Questa testi è il risultato di una ricerca di campo durata due anni e mezzo all’interno di un’occupazione abitativa: Metropoliz, fabbrica di salumi abbandonata, all’interno della quale, oggi, abitano duecento persone. Metropoliz ospita un museo di arte contemporanea (MAAM). Questo è stato creato nel 2012 dall’antropologo Giorgio de Finis: un progetto definito “barricata d’arte” a difesa dell’occupazione. Il lavoro sul campo è stato organizzato in tre fasi. Nella prima, ho costruito le relazioni con gli occupanti; nella seconda, ho raccolto le interviste e le storie di vita; nella terza, le interviste sono state trascritte e restituite agli intervistati perché potessero riflettere sulle loro parole, correggerle, se necessario, o confermarle. Ho intervistato gli occupanti, coloro che si occupano del museo e gli attivisti del movimento politico che ha organizzato l’occupazione (BPM, Blocchi Precari Metropolitani). Il mio lavoro avrebbe dovuto concludersi con un laboratorio di narrazione collettiva che coinvolgesse i soggetti intervistati, al fine di produrre una descrizione di Metropoliz. Questa ultima parte del progetto non è stata realizzata per problemi di tempo e per complicazioni nel processo di interazione. Interazioni e complicazioni relative alla politica di campo sono state analizzate nella tesi. Il mio obiettivo era ricomporre il “tessuto narrativo” dell’occupazione attraverso le parole, i ricordi, le aspirazioni, i desideri e i conflitti di coloro che vivono al suo interno. Ho scelto di lavorare all’interno di un’occupazione abitativa perché è una testimonianza, nella città di Roma, dei processi in atto al livello globale. Ho definito Metropoliz una “comunità emersa” che esprime una forma di “sociale istituito” (Cornelius Castoriadis, 1998). La sua esistenza è misurata dal conflitto che vive e che rappresenta, nella città di Roma, con le istituzioni e contro la speculazione immobiliare. È una comunità che nasce dall ”opera” di rivendicazione collettiva di un diritto negato. Un insieme culturalmente eterogeneo di soggetti si riconosce nella domanda al diritto all’abitare. In questo modo, tentano di costruire un modello di vita in comune, dal forte valore politico, in seno alle contraddizioni contemporanee: non ci sono identità rivendicate e originarie, ma dei processi di soggettivazione in atto, che sono fondati nella relazione fra gli altri. Lo scopo della ricerca è stato anche quello di provare a comprendere se il passaggio da “cittadino sulla soglia della cittadinanza” a “occupante” avesse anche determinato una produzione di soggettività politica. Gli occupanti erano diventati soggetti politici? Avevano abbracciato il percorso proposto dal movimento di lotta? Se sì, in che termini? Se no, perché? Proprio grazie alle interviste, i differenti orizzonti di attesa all’interno dell’occupazione emergono evidentemente. Non è possibile affermare che coloro che hanno vissuto in una condizione di subordinazione (economica, sociale, politica) siano diventati dei militanti politici. Attraverso le stesse interviste si può però comprendere come Metropoliz agisca da dimensione collettiva, capace di sollecitare le soggettività che vivono al suo interno. Utilizzando una suggestione filosofica si può dire che c’è una dimensione transindividuale (Gilbert Simondon, 1989) capace di attivare o stimolare nuovi processi di soggettivazione, nuove determinazioni individuali. Questo processo è influenzato dalla presenza del museo (MAAM). Il MAAM è un centro di produzione culturale che stimola la dinamica politica e quella sociale, generando un luogo di produzione di contenuti che agisce con una “zona di sviluppo prossimale” (Lev Vygotski, 1934). Qui, le interazioni fra i soggetti permettono di immaginare le possibili evoluzioni del progetto, così come i suoi problemi. In questo senso, e in relazione a questa zona di sviluppo, le storie di vita e le testimonianze personali sono anche un tentativo di comprendere ed esplicitare l’immaginario di coloro che vivono nell’occupazione. Queste storie permettono di determinare i limiti e le possibilità di questa “istituzione comune”. Le storie permettono inoltre di riflettere sul valore della narrazione nella comprensione, nella costruzione del reale (Jerome Bruner, 1986; 2003) e nell’immaginazione dell’avvenire (Arjiun Appadurai, 2013). La tesi è divisa in due parti. Nella prima spiego l’idea della ricerca, i metodi di inchiesta e la sua struttura transdisciplinare; analizzo il lungo processo di costruzione della relazione fra me – il ricercatore – e gli occupanti e quindi esamino le interviste raccolte. Nella seconda parte, presento il mio diario di campo: la cronaca completa della ricerca con tutte le interviste integrali.

Metropoliz o il tempo del sogno. Discorsi, relazioni e pratiche di vita in un'occupazione abitativa romana / Salvatori, Gabriele. - (2018 Feb 26).

