L'esuberanza formale e la forza comunicativa, espresse dalle opere delle archistars, hanno spesso occultato nell'odierno mondo accademico italiano le metodologie progettuali che ponevano la lettura dell'esistente e delle sue tipologie come strumenti per la genesi di un'architettura Nuova che fosse sia immagine del momento in cui si formava, sia il prodotto delle immagini passate che in essa confluivano. La scena architettonica romana del secondo dopoguerra aveva ben chiaro quali fossero i presupposti per una sua peculiare innovazione e quali i valori di una personalissima modernità che poneva nell'analisi del processo formativo del manufatto architettonico il suo più intimo strumento. Attraverso il ritrovamento e lo studio dei disegni inediti per il progetto della chiesa di S. Luca evangelista in via Gattamelata del 1956, dello studio Passarelli in collaborazione con Riccardo Morandi, è stato possibile ricostruire l'iter progettuale di un'opera che ha saputo esprimere attraverso la sua sincerità tipologica e costruttiva il punto di arrivo della ricerca scientifica del periodo senza cadere in meri virtusismi espressivi. Evidente in questo progetto è il ruolo della corrente neo-medievalista che attraverso i restauri di fine ottocento innescò un processo di depurazione dell'oggetto architettonico dalle superfetazioni barocche, alla ricerca della sincerità formale e costruttiva delle volumetrie medievali. Le Corbusier stesso affermerà la sua commozione nei riguardi di Santa Maria in Cosmedin, restaurata sul finire del XIX secolo, in “Verso una Architettura”, definendola come il contenitore ultimo del seme del senso dei rapporti greci, delle proporzioni e della misura. Dai due primi progetti per la chiesa di S. Luca, riconducibili al 1952 e al 1953, si deduce da parte dello studio Passarelli un'adesione non solo al linguaggio ecclesiastico neo-medievalista, ma soprattutto ad una volontà di sintesi all'interno del processo formativo dell'edificio sacro che porti ad una sincera e moderna funzionalità dell'oggetto architettonico. Dai primi disegni, in cui la plasticità romana di Santa Costanza incontra il costruttivismo russo attraverso un'eccentrica aula ovoidale, i progettisti giungono ad una soluzione la cui sincerità è espressa attraverso le azioni della depurazione e della sintesi. La “Struttura come Forma” morettiana diviene così lo strumento per cercare la genesi della spazialità basilicale attraverso un processo moderno legato ad una schietta funzionalità attraverso i temi del recinto e della memoria.

Tre chiese di San Luca. Genesi di una spazialità romana nel Moderno / Sammarco, Cristian. - ELETTRONICO. - (2018), pp. 254-257. (Intervento presentato al convegno LA DOMANDA DI ARCHITETTURA LE RISPOSTE DEL PROGETTO tenutosi a Roma).

Tre chiese di San Luca. Genesi di una spazialità romana nel Moderno

SAMMARCO, CRISTIAN
2018

Abstract

L'esuberanza formale e la forza comunicativa, espresse dalle opere delle archistars, hanno spesso occultato nell'odierno mondo accademico italiano le metodologie progettuali che ponevano la lettura dell'esistente e delle sue tipologie come strumenti per la genesi di un'architettura Nuova che fosse sia immagine del momento in cui si formava, sia il prodotto delle immagini passate che in essa confluivano. La scena architettonica romana del secondo dopoguerra aveva ben chiaro quali fossero i presupposti per una sua peculiare innovazione e quali i valori di una personalissima modernità che poneva nell'analisi del processo formativo del manufatto architettonico il suo più intimo strumento. Attraverso il ritrovamento e lo studio dei disegni inediti per il progetto della chiesa di S. Luca evangelista in via Gattamelata del 1956, dello studio Passarelli in collaborazione con Riccardo Morandi, è stato possibile ricostruire l'iter progettuale di un'opera che ha saputo esprimere attraverso la sua sincerità tipologica e costruttiva il punto di arrivo della ricerca scientifica del periodo senza cadere in meri virtusismi espressivi. Evidente in questo progetto è il ruolo della corrente neo-medievalista che attraverso i restauri di fine ottocento innescò un processo di depurazione dell'oggetto architettonico dalle superfetazioni barocche, alla ricerca della sincerità formale e costruttiva delle volumetrie medievali. Le Corbusier stesso affermerà la sua commozione nei riguardi di Santa Maria in Cosmedin, restaurata sul finire del XIX secolo, in “Verso una Architettura”, definendola come il contenitore ultimo del seme del senso dei rapporti greci, delle proporzioni e della misura. Dai due primi progetti per la chiesa di S. Luca, riconducibili al 1952 e al 1953, si deduce da parte dello studio Passarelli un'adesione non solo al linguaggio ecclesiastico neo-medievalista, ma soprattutto ad una volontà di sintesi all'interno del processo formativo dell'edificio sacro che porti ad una sincera e moderna funzionalità dell'oggetto architettonico. Dai primi disegni, in cui la plasticità romana di Santa Costanza incontra il costruttivismo russo attraverso un'eccentrica aula ovoidale, i progettisti giungono ad una soluzione la cui sincerità è espressa attraverso le azioni della depurazione e della sintesi. La “Struttura come Forma” morettiana diviene così lo strumento per cercare la genesi della spazialità basilicale attraverso un processo moderno legato ad una schietta funzionalità attraverso i temi del recinto e della memoria.
2018
LA DOMANDA DI ARCHITETTURA LE RISPOSTE DEL PROGETTO
Roma; Architettura Moderna; forma
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Tre chiese di San Luca. Genesi di una spazialità romana nel Moderno / Sammarco, Cristian. - ELETTRONICO. - (2018), pp. 254-257. (Intervento presentato al convegno LA DOMANDA DI ARCHITETTURA LE RISPOSTE DEL PROGETTO tenutosi a Roma).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1122423
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