Il turismo come impiego del tempo libero e come risorsa economica è un concetto relativamente recente per i paesi dell’ex-Ussr. Lo stesso concetto di “tempo libero” è di fatto inammissibile quasi per tutta l’era sovietica, che fa della produttività e della irreggimentazione delle masse l’asse portante di un sistema che non prevede tempo che non sia finalizzato a un risultato. La società è una grande macchina produttiva che non può fermarsi; al massimo ha bisogno di manutenzione per le sue parti soggette ad usura. Nel sistema sovietico la vacanza è di fatto assimilata ad un periodo di cure mediche utili a recuperare le forze. Si tratta perciò di un’attività destinata all’individuo che, da parte sua deve concentrarsi sulla ricreazione del proprio corpo e della propria mente, senza la distrazione del coniuge o dei figli; è un’attività individuale ma esercitata insieme a moltitudini e, fino a buona parte degli anni ’70 è impensabile per un nucleo familiare una vacanza trascorsa insieme. Il carattere medico concentrato sull’individuo e organizzato per masse, determina figure precise e peculiari del turismo sovietico interno. Non è infatti possibile parlare di insediamenti turistici, quanto piuttosto di luoghi di cura, e su questo modello prendono forma; saranno perciò realizzati migliaia di Sanatori, grandi edifici o complessi a contatto con la natura. Il modello è quello del grande albergo o dell’ospedale; cellule minime residenziali per ospiti divisi per sesso e grandi spazi per attrezzature di divertimento collettivo. Grandi ristoranti comuni, teatri, sale da ballo, passeggiate, riprendono e sviluppano il modello degli stabilimenti termali; in effetti i primi kurort o Sanatoria nascono in località note per le proprietà termali. Il modello spaziale rimane quello del familisterio o della casa di cura, nel tempo declinato secondo il monumentalismo stalinista o il brutalismo brezhneviano; scoraggiando i nuclei familiari a favore dell’individuo, le destinazioni di vacanza non riproducono il disegno urbano della città residenziale; le località climatiche “urbane” sono quelle sopravvissute alla rivoluzione, quelle balneari e termali sul mar Nero o sul Baltico, e altre che conservano i tratti di un internazionalismo Art Noveau. I bambini non sono ammessi se non a partire dalla seconda metà degli anni’70: il riposo del lavoratore non può essere disturbato, mentre i bambini devono sperimentare le prime forme di vita associativa inquadrati nelle formazioni di giovani pionieri. Viene sviluppata una rete di campi estivi pensati per immergere la gioventù nella natura selvaggia, Il campo o il Sanatorio, con inquietante analogia con campi di lavoro e di segregazione, celebrano un’utopia sociale che può fare a meno della struttura familiare e urbana convenzionale che sarà alla fine rinnegata.
Da lavoratore a consumatore. La vacanza in URSS dal socialismo al capitalismo / Lambertucci, F.. - ELETTRONICO. - (2017), pp. 2009-2014. (Intervento presentato al convegno La città, il viaggio, il turismo. Percezione, produzione e trasformazione. The City, the Travel, the Tourism. Perception, Production and Processing tenutosi a Naples; Italy).
Da lavoratore a consumatore. La vacanza in URSS dal socialismo al capitalismo
Lambertucci, F.
2017
Abstract
Il turismo come impiego del tempo libero e come risorsa economica è un concetto relativamente recente per i paesi dell’ex-Ussr. Lo stesso concetto di “tempo libero” è di fatto inammissibile quasi per tutta l’era sovietica, che fa della produttività e della irreggimentazione delle masse l’asse portante di un sistema che non prevede tempo che non sia finalizzato a un risultato. La società è una grande macchina produttiva che non può fermarsi; al massimo ha bisogno di manutenzione per le sue parti soggette ad usura. Nel sistema sovietico la vacanza è di fatto assimilata ad un periodo di cure mediche utili a recuperare le forze. Si tratta perciò di un’attività destinata all’individuo che, da parte sua deve concentrarsi sulla ricreazione del proprio corpo e della propria mente, senza la distrazione del coniuge o dei figli; è un’attività individuale ma esercitata insieme a moltitudini e, fino a buona parte degli anni ’70 è impensabile per un nucleo familiare una vacanza trascorsa insieme. Il carattere medico concentrato sull’individuo e organizzato per masse, determina figure precise e peculiari del turismo sovietico interno. Non è infatti possibile parlare di insediamenti turistici, quanto piuttosto di luoghi di cura, e su questo modello prendono forma; saranno perciò realizzati migliaia di Sanatori, grandi edifici o complessi a contatto con la natura. Il modello è quello del grande albergo o dell’ospedale; cellule minime residenziali per ospiti divisi per sesso e grandi spazi per attrezzature di divertimento collettivo. Grandi ristoranti comuni, teatri, sale da ballo, passeggiate, riprendono e sviluppano il modello degli stabilimenti termali; in effetti i primi kurort o Sanatoria nascono in località note per le proprietà termali. Il modello spaziale rimane quello del familisterio o della casa di cura, nel tempo declinato secondo il monumentalismo stalinista o il brutalismo brezhneviano; scoraggiando i nuclei familiari a favore dell’individuo, le destinazioni di vacanza non riproducono il disegno urbano della città residenziale; le località climatiche “urbane” sono quelle sopravvissute alla rivoluzione, quelle balneari e termali sul mar Nero o sul Baltico, e altre che conservano i tratti di un internazionalismo Art Noveau. I bambini non sono ammessi se non a partire dalla seconda metà degli anni’70: il riposo del lavoratore non può essere disturbato, mentre i bambini devono sperimentare le prime forme di vita associativa inquadrati nelle formazioni di giovani pionieri. Viene sviluppata una rete di campi estivi pensati per immergere la gioventù nella natura selvaggia, Il campo o il Sanatorio, con inquietante analogia con campi di lavoro e di segregazione, celebrano un’utopia sociale che può fare a meno della struttura familiare e urbana convenzionale che sarà alla fine rinnegata.File | Dimensione | Formato | |
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