Metropoliz o il tempo del sogno. Discorsi, relazioni e pratiche di vita in un'occupazione abitativa romana.

SALVATORI, GABRIELE
26/02/2018

Abstract

Questa testi è il risultato di una ricerca di campo durata due anni e mezzo all’interno di un’occupazione abitativa: Metropoliz, fabbrica di salumi abbandonata, all’interno della quale, oggi, abitano duecento persone. Metropoliz ospita un museo di arte contemporanea (MAAM). Questo è stato creato nel 2012 dall’antropologo Giorgio de Finis: un progetto definito “barricata d’arte” a difesa dell’occupazione. Il lavoro sul campo è stato organizzato in tre fasi. Nella prima, ho costruito le relazioni con gli occupanti; nella seconda, ho raccolto le interviste e le storie di vita; nella terza, le interviste sono state trascritte e restituite agli intervistati perché potessero riflettere sulle loro parole, correggerle, se necessario, o confermarle. Ho intervistato gli occupanti, coloro che si occupano del museo e gli attivisti del movimento politico che ha organizzato l’occupazione (BPM, Blocchi Precari Metropolitani). Il mio lavoro avrebbe dovuto concludersi con un laboratorio di narrazione collettiva che coinvolgesse i soggetti intervistati, al fine di produrre una descrizione di Metropoliz. Questa ultima parte del progetto non è stata realizzata per problemi di tempo e per complicazioni nel processo di interazione. Interazioni e complicazioni relative alla politica di campo sono state analizzate nella tesi. Il mio obiettivo era ricomporre il “tessuto narrativo” dell’occupazione attraverso le parole, i ricordi, le aspirazioni, i desideri e i conflitti di coloro che vivono al suo interno. Ho scelto di lavorare all’interno di un’occupazione abitativa perché è una testimonianza, nella città di Roma, dei processi in atto al livello globale. Ho definito Metropoliz una “comunità emersa” che esprime una forma di “sociale istituito” (Cornelius Castoriadis, 1998). La sua esistenza è misurata dal conflitto che vive e che rappresenta, nella città di Roma, con le istituzioni e contro la speculazione immobiliare. È una comunità che nasce dall ”opera” di rivendicazione collettiva di un diritto negato. Un insieme culturalmente eterogeneo di soggetti si riconosce nella domanda al diritto all’abitare. In questo modo, tentano di costruire un modello di vita in comune, dal forte valore politico, in seno alle contraddizioni contemporanee: non ci sono identità rivendicate e originarie, ma dei processi di soggettivazione in atto, che sono fondati nella relazione fra gli altri. Lo scopo della ricerca è stato anche quello di provare a comprendere se il passaggio da “cittadino sulla soglia della cittadinanza” a “occupante” avesse anche determinato una produzione di soggettività politica. Gli occupanti erano diventati soggetti politici? Avevano abbracciato il percorso proposto dal movimento di lotta? Se sì, in che termini? Se no, perché? Proprio grazie alle interviste, i differenti orizzonti di attesa all’interno dell’occupazione emergono evidentemente. Non è possibile affermare che coloro che hanno vissuto in una condizione di subordinazione (economica, sociale, politica) siano diventati dei militanti politici. Attraverso le stesse interviste si può però comprendere come Metropoliz agisca da dimensione collettiva, capace di sollecitare le soggettività che vivono al suo interno. Utilizzando una suggestione filosofica si può dire che c’è una dimensione transindividuale (Gilbert Simondon, 1989) capace di attivare o stimolare nuovi processi di soggettivazione, nuove determinazioni individuali. Questo processo è influenzato dalla presenza del museo (MAAM). Il MAAM è un centro di produzione culturale che stimola la dinamica politica e quella sociale, generando un luogo di produzione di contenuti che agisce con una “zona di sviluppo prossimale” (Lev Vygotski, 1934). Qui, le interazioni fra i soggetti permettono di immaginare le possibili evoluzioni del progetto, così come i suoi problemi. In questo senso, e in relazione a questa zona di sviluppo, le storie di vita e le testimonianze personali sono anche un tentativo di comprendere ed esplicitare l’immaginario di coloro che vivono nell’occupazione. Queste storie permettono di determinare i limiti e le possibilità di questa “istituzione comune”. Le storie permettono inoltre di riflettere sul valore della narrazione nella comprensione, nella costruzione del reale (Jerome Bruner, 1986; 2003) e nell’immaginazione dell’avvenire (Arjiun Appadurai, 2013). La tesi è divisa in due parti. Nella prima spiego l’idea della ricerca, i metodi di inchiesta e la sua struttura transdisciplinare; analizzo il lungo processo di costruzione della relazione fra me – il ricercatore – e gli occupanti e quindi esamino le interviste raccolte. Nella seconda parte, presento il mio diario di campo: la cronaca completa della ricerca con tutte le interviste integrali.
26-feb-2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1116184
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