Il contributo prende in esame l’interrelazione esistente nel mondo nordico tra il banchetto rituale, associato a libagioni e sacrifici umani e non, e la concezione mitologica del cibo inesauribile e della perenne giovinezza degli dèi e dell’albero cosmico grazie all’acqua della fonte di Urðr e alle mele di Iðunn. Diversamente dalla Guta saga, il Libro degli Islandesi e le Saghe dei re di Norvegia, che rappresentano la tradizione del sacrificio e del banchetto rituali come cerimonie propiziatorie per la pace e la prosperità, secondo un’ottica ormai cristiana, il canto eddico Hymiskviða, ancorché di epoca tarda nella redazione a noi giunta, presenta in un’unica cornice due diversi miti di Thórr. In particolare, la conquista del calderone sacro per il convito degli dèi e l’azzoppamento di uno dei due capri del dio, abitualmente ucciso per essere mangiato e poi riportato in vita il giorno seguente. Malgrado la forma epica delle imprese del dio presenti alcune velature ironiche, quale tratto soprasegmentale di una rielaborazione avvenuta in un clima non più pagano, è ancora possibile ravvisare nella Hymiskviða motivi archetipici, non scevri da echi celtici, che appaiono ricollegabili ai riti di abbondanza e fertilità nei quali la divinità diviene garante dell’inesauribilità del cibo e della fecondità in generale. L’esistenza di tali motivi archetipici è anche confermata dal canto eddico Grímnismál, incentrato sulla contesa tra Odino e Frigg per la concessione della regalità al proprio protetto, valutandone la magnanimità. Nel carme, Odino, messo alla prova, gradualmente rivela sotto la tortura della fame e della sete la propria identità e il sapere mitico sul mondo degli Asi, il calderone inesauribile, il cinghiale che si rigenera.
La “società del bollito” e il cinghiale Sæhrímnir. Banchetto rituale e cibo degli dèi in epoca vichinga / DEL ZOTTO, Carla. - STAMPA. - (2015). (Intervento presentato al convegno Il Cibo e il Sacro. Tradizioni e Simbologie tenutosi a Velletri).
La “società del bollito” e il cinghiale Sæhrímnir. Banchetto rituale e cibo degli dèi in epoca vichinga
Carla Del Zotto
2015
Abstract
Il contributo prende in esame l’interrelazione esistente nel mondo nordico tra il banchetto rituale, associato a libagioni e sacrifici umani e non, e la concezione mitologica del cibo inesauribile e della perenne giovinezza degli dèi e dell’albero cosmico grazie all’acqua della fonte di Urðr e alle mele di Iðunn. Diversamente dalla Guta saga, il Libro degli Islandesi e le Saghe dei re di Norvegia, che rappresentano la tradizione del sacrificio e del banchetto rituali come cerimonie propiziatorie per la pace e la prosperità, secondo un’ottica ormai cristiana, il canto eddico Hymiskviða, ancorché di epoca tarda nella redazione a noi giunta, presenta in un’unica cornice due diversi miti di Thórr. In particolare, la conquista del calderone sacro per il convito degli dèi e l’azzoppamento di uno dei due capri del dio, abitualmente ucciso per essere mangiato e poi riportato in vita il giorno seguente. Malgrado la forma epica delle imprese del dio presenti alcune velature ironiche, quale tratto soprasegmentale di una rielaborazione avvenuta in un clima non più pagano, è ancora possibile ravvisare nella Hymiskviða motivi archetipici, non scevri da echi celtici, che appaiono ricollegabili ai riti di abbondanza e fertilità nei quali la divinità diviene garante dell’inesauribilità del cibo e della fecondità in generale. L’esistenza di tali motivi archetipici è anche confermata dal canto eddico Grímnismál, incentrato sulla contesa tra Odino e Frigg per la concessione della regalità al proprio protetto, valutandone la magnanimità. Nel carme, Odino, messo alla prova, gradualmente rivela sotto la tortura della fame e della sete la propria identità e il sapere mitico sul mondo degli Asi, il calderone inesauribile, il cinghiale che si rigenera.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.