L’intervento intende contribuire alla riflessione sul tema della ricerca nel design, sostenendo il ruolo della disobbedienza etica quale possibile strumento metodologico all’interno del processo creativo e speculativo. Con l’uso del termine disobbedienza etica s’intende sottolineare l’insufficienza ad operare cambiamenti positivi verso la comunità in cui viviamo, se non si antepone a qualsiasi necessario atto di disobbedienza, una riformulazione dei fini per i quali agiamo. In tal senso, risulterebbe inutile, nell’intento di individuare dei possibili caratteri positivi per la costruzione di un linguaggio per la ricerca, slegare il tema della disobbedienza, dal tema dell’etica e della responsabilità civile. Ad ispirare e supportare tali considerazioni sono stati due casi studio che, seppur eterogenei nella forma e distanti nel tempo, possono costituire degli esempi validi per riflettere sugli strumenti e metodi della ricerca nel design. Il primo caso studio riguarda il recente premio indetto dal MIT Media Lab di Cambridge (MA), il Disobedience Award (2016) il secondo, alcune specifiche letture e considerazioni critiche sulle pratiche d’insegnamento del Bauhaus condotte da Giovanni Anceschi e Tomás Maldonado. Nell’attuale panorama della multiforme identità del design e dei metodi di ricerca, entrambi i casi studio ci consentono di individuare accanto al valore della disobbedienza etica anche quello dell’antidisciplinarietà. L’antidisciplinarietà, intesa come quell’attitudine a non incasellarsi in una particolare disciplina o nell’unione di più, potrebbe costituire un nuovo requisito per trovare forse quell’identità che stiamo cercando.
Disruption: la disobbedienza etica come riforma del metodo / Laureti, Marta. - (2018), pp. 229-235. (Intervento presentato al convegno Fare ricerca in design. Forum nazionale dei dottorati di design. Terza edizione. tenutosi a Venezia).
Disruption: la disobbedienza etica come riforma del metodo
Laureti, Marta
2018
Abstract
L’intervento intende contribuire alla riflessione sul tema della ricerca nel design, sostenendo il ruolo della disobbedienza etica quale possibile strumento metodologico all’interno del processo creativo e speculativo. Con l’uso del termine disobbedienza etica s’intende sottolineare l’insufficienza ad operare cambiamenti positivi verso la comunità in cui viviamo, se non si antepone a qualsiasi necessario atto di disobbedienza, una riformulazione dei fini per i quali agiamo. In tal senso, risulterebbe inutile, nell’intento di individuare dei possibili caratteri positivi per la costruzione di un linguaggio per la ricerca, slegare il tema della disobbedienza, dal tema dell’etica e della responsabilità civile. Ad ispirare e supportare tali considerazioni sono stati due casi studio che, seppur eterogenei nella forma e distanti nel tempo, possono costituire degli esempi validi per riflettere sugli strumenti e metodi della ricerca nel design. Il primo caso studio riguarda il recente premio indetto dal MIT Media Lab di Cambridge (MA), il Disobedience Award (2016) il secondo, alcune specifiche letture e considerazioni critiche sulle pratiche d’insegnamento del Bauhaus condotte da Giovanni Anceschi e Tomás Maldonado. Nell’attuale panorama della multiforme identità del design e dei metodi di ricerca, entrambi i casi studio ci consentono di individuare accanto al valore della disobbedienza etica anche quello dell’antidisciplinarietà. L’antidisciplinarietà, intesa come quell’attitudine a non incasellarsi in una particolare disciplina o nell’unione di più, potrebbe costituire un nuovo requisito per trovare forse quell’identità che stiamo cercando.File | Dimensione | Formato | |
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