Nei primi anni dell’esperienza giuridica europea, il legislatore italiano non comprese pienamente il portato innovativo del diritto dell’UE. Non poche furono le difficoltà connesse alla ratifica dei trattati istitutivi nel nostro ordinamento e problemi analoghi incontrarono le procedure di recepimento degli atti europei, i quali sembravano costituire nella prima fase dell’attuazione del diritto comunitario un elemento spurio e sostanzialmente anomalo nel sistema delle fonti delineato dalla dottrina costituzionalistica nazionale. L’idea che un atto approvato da organi diversi dal Parlamento nazionale potesse rendere inapplicabile una normativa interna rappresentava un elemento di rottura e in qualche modo rivoluzionario per il nostro ordinamento. Proprio per tale ragione, invalse l’uso di riprodurre in leggi nazionali disposizioni presenti in regolamenti comunitari, prassi che fu giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale. Fu solo dopo circa un trentennio di esperienza comunitaria che il legislatore italiano si risolse ad adottare norme, al fine di creare un raccordo organico tra il Governo e il Parlamento nella partecipazione italiana al processo formativo del diritto europeo. Il presente contributo intende ricostruire ed esaminare sotto il profilo storico-giuridico il progressivo adattamento dell’esperienza italiana al diritto dell’Unione europea, a partire dalla prima fase del rapporto tra Stato italiano e diritto comunitario sino alla legge n. 234/2012, ″Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea″, entrata in vigore il 19 gennaio 2013.
Governo e Parlamento nazionale nella formazione del diritto europeo: un profilo di storia istituzionale / Brienza, Bruno. - In: EUROSTUDIUM3W. - ISSN 1973-9443. - ELETTRONICO. - n. 46:gennaio - marzo 2018(2018), pp. 145-171.
Governo e Parlamento nazionale nella formazione del diritto europeo: un profilo di storia istituzionale
Bruno Brienza
2018
Abstract
Nei primi anni dell’esperienza giuridica europea, il legislatore italiano non comprese pienamente il portato innovativo del diritto dell’UE. Non poche furono le difficoltà connesse alla ratifica dei trattati istitutivi nel nostro ordinamento e problemi analoghi incontrarono le procedure di recepimento degli atti europei, i quali sembravano costituire nella prima fase dell’attuazione del diritto comunitario un elemento spurio e sostanzialmente anomalo nel sistema delle fonti delineato dalla dottrina costituzionalistica nazionale. L’idea che un atto approvato da organi diversi dal Parlamento nazionale potesse rendere inapplicabile una normativa interna rappresentava un elemento di rottura e in qualche modo rivoluzionario per il nostro ordinamento. Proprio per tale ragione, invalse l’uso di riprodurre in leggi nazionali disposizioni presenti in regolamenti comunitari, prassi che fu giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale. Fu solo dopo circa un trentennio di esperienza comunitaria che il legislatore italiano si risolse ad adottare norme, al fine di creare un raccordo organico tra il Governo e il Parlamento nella partecipazione italiana al processo formativo del diritto europeo. Il presente contributo intende ricostruire ed esaminare sotto il profilo storico-giuridico il progressivo adattamento dell’esperienza italiana al diritto dell’Unione europea, a partire dalla prima fase del rapporto tra Stato italiano e diritto comunitario sino alla legge n. 234/2012, ″Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea″, entrata in vigore il 19 gennaio 2013.File | Dimensione | Formato | |
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