Il sistema salute in Italia: qualche paradosso? Il sistema sanitario italiano, forse, è protagonista di un grande paradosso. Secondo l’ultimo rapporto OCSE, la speranza di vita alla nascita nel nostro paese si attesta a 83 anni, tre anni superiore alla media OCSE e una delle più elevate tra i Paesi OCSE. Analogamente, altri indicatori “robusti” dello stato di salute, come ad esempio la mortalità infantile, mostrano che gli Italiani, in media, stanno bene in salute. Inoltre, l’Italia spende ancora poco in salute: la spesa sanitaria italiana totale (pubblica e privata) in rapporto al PIL si attesta all’8,9% nel 2016, leggermente al di sotto della media OCSE (9,0%) e nella classifica generale al 20° posto sui 35 Paesi OCSE, ben lontana da Paesi quali Francia (11%), Germania (11,3%) o Stati Uniti (17,2%) [1]. La buona performance del nostro sistema sanitario è anche riconosciuta a livello internazionale, a partire dal World Health Report dell’OMS del 2000. Tuttavia, se guardiamo allo stato di salute percepito a livello individuale, l’Italia con il 66% si posiziona al di sotto della media OCSE del 69%. Inoltre, la regionalizzazione del sistema sanitario e il federalismo hanno determinato un quadro di forti differenze territoriali nella spesa pro-capite che le Regioni sostengono per garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza. Così mentre le regioni “virtuose” riescono a garantire buoni servizi sanitari pur mantenendo l’equilibrio finanziario, altre meno virtuose fanno fatica a perseguire l’equilibrio finanziario e a garantire i diritti dei cittadini in termine di salute. È evidente che, soprattutto in tali Regioni, la necessità di contenimento della spesa sanitaria rende la prevenzione un ambito particolarmente a rischio. Da un’analisi dei Piani Regionali della Prevenzione (PRP) per il periodo 2010-2013, emerge infatti come la qualità dei progetti sviluppati dalle Regioni italiane in piano di rientro sia inferiore rispetto alle altre. Ciò può essere da un lato ascritto alla carenza di competenze delle tecnostrutture queste Regioni, che potrebbe essere a sua volta essa stessa causa del deficit finanziario; dall’altro, alla tendenza di tali Regioni a focalizzarsi sulla pianificazione di interventi a breve termine con un alto impatto sanitario, lasciando poco spazio alle attività di prevenzione. Ciononostante, nell’attuale contesto di crisi economico-finanziaria la prevenzione è difesa da molti, se non da tutti. Il Ministro della Salute ha più volte affermato che la valorizzazione delle policies relative alla prevenzione, in tutte le sue forme e nei diversi ambiti ove essa può essere attuata, sia una priorità da perseguire. Il morbillo e la rosolia in Italia: qualche considerazione epidemiologica e storica Tra le attività di prevenzione delle malattie infettive, è opportuno innanzitutto perseguire quelle relative ad ambiti di intervento ritenuti prioritari in quanto oggetto di Piani e Programmi già condivisi a livello internazionale. Il Piano Nazionale per l’Eliminazione del Morbillo e della Rosolia 2010-2015 (PNEMoRc) è uno di questi. Con la sua approvazione nel 2011, l’Italia ha rinnovato il proprio impegno politico e di risorse per il raggiungimento ell’interruzione endemica di queste due malattie, in linea con gli obiettivi generali di eliminazione della Regione europea dell’OMS. La storia del morbillo e della rosolia in Italia dagli anni ’80 ad oggi è una storia di successo. Grazie al costante aumento delle coperture vaccinali, a partire dagli anni ‘80 l’incidenza di queste due malattie si è ridotta drasticamente nel nostro paese. Tuttavia, il fatto che esse continuino a circolare e che importanti focolai epidemici di morbillo continuino a verificarsi a due anni dal target dell’eliminazione allontana di fatto l’Italia dal conseguimento di tale obiettivo, creando una situazione problematica per tutti i paesi europei. Dal 2013 - anno in cui è stata introdotta la sorveglianza integrata di morbillo e rosolia- al 2016 sono stati segnalati 5.071 casi di morbillo in Italia, di cui 2.258 nel 2013 (40,7/milione), 1.694 nel 2014 (27/milione), 253 nel 2015 (3,9/milione), e 866 nel 2016 (13,6/milione). Nell’anno 2016, in particolare, 18 Regioni hanno notificato casi di morbillo. Di queste, sei hanno notificato l’80% dei casi (Campania, Lombardia, Calabria, Lazio, Emilia-Romagna e Sicilia). La metà dei casi si è verificata in soggetti di età ≥20 anni (n=415). Circa 120 focolai epidemici si sono verificati nel corso del 2016. Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nei primi sette mesi del 2017 9.642 casi sono stati segnalati in Europa, di cui 4.204 notificati solo in Italia. Al 26 settembre 2017 sono 4.575 i casi di morbillo segnalati dalle Regioni italiane dall’inizio dell’anno. Il 90% dei casi è stato riportato da 7 Regioni (Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto, Sicilia e Abruzzo); in particolare, Lazio, Lombardia e Piemonte hanno segnalato più di 600 casi. La maggior parte dei casi notificati (74%) aveva un’età ≥15 anni; l’88% dei casi non era vaccinato; 300 casi si sono verificati tra gli operatori sanitari (OS). Quattro decessi per morbillo si sono verificati dall’inizio dell’anno. Se si considera l’incidenza per fascia d’età, la più alta si osserva nei bambini al di sotto dell’anno di età (55/100.000), seguita da quella nei bambini di 1-4 anni (27/100.000), e la più bassa nei soggetti di età >39 anni (2/100.000). Rispetto al morbillo, la situazione epidemiologica della rosolia è di certo meno preoccupante: dal 2013 al 2016 sono stati segnalati 146 casi, di cui 66 nel 2013 (1,2/ milione), 26 nel 2014 (0,4/milione), 24 nel 2015 (0,4/milione), e 30 nel 2016 (0,5/milione) (Grafico 1). Al febbraio 2017, sono 6 i casi di rosolia notificati dall’inizio dell’anno. Le coperture vaccinali per morbillo e rosolia sono ancora lontane dal valore target del 95%. Negli anni 2014 e 2015 si è osservato un calo nelle coperture rispetto al 2013. In particolare, la copertura vaccinale per la 1° dose di vaccino contro il morbillo (MCV1) si è ridotta di circa 5 punti percentuali nel 2015 (85,3%) rispetto al 2013 (90,4%). La stessa riduzione è stata osservata per la 1° dose di vaccino contro la rosolia (RCV1). Un decremento meno significativo è stato osservato per la 2° dose di vaccino contro il morbillo (MCV2) e per la 2° dose di vaccino contro la rosolia (RCV2). Nel 2016 le coperture vaccinali relative alla 1° dose mostrano un certo miglioramento rispetto ai dati del 2015, con valori rispettivamente dell’87,3% per il morbillo e dell’87,2% per la rosolia. Al contrario, un’ulteriore riduzione rispetto al 2015 è stata osservata per le coperture relative alla 2° dose (MCV2: 82,2%; RCV2: 82,0%). Delle 21 Regioni italiane, 10 hanno riportato nel 2016 coperture vaccinali superiori alla media nazionale, relativamente a MCV1; di queste, 4 Regioni (Lombardia, Piemonte, Basilicata e Sardegna) hanno riportato valori >90%. Per quanto riguarda le Regioni con coperture vaccinali al di sotto della media nazionale, i tassi variano significativamente da Regione a Regione, passando dall’86,9% della Toscana al 67,5% della P.A. di Bolzano. La stessa situazione è stata riscontrata per RCV1. Per quanto riguarda la 2° dose, 14 Regioni hanno riportato nel 2016 valori superiori alla media nazionale; tuttavia solo una Regione ha registrato una copertura >90% (Umbria). Tra le Regioni con coperture vaccinali al di sotto della media nazionale, 3 hanno riportato valori <65% (Sicilia, P.A. Bolzano e Molise). Una situazione del tutto sovrapponibile è stata osservata per RCV2. La maggior parte delle Regioni attualmente in piano di rientro ha riportato generalmente valori inferiori alla media nazionale per il periodo 2014-2016, relativamente alle coperture vaccinali a 24 mesi. Cinque Regioni in particolare (Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia) hanno mantenuto per l’intero periodo coperture vaccinali inferiori al dato medio italiano.
L’eliminazione del morbillo e della rosolia in Italia: una vera emergenza? / Villari, P.; Adamo, Giovanna; Marzuillo, C.. - ELETTRONICO. - (2017), pp. 735-738. (Intervento presentato al convegno Sinergie multisettoriali per la salute tenutosi a Torino).
