudine”, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità invece definisce il problema con le parole “Tobacco Epidemic” e Robert Proctor, nel suo, celeberrimo libro, parla dell’olocausto dorato (“The Golden Holocaust”). I servizi per il tabagismo, censiti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia sono 366 di cui 307 presenti in stutture sanitarie del SSN. Sono ancora troppo pochi per intervenire sugli 11,7 milioni di fumatori, ma soprattutto sono poco conosciuti sia dai fumatori che da parte degli operatori sanitari, come i medici di medicina generale e i medici ospedalieri. Inoltre, in Italia circa il 33% dei Medici di Famiglia fuma, dato ben al di sopra della media della popolazione generale e molto più alto di altri paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra dove la percentuale è del 4%. In queste condizioni non sorprende che molti medici considerino con una sorta di indulgenza il problema dipendenza da fumo. Bisogna quindi colmare due gap: il vuoto culturale degli operatori della salute e quello dei fumatori.File | Dimensione | Formato | |
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