Il presente lavoro prende le mosse dalla costatazione di un dato: tra le azioni positive e la presenza di donne nelle assemblee legislative esiste una correlazione tangibile. Conseguentemente risulta accreditata l’ipotesi in base alla quale la possibilità di successo per le candidate alle elezioni politiche è maggiore in quei Paesi che implementano nelle loro leggi elettorali strumenti atti a garantire un’eguale rappresentanza tra i sessi. Nell’ambito di tali misure, particolarmente funzionale alla realizzazione dell’obiettivo preposto è parso il voto di preferenza di genere, motivo per cui si è scelto di rivolgere l’attenzione all’analisi di questo dispositivo, al fine di evidenziarne possibilità e limiti. Dopo un necessario, per quanto generale, sguardo alla normativa comunitaria in materia e alle relative pronunce delle Corti, lo studio è stato effettuato procedendo attraverso una serie di comparazioni. Innanzitutto, si è operato un confronto tra i risultati elettorali delle regioni italiane in cui nel maggio 2015 si sono svolte le elezioni (Liguria, Marche, Puglia, Veneto, Campania, Toscana e Umbria). Lo scopo è stato quello di stimare la spendibilità dello strumento della doppia preferenza di genere, considerando la differenza esistente tra gli esiti elettorali delle regioni che prevedono tale misura (Campania, Toscana, Umbria) e quelle che al contrario non la contemplano (Liguria, Marche, Puglia, Veneto). Incidentalmente, si è tentato di rispondere ad alcuni interrogativi: concedere all’elettore la facoltà - svincolandolo perciò da obblighi - di incidere sulla parificazione dei due sessi nell’accesso alle cariche elettive conduce agli esiti sperati? E in caso di risposta negativa, per quale motivo - pur avendone la facoltà - questi decide di non ricorrervi? La seconda analisi ha avuto ad oggetto lo scrutin binominal paritaire, recentemente introdotto nell’ordinamento francese (Loi n. 403 du 17 mai 2013) e per la prima volta utilizzato nelle elezioni dipartimentali del marzo 2015. Trattandosi di uno strumento che - a differenza della doppia preferenza di genere - assume carattere coercitivo rispetto alla scelta dell’elettore, esso consente di interrogarsi sulla possibilità di introdurre un analogo meccanismo nell’ordinamento italiano e quindi, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, di vagliarne la legittimità. Proprio quest’ultimo quesito costituisce il fulcro della trattazione e dunque l’oggetto della ricerca.
Egalitè, Paritè, Constitutionalitè. A proposito delle azioni positive in materia elettorale: Francia e Italia a confronto / Spiniello, Chiara. - In: FORUM DI QUADERNI COSTITUZIONALI RASSEGNA. - ISSN 2281-2113. - ELETTRONICO. - (2017), pp. 1-17.
Egalitè, Paritè, Constitutionalitè. A proposito delle azioni positive in materia elettorale: Francia e Italia a confronto
Chiara Spiniello
2017
Abstract
Il presente lavoro prende le mosse dalla costatazione di un dato: tra le azioni positive e la presenza di donne nelle assemblee legislative esiste una correlazione tangibile. Conseguentemente risulta accreditata l’ipotesi in base alla quale la possibilità di successo per le candidate alle elezioni politiche è maggiore in quei Paesi che implementano nelle loro leggi elettorali strumenti atti a garantire un’eguale rappresentanza tra i sessi. Nell’ambito di tali misure, particolarmente funzionale alla realizzazione dell’obiettivo preposto è parso il voto di preferenza di genere, motivo per cui si è scelto di rivolgere l’attenzione all’analisi di questo dispositivo, al fine di evidenziarne possibilità e limiti. Dopo un necessario, per quanto generale, sguardo alla normativa comunitaria in materia e alle relative pronunce delle Corti, lo studio è stato effettuato procedendo attraverso una serie di comparazioni. Innanzitutto, si è operato un confronto tra i risultati elettorali delle regioni italiane in cui nel maggio 2015 si sono svolte le elezioni (Liguria, Marche, Puglia, Veneto, Campania, Toscana e Umbria). Lo scopo è stato quello di stimare la spendibilità dello strumento della doppia preferenza di genere, considerando la differenza esistente tra gli esiti elettorali delle regioni che prevedono tale misura (Campania, Toscana, Umbria) e quelle che al contrario non la contemplano (Liguria, Marche, Puglia, Veneto). Incidentalmente, si è tentato di rispondere ad alcuni interrogativi: concedere all’elettore la facoltà - svincolandolo perciò da obblighi - di incidere sulla parificazione dei due sessi nell’accesso alle cariche elettive conduce agli esiti sperati? E in caso di risposta negativa, per quale motivo - pur avendone la facoltà - questi decide di non ricorrervi? La seconda analisi ha avuto ad oggetto lo scrutin binominal paritaire, recentemente introdotto nell’ordinamento francese (Loi n. 403 du 17 mai 2013) e per la prima volta utilizzato nelle elezioni dipartimentali del marzo 2015. Trattandosi di uno strumento che - a differenza della doppia preferenza di genere - assume carattere coercitivo rispetto alla scelta dell’elettore, esso consente di interrogarsi sulla possibilità di introdurre un analogo meccanismo nell’ordinamento italiano e quindi, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, di vagliarne la legittimità. Proprio quest’ultimo quesito costituisce il fulcro della trattazione e dunque l’oggetto della ricerca.File | Dimensione | Formato | |
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