L’eliminazione del morbillo e della rosolia in Italia: una vera emergenza?
Villari P.;ADAMO, GIOVANNA;Marzuillo C.
2017
Abstract
Il sistema salute in Italia: qualche paradosso? Il sistema sanitario italiano, forse, è protagonista di un grande paradosso. Secondo l’ultimo rapporto OCSE, la speranza di vita alla nascita nel nostro paese si attesta a 83 anni, tre anni superiore alla media OCSE e una delle più elevate tra i Paesi OCSE. Analogamente, altri indicatori “robusti” dello stato di salute, come ad esempio la mortalità infantile, mostrano che gli Italiani, in media, stanno bene in salute. Inoltre, l’Italia spende ancora poco in salute: la spesa sanitaria italiana totale (pubblica e privata) in rapporto al PIL si attesta all’8,9% nel 2016, leggermente al di sotto della media OCSE (9,0%) e nella classifica generale al 20° posto sui 35 Paesi OCSE, ben lontana da Paesi quali Francia (11%), Germania (11,3%) o Stati Uniti (17,2%) [1]. La buona performance del nostro sistema sanitario è anche riconosciuta a livello internazionale, a partire dal World Health Report dell’OMS del 2000. Tuttavia, se guardiamo allo stato di salute percepito a livello individuale, l’Italia con il 66% si posiziona al di sotto della media OCSE del 69%. Inoltre, la regionalizzazione del sistema sanitario e il federalismo hanno determinato un quadro di forti differenze territoriali nella spesa pro-capite che le Regioni sostengono per garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza. Così mentre le regioni “virtuose” riescono a garantire buoni servizi sanitari pur mantenendo l’equilibrio finanziario, altre meno virtuose fanno fatica a perseguire l’equilibrio finanziario e a garantire i diritti dei cittadini in termine di salute. È evidente che, soprattutto in tali Regioni, la necessità di contenimento della spesa sanitaria rende la prevenzione un ambito particolarmente a rischio. Da un’analisi dei Piani Regionali della Prevenzione (PRP) per il periodo 2010-2013, emerge infatti come la qualità dei progetti sviluppati dalle Regioni italiane in piano di rientro sia inferiore rispetto alle altre. Ciò può essere da un lato ascritto alla carenza di competenze delle tecnostrutture queste Regioni, che potrebbe essere a sua volta essa stessa causa del deficit finanziario; dall’altro, alla tendenza di tali Regioni a focalizzarsi sulla pianificazione di interventi a breve termine con un alto impatto sanitario, lasciando poco spazio alle attività di prevenzione. Ciononostante, nell’attuale contesto di crisi economico-finanziaria la prevenzione è difesa da molti, se non da tutti. Il Ministro della Salute ha più volte affermato che la valorizzazione delle policies relative alla prevenzione, in tutte le sue forme e nei diversi ambiti ove essa può essere attuata, sia una priorità da perseguire. Il morbillo e la rosolia in Italia: qualche considerazione epidemiologica e storica Tra le attività di prevenzione delle malattie infettive, è opportuno innanzitutto perseguire quelle relative ad ambiti di intervento ritenuti prioritari in quanto oggetto di Piani e Programmi già condivisi a livello internazionale. Il Piano Nazionale per l’Eliminazione del Morbillo e della Rosolia 2010-2015 (PNEMoRc) è uno di questi. Con la sua approvazione nel 2011, l’Italia ha rinnovato il proprio impegno politico e di risorse per il raggiungimento ell’interruzione endemica di queste due malattie, in linea con gli obiettivi generali di eliminazione della Regione europea dell’OMS. La storia del morbillo e della rosolia in Italia dagli anni ’80 ad oggi è una storia di successo. Grazie al costante aumento delle coperture vaccinali, a partire dagli anni ‘80 l’incidenza di queste due malattie si è ridotta drasticamente nel nostro paese. Tuttavia, il fatto che esse continuino a circolare e che importanti focolai epidemici di morbillo continuino a verificarsi a due anni dal target dell’eliminazione allontana di fatto l’Italia dal conseguimento di tale obiettivo, creando una situazione problematica per tutti i paesi europei. Dal 2013 - anno in cui è stata introdotta la sorveglianza integrata di morbillo e rosolia- al 2016 sono stati segnalati 5.071 casi di morbillo in Italia, di cui 2.258 nel 2013 (40,7/milione), 1.694 nel 2014 (27/milione), 253 nel 2015 (3,9/milione), e 866 nel 2016 (13,6/milione). Nell’anno 2016, in particolare, 18 Regioni hanno notificato casi di morbillo. Di queste, sei hanno notificato l’80% dei casi (Campania, Lombardia, Calabria, Lazio, Emilia-Romagna e Sicilia). La metà dei casi si è verificata in soggetti di età ≥20 anni (n=415). Circa 120 focolai epidemici si sono verificati nel corso del 2016. Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nei primi sette mesi del 2017 9.642 casi sono stati segnalati in Europa, di cui 4.204 notificati solo in Italia. Al 26 settembre 2017 sono 4.575 i casi di morbillo segnalati dalle Regioni italiane dall’inizio dell’anno. Il 90% dei casi è stato riportato da 7 Regioni (Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto, Sicilia e Abruzzo); in particolare, Lazio, Lombardia e Piemonte hanno segnalato più di 600 casi. La maggior parte dei casi notificati (74%) aveva un’età ≥15 anni; l’88% dei casi non era vaccinato; 300 casi si sono verificati tra gli operatori sanitari (OS). Quattro decessi per morbillo si sono verificati dall’inizio dell’anno. Se si considera l’incidenza per fascia d’età, la più alta si osserva nei bambini al di sotto dell’anno di età (55/100.000), seguita da quella nei bambini di 1-4 anni (27/100.000), e la più bassa nei soggetti di età >39 anni (2/100.000). Rispetto al morbillo, la situazione epidemiologica della rosolia è di certo meno preoccupante: dal 2013 al 2016 sono stati segnalati 146 casi, di cui 66 nel 2013 (1,2/ milione), 26 nel 2014 (0,4/milione), 24 nel 2015 (0,4/milione), e 30 nel 2016 (0,5/milione) (Grafico 1). Al febbraio 2017, sono 6 i casi di rosolia notificati dall’inizio dell’anno. Le coperture vaccinali per morbillo e rosolia sono ancora lontane dal valore target del 95%. Negli anni 2014 e 2015 si è osservato un calo nelle coperture rispetto al 2013. In particolare, la copertura vaccinale per la 1° dose di vaccino contro il morbillo (MCV1) si è ridotta di circa 5 punti percentuali nel 2015 (85,3%) rispetto al 2013 (90,4%). La stessa riduzione è stata osservata per la 1° dose di vaccino contro la rosolia (RCV1). Un decremento meno significativo è stato osservato per la 2° dose di vaccino contro il morbillo (MCV2) e per la 2° dose di vaccino contro la rosolia (RCV2). Nel 2016 le coperture vaccinali relative alla 1° dose mostrano un certo miglioramento rispetto ai dati del 2015, con valori rispettivamente dell’87,3% per il morbillo e dell’87,2% per la rosolia. Al contrario, un’ulteriore riduzione rispetto al 2015 è stata osservata per le coperture relative alla 2° dose (MCV2: 82,2%; RCV2: 82,0%). Delle 21 Regioni italiane, 10 hanno riportato nel 2016 coperture vaccinali superiori alla media nazionale, relativamente a MCV1; di queste, 4 Regioni (Lombardia, Piemonte, Basilicata e Sardegna) hanno riportato valori >90%. Per quanto riguarda le Regioni con coperture vaccinali al di sotto della media nazionale, i tassi variano significativamente da Regione a Regione, passando dall’86,9% della Toscana al 67,5% della P.A. di Bolzano. La stessa situazione è stata riscontrata per RCV1. Per quanto riguarda la 2° dose, 14 Regioni hanno riportato nel 2016 valori superiori alla media nazionale; tuttavia solo una Regione ha registrato una copertura >90% (Umbria). Tra le Regioni con coperture vaccinali al di sotto della media nazionale, 3 hanno riportato valori <65% (Sicilia, P.A. Bolzano e Molise). Una situazione del tutto sovrapponibile è stata osservata per RCV2. La maggior parte delle Regioni attualmente in piano di rientro ha riportato generalmente valori inferiori alla media nazionale per il periodo 2014-2016, relativamente alle coperture vaccinali a 24 mesi. Cinque Regioni in particolare (Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia) hanno mantenuto per l’intero periodo coperture vaccinali inferiori al dato medio italiano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.