Accanto alla modalità principale di espressione dell’autonomia negoziale rappresentata dal contratto – così come oggi regolata, in via prioritaria, dal Codice dei contratti pubblici di cui si parlerà nel paragrafo successivo – si sono sviluppate negli ultimi decenni altre peculiari forme negoziate di attività amministrativa in particolari settori sensibili della Pubblica Amministrazione, quelli dei servizi alla persona, in cui, a volte, non è possibile l’esistenza di un mercato oppure, più spesso, i mercati possono risultare non perfettamente concorrenziali. Ci si riferisce, in particolare, a quegli istituti giuridici che solo di recente hanno subito una sistematizzazione ad opera del cd. Codice del Terzo Settore. È piuttosto recente la definizione di “Terzo settore” nell’ordinamento italiano. La l. 6 giugno 2016, n. 106 con cui è stata conferita la delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, ha stabilito che per “Terzo settore” deve intendersi “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”12. Sulla base della delega prevista dall’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 106/2016 è stato approvato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 recante il “Codice del Terzo Settore” con il dichiarato scopo di provvedere al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di Enti del Terzo settore al fine “di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione...” (art. 1). Con riferimento alla presente tematica si ritiene utile riportare quanto previsto dal suddetto Codice in tema di principi generali: “È riconosciuto il valore e la funzione sociale degli Enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali”. La citata disposizione costituisce il necessario presupposto logico-giuridico per lo sviluppo dei rivisitati istituti “negoziali”13 di cui si parlerà più diffusamente nei paragrafi 3 e 4.
La configurazione della funzione amministrativa nell’erogazione dei servizi sociali / Miccu, Roberto; Onorati, Roberto; Palmaccio, Alessandro. - In: NON PROFIT. - ISSN 1122-9322. - 4(2017), pp. 21-49.
La configurazione della funzione amministrativa nell’erogazione dei servizi sociali
Miccu, Roberto;Palmaccio, Alessandro
2017
Abstract
Accanto alla modalità principale di espressione dell’autonomia negoziale rappresentata dal contratto – così come oggi regolata, in via prioritaria, dal Codice dei contratti pubblici di cui si parlerà nel paragrafo successivo – si sono sviluppate negli ultimi decenni altre peculiari forme negoziate di attività amministrativa in particolari settori sensibili della Pubblica Amministrazione, quelli dei servizi alla persona, in cui, a volte, non è possibile l’esistenza di un mercato oppure, più spesso, i mercati possono risultare non perfettamente concorrenziali. Ci si riferisce, in particolare, a quegli istituti giuridici che solo di recente hanno subito una sistematizzazione ad opera del cd. Codice del Terzo Settore. È piuttosto recente la definizione di “Terzo settore” nell’ordinamento italiano. La l. 6 giugno 2016, n. 106 con cui è stata conferita la delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, ha stabilito che per “Terzo settore” deve intendersi “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”12. Sulla base della delega prevista dall’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 106/2016 è stato approvato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 recante il “Codice del Terzo Settore” con il dichiarato scopo di provvedere al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di Enti del Terzo settore al fine “di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione...” (art. 1). Con riferimento alla presente tematica si ritiene utile riportare quanto previsto dal suddetto Codice in tema di principi generali: “È riconosciuto il valore e la funzione sociale degli Enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali”. La citata disposizione costituisce il necessario presupposto logico-giuridico per lo sviluppo dei rivisitati istituti “negoziali”13 di cui si parlerà più diffusamente nei paragrafi 3 e 4.File | Dimensione | Formato | |
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