Negli ultimi decenni l’offerta di edilizia residenziale pubblica in Italia è stata in forte e costante declino, arrivando negli ultimi anni ad essere solo parte marginale del campo dell’edilizia residenziale “sociale”, in linea teorica più ampia e comprensiva della precedente ma, di fatto, solo compatibile con le attuali capacità finanziarie (ridotte) e intenzionalità politiche (deboli) di offerta dell’attore pubblico. Questa edilizia “sociale” è integrata da interventi di operatori privati, pure promossi e supportati da risorse pubbliche, segnatamente riconducibili all’Housing sociale, comunque non in grado di far fronte alla domanda specifica di nuclei familiari sì svantaggiati ma sufficientemente solvibili rispetto al tipo di prodotto casa offerto. A partire dal testo “Le case dei poveri. È ancora possibile pensare un welfare abitativo?”, di A. Tosi, l’articolo affronta le due questioni dell’inadeguatezza quali-quantitativa dell’attuale sistema dell’edilizia residenziale pubblica/sociale nel nostro paese, con particolare riguardo ai soggetti più fragili e marginali, e del ruolo dell’attore privato in alcune scelte di governo del territorio che, se in prima battuta riguardano il settore del welfare abitativo, ciò nondimeno possono influenzare le scelte urbanistiche più generali di competenza pubblica locale.
Le case dei poveri. Per una critica (non assertiva) del welfare abitativo / Santangelo, Saverio. - In: TERRITORIO. - ISSN 1825-8689. - 85(2018), pp. 171-173.
Le case dei poveri. Per una critica (non assertiva) del welfare abitativo
Saverio Santangelo
2018
Abstract
Negli ultimi decenni l’offerta di edilizia residenziale pubblica in Italia è stata in forte e costante declino, arrivando negli ultimi anni ad essere solo parte marginale del campo dell’edilizia residenziale “sociale”, in linea teorica più ampia e comprensiva della precedente ma, di fatto, solo compatibile con le attuali capacità finanziarie (ridotte) e intenzionalità politiche (deboli) di offerta dell’attore pubblico. Questa edilizia “sociale” è integrata da interventi di operatori privati, pure promossi e supportati da risorse pubbliche, segnatamente riconducibili all’Housing sociale, comunque non in grado di far fronte alla domanda specifica di nuclei familiari sì svantaggiati ma sufficientemente solvibili rispetto al tipo di prodotto casa offerto. A partire dal testo “Le case dei poveri. È ancora possibile pensare un welfare abitativo?”, di A. Tosi, l’articolo affronta le due questioni dell’inadeguatezza quali-quantitativa dell’attuale sistema dell’edilizia residenziale pubblica/sociale nel nostro paese, con particolare riguardo ai soggetti più fragili e marginali, e del ruolo dell’attore privato in alcune scelte di governo del territorio che, se in prima battuta riguardano il settore del welfare abitativo, ciò nondimeno possono influenzare le scelte urbanistiche più generali di competenza pubblica locale.File | Dimensione | Formato | |
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