In the Sixties, Lina Bo Bardi is in Salvador de Bahia and discovers the beauty of popular art: the discovery leads her to write about the "right to the ugly". For Lina, the ugliness is the know-how of popular tradition, which presents itself as a form of art within a free and meaningful expressive code that contrasts with European cultural imperialism and the bourgeois idea of Beauty. The objects of popular art always take shape from functional needs, are therefore rational and made with materials that are easily available and in common use (firmitas), are made to be used (utilitas), evoke figures of the collective animal and vegetable imaginary, with magical-religious meanings (venustas). In other words, the objects of popular art are simple but concrete and have in the authenticity and simplicity of shapes and materials, their "aesthetic capital". The ugly becomes a category of the artwork, whose “aura” coincides with the formal and substantial essentiality of the object. Moving the discourse from the object to the building, the Lina Bo Bardi's "right to the Ugly" leads us to reflect critically on the process of the material production of the beauty, placing at the centre of our discussions the question of a new measure (and dignity) of architecture as opposed to the excessiveness and dismeasurement of the contemporary architecture of the archistars. It is a question of considering beauty in a ethical key and not only aesthetic.

È Lina Bo Bardi a scrivere negli anni Sessanta sul “diritto al brutto”, dopo essere stata a Salvador de Bahia e aver scoperto la bellezza dell’arte popolare del Nordest del Brasile. Aldilà delle implicazioni ideologiche – il “diritto al brutto” era stato teorizzato come reazione all’imperialismo culturale europeo e in contrasto all’idea borghese e bigotta della bellezza –, l’importanza della posizione di Lina risiede nell’aver assunto la sapienza artigianale delle tradizioni popolari come forma superiore di sintesi artistica, all’interno di un codice espressivo libero, ma dotato di senso. Le costruzioni e gli oggetti dell’arte popolare nascono sempre da esigenze funzionali, sono dunque razionali e fatti con materiali facilmente reperibili e di uso comune (firmitas), vengono realizzati per essere usati (utilitas), prendono forma da figure dell’immaginario collettivo animale e vegetale, seppure con significati magico-religiosi (venustas). Sono cioè oggetti semplici ma concreti che hanno nell’autenticità e semplicità delle forme e delle materie, il loro capitale estetico. Il brutto si profila così come una categoria dell’opera d’arte, la cui aura coincide con l’essenzialità formale e sostanziale dell’oggetto. Spostando il discorso dall’oggetto all’edificio, il “diritto al brutto” di Lina Bo Bardi porta a riflettere criticamente sul processo di produzione materiale della bellezza, ponendo al centro dei ragionamenti la questione di una nuova misura (e dignità) dell’architettura in contrapposizione all’eccessività e alla dis-misura dell’architettura contemporanea delle archistar. Si tratta di affrontare la questione della bellezza in una chiave non soltanto estetica ma anche etica.

Il diritto al brutto di Lina Bo Bardi e la bellezza dell'architettura popolare / Criconia, Alessandra. - STAMPA. - (2018), pp. 291-302.

Il diritto al brutto di Lina Bo Bardi e la bellezza dell'architettura popolare

Criconia Alessandra
2018

Abstract

In the Sixties, Lina Bo Bardi is in Salvador de Bahia and discovers the beauty of popular art: the discovery leads her to write about the "right to the ugly". For Lina, the ugliness is the know-how of popular tradition, which presents itself as a form of art within a free and meaningful expressive code that contrasts with European cultural imperialism and the bourgeois idea of Beauty. The objects of popular art always take shape from functional needs, are therefore rational and made with materials that are easily available and in common use (firmitas), are made to be used (utilitas), evoke figures of the collective animal and vegetable imaginary, with magical-religious meanings (venustas). In other words, the objects of popular art are simple but concrete and have in the authenticity and simplicity of shapes and materials, their "aesthetic capital". The ugly becomes a category of the artwork, whose “aura” coincides with the formal and substantial essentiality of the object. Moving the discourse from the object to the building, the Lina Bo Bardi's "right to the Ugly" leads us to reflect critically on the process of the material production of the beauty, placing at the centre of our discussions the question of a new measure (and dignity) of architecture as opposed to the excessiveness and dismeasurement of the contemporary architecture of the archistars. It is a question of considering beauty in a ethical key and not only aesthetic.
2018
Archittetura in Italia. I valori e la bellezza
978-88-229-0187-3
È Lina Bo Bardi a scrivere negli anni Sessanta sul “diritto al brutto”, dopo essere stata a Salvador de Bahia e aver scoperto la bellezza dell’arte popolare del Nordest del Brasile. Aldilà delle implicazioni ideologiche – il “diritto al brutto” era stato teorizzato come reazione all’imperialismo culturale europeo e in contrasto all’idea borghese e bigotta della bellezza –, l’importanza della posizione di Lina risiede nell’aver assunto la sapienza artigianale delle tradizioni popolari come forma superiore di sintesi artistica, all’interno di un codice espressivo libero, ma dotato di senso. Le costruzioni e gli oggetti dell’arte popolare nascono sempre da esigenze funzionali, sono dunque razionali e fatti con materiali facilmente reperibili e di uso comune (firmitas), vengono realizzati per essere usati (utilitas), prendono forma da figure dell’immaginario collettivo animale e vegetale, seppure con significati magico-religiosi (venustas). Sono cioè oggetti semplici ma concreti che hanno nell’autenticità e semplicità delle forme e delle materie, il loro capitale estetico. Il brutto si profila così come una categoria dell’opera d’arte, la cui aura coincide con l’essenzialità formale e sostanziale dell’oggetto. Spostando il discorso dall’oggetto all’edificio, il “diritto al brutto” di Lina Bo Bardi porta a riflettere criticamente sul processo di produzione materiale della bellezza, ponendo al centro dei ragionamenti la questione di una nuova misura (e dignità) dell’architettura in contrapposizione all’eccessività e alla dis-misura dell’architettura contemporanea delle archistar. Si tratta di affrontare la questione della bellezza in una chiave non soltanto estetica ma anche etica.
Diritto al brutto; etica; aura; arte popolare; Right to the Ugly; Ethics; Aura; Popular Art
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il diritto al brutto di Lina Bo Bardi e la bellezza dell'architettura popolare / Criconia, Alessandra. - STAMPA. - (2018), pp. 291-302.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1122267